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Valerio De Cesaris – Enrico Zuppi e ?L’Osservatore della domenica?. Un giornale da leggere e da vedere – 2002

Valerio De Cesaris
Presentazione di Giancarlo Zizola, Introduzione di Andrea Riccardi, Roma, Studiu

Anno di pubblicazione: 2002

Trattazione di per sé esile, con personaggi, reti di relazioni, archivi, che ne consigliano la lettura. Zizola, in un vero saggio (pp. 9-20), tira le fila interpretative della cronistoria di un prototipo di giornalista cattolico, sconosciuto al secolo: come avviene per questi intellettuali funzionari di Chiesa, che talvolta ? come nel caso di Zuppi (1909-92) ? hanno la dedizione e l’impegno degli intellettuali militanti. Ho detto ?intellettuali’, ma qui con umiltà programmatica nel senso della comunicazione popolare: al “Corrierino” (dal 1927), a “La Parrocchia” con il suo picco diffusionale di 200.000 copie, a “La Madonna” nato nell’anno mariano del 1954 e divenuto organo dei santuari, a “Il Rabarbaro”, schierato contro l’anticlericalismo del “Don Basilio” dal 1946 al 1950; e soprattutto al settimanale “L’Osservatore della domenica”, fino al 1951 ?L’Osservatore Romano della Domenica?, di cui il giornalista romano è il regista dal 1947 al pensionamento (suo e, in sostanza, anche del giornale) nel 1979. De Cesaris racconta che “Zuppi scriveva pochissimo e si firmava ancora meno, lavorava dietro le quinte, era un ?ingegnere della notizia’” (p. 57), in opere sul giornalismo cattolico non è menzionato. La circostanza non è riducibile ad abnegazione personale, rappresentando una costante di questa ?Italia reale? confessionale che regge da generazioni i nostri destini e di cui sappiamo così poco. Proprio perché solleva spiragli sul reticolo riservato dei direttori di coscienza ? ai piani alti e minori: teologia, riti, quotidianità ? lo spaccato è ?da leggere?, e anzi, ?per tutti?. Nei sei capitoli, c’è più e meno di ciò che propone il titolo. Di meno, perché ci vorrebbe analisi dei testi per raccontare un giornale. Di più, perché Zuppi è un laico dalla religiosità ardente e mai burocratizzata; così, seguendolo, il suo simpatetico biografo ci fa accostare microcosmi quali la Compagnia di San Paolo, a Milano, e ? dal ’39, per sofferta scissione, e ancora con don Giovanni Rossi ? la Pro Civitate Christiana di Assisi. Solo strappandosi a questo suo mentore invadente e carissimo, il quarantenne Zuppi riesce a farsi una famiglia e una professione, passando al quotidiano cattolico di Milano “L’Italia” (ma trova il tempo di curare anche l’ufficio stampa della POA), di dove lo preleva Montini portandolo all’”Osservatore”, dove la rete di collaboratori comprende De Luca. Alessandrini, Bargellini, E. Martire, Scavizzi, anche una giovane Adriana Zarri. Nato nel 1934, l’autore oscilla nel definirlo fra “antifascista” e “afascista”; il recensore amerebbe saperne di più, per omettere “clericofascista”. Ma il fuoco è il dopoguerra. Più indubitabile è l’anticomunismo, che l’autore e il prefatore ? che ha seguito il nascere del lavoro e gli ha aperto i propri archivi ? danno per scontato, puntando piuttosto a valorizzare le aperture preconciliari di Zuppi, che ospita i primi pezzi dello stesso Zizola nel 1960, quando ancora nella stampa la Chiesa non fa notizia: gli chiedeva “il mordente della cronaca”, ma anche senso tattico, disponibilità a muoversi entro un mondo suscettibile e complesso. “Il mio giornale, se vuole, è sciocco, ma autorevole. Misuri bene quello che scrive: tutto può provocare grane. Spuntarelli polemici, delicatissimi, non mi dispiacerebbero.”( pp. 16-7).

Mario Isnenghi