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Vincenzo Cazzato (a cura di) – Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni Trenta – 2001

Vincenzo Cazzato (a cura di)
Introduzione di Sabino Cassese, 2 voll., Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dell

Anno di pubblicazione: 2001

Quest’opera, frutto di un gruppo di lavoro coordinato dal curatore, si presenta come una vasta ricognizione sulle politiche per la tutela dei beni culturali adottate negli anni dal tardo fascismo. Il volume si articola in tredici capitoli, e si incentra su una serie di fuochi tematici: l’azione per l’arte e in particolare la legge ?del due per cento? (1942) ? secondo la quale negli stanziamenti per edifici pubblici tale quota doveva essere destinata ad ?abbellimenti artistici? ?; la legge del 1939 sulla tutela delle cose d’interesse artistico e storico, con una sezione particolare sul convegno dei soprintendenti del 1938, che ne rappresentò il presupposto; la legge, sempre del 1939, sulla protezione delle bellezze naturali; il riordinamento delle sovrintendenze e della direzione generale delle arti del 1939-40; la creazione dell’Istituto centrale per la patologia del libro (1938), dell’Istituto centrale del restauro (1939), della Discoteca di Stato (1939); la riforma, ancora del ’39, del diritto di stampa e quella del ’41 del diritto d’autore; la legge urbanistica del ’42. Ogni capitolo consta di un saggio introduttivo (autori: M. Margozzi, M. Serio, F. Ventura, C. Federici, P.F. Munafò, G. Basile, M.C. Cavagnis Sotgiu, L. Garofalo, F. Cristiano, V. De Lucia), di un’antologia del dibattito coevo e storiografico, e di una scelta di testi legislativi.
È facile prevedere che quest’imponente lavoro sarà molto utile agli studiosi. La vocazione dirigista del tardo fascismo viene ampiamente documentata, così come risulta evidente l’impatto di lungo periodo di tale straordinario momento: qui si definiscono gli stessi concetti-base dell’intervento pubblico nel settore, molte delle istituzioni create in questa fase resteranno al centro della scena nel successivo cinquantennio repubblicano. C’è però nell’opera qualche difetto di contestualizzazione. Ad esempio, uno spazio di comparazione con altre esperienze nazionali sarebbe stato utile per capire il contributo specifico del totalitarismo fascista, in un mondo in cui trionfano i concetti di cultura militante e di politica culturale. Soprattutto manca uno sforzo di chiarificazione della congiuntura politica in cui si collocano le riforme prese in analisi, e in particolare le più radicali, che magari resteranno allo stato di dichiarazione di principio, come la legge urbanistica del ’42. Non credo sia lecito ignorare i segni della crisi di regime, che si vanno infittendo già a partire dal ’39. Giganteggia nelle varie parti dei due volumi la figura di Bottai, artefice e nello stesso tempo interprete della gran parte delle scelte descritte. Viene da chiedersi come mai questo leader della rivoluzione fascista, che così poco aveva inciso, al culmine del suo fulgore, da ministro delle corporazioni, abbia conseguito tali successi nel momento in cui diveniva, nel regime, una figura di seconda fila. Sabino Cassese accenna a problemi di questa natura, ma in un’Introduzione di sole tre pagine, davvero troppo esili per un tentativo di inquadramento storico della politica culturale del tardo fascismo.

Salvatore Lupo