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Veronica Granata – Politica del teatro e teatro della politica. Censura, partiti e opinione pubblica a Parigi nel primo Ottocento, – 2008

Veronica Granata
Milano, Unicopli, 482 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2008

Osservata attraverso la lente della censura teatrale, la Parigi della Restaurazione, inquieta fucina politico-istituzionale e prima capitale teatrale d’Europa, è al centro di questo denso e ricco volume, che l’a. ha rielaborato a partire dalla propria tesi di dottorato, riconnettendosi a precedenti saggi dedicati alla censura teatrale in età napoleonica e a quella sulla stampa nell’età di Carlo X. Frutto di uno sguardo da storica della cultura, il libro è strutturato in cinque parti (suddivise in 24 capitoli, che ne circoscrivono i nuclei tematici e cronologici) e procede secondo una scansione temporale. Dopo una prima parte di carattere introduttivo, che dal riconoscimento dei teatri «privilegiati» e dalla nascita della censura teatrale sotto Luigi XIV si spinge sino alla caduta dell’Impero, i quattro blocchi successivi entrano nel vivo della questione e racchiudono il significato e l’originalità della monografia. Il nucleo della ricerca è costituito dai documenti provenienti dalle commissioni di censura, le quali, prima in seno al Ministero della Polizia, poi a quello degli Interni, secondo un meccanismo, che «collaudato durante l’Impero, [?] continuò [?] a funzionare quasi inalterato anche durante la Restaurazione e, con poche varianti, fino all’alba del Novecento» (p. 49), ebbero il compito di sorvegliarel’intera produzione teatrale destinata ai palcoscenici parigini. Concentrandosi sugli anni 1814-30, Granata analizza le vicende di circa 2.000 testi teatrali, basandosi sui copioni originali e sui relativi verbali di censura (conservati, per la gran parte inediti, gli uni e gli altri presso le Archives Nationales), senza dimenticare il tassello successivo, rappresentato ? almeno per i testi che raggiunsero le scene ? dalle cronache dei giornali, ove emerge la capacità del pubblico e degli interpreti di appropriarsi sempre e comunque del testo teatrale, nonostante ogni sforzo censorio. In un paese ormai abituatosi «all’idea della transitorietà e della sostituibilità di ogni potere» (p. 384), il teatro affina il ruolo di «mezzo di comunicazione, di propaganda, di informazione e di formazione» (p. 27) acquisito durante la Rivoluzione. A fronte dell’intensificazione della dialettica politica e dell’ormai inarrestabile politicizzazione della società, il teatro rivela qui tutta la sua importanza in quanto spazio di democraticità potenziale per gli esclusi dal voto, termometro di immediata lettura del rapporto potere/opinione pubblica, terreno di scontro fra i partiti, luogo d’elezione per la rilettura in chiave liberale della storia avanzata dalla nuova scuola storiografica borghese. Parimenti si chiarisce il ruolo culturale e politico svolto dalla censura, che, in quanto autoriflessione del potere su se stesso, fu spesso meno miope della monarchia che servì e seppe talvolta sforzarsi di mediare tra la vecchia e la nuova Francia. Tutto ciò in un ampio e dettagliato affresco che restituisce pure i volti dei singoli censori, le loro biografie, carriere e opinioni, riuscendo così a rendere la storia diun’istituzione anche la storia delle persone che la fecero.

Livia Cavaglieri