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Vinzia Fiorino – Matti, indemoniate e vagabondi. Dinamiche di internamento manicomiale tra Otto e Novecento – 2002

Vinzia Fiorino
Venezia, Marsilio, pp. 254, euro 22,40

Anno di pubblicazione: 2002

La ricerca è basata sulle carte del manicomio di Roma, eccezionalmente recuperate e riordinate per il periodo che va dal 1562 al 1945 nell’Archivio Storico di S. Maria della Pietà, raro modello di come si possa evitare non solo l’abbandono, ma anche il cosiddetto stoccaggio dei fondi archivistici sanitari, sempre più spesso adottato dalle Aziende sanitarie per problemi di spazio, che formalmente adempie gli obblighi di conservazione ma di fatto rende inaccessibili alla ricerca storica patrimoni documentari ingenti e unici. Quanto ricco e poliedrico sia il potenziale delle fonti manicomiali, assai più di quanto vedesse la storiografia antistituzionale di trent’anni fa, rivela anche il libro della Fiorino, la quale ha consultato le ?Cartelle cliniche?, i ?Registri? sul movimento dei pazienti ed i ?Carteggi della direzione medica? dal 1850 al 1915. Nell’Introduzione l’autrice esplicita gli interrogativi e le scelte che l’hanno guidata in un percorso di ?storia sociale della psichiatria? di ispirazione soprattutto francese e italiana, al quale dà un notevole contributo di conoscenze su uno specifico contesto (che però il titolo editoriale dimentica), come serve che sia. Rispetto ad una presunta immagine nazionale, la psichiatria ottocentesca in Italia era difatti assai differenziata e di luogo in luogo s’imbatteva in norme, antecedenti istituzioni e gestioni della follia, mentalità, tipologie familiari, e addirittura linguaggi, patologie, socialmente e geograficamente caratteristiche.
Tema centrale è la medicalizzazione, ossia il passaggio dal povero bisognoso ? ancorché alienato ? al malato di mente affidato agli psichiatri, in un’istituzione ormai specializzata. ?Polifonica? la gestione dell’internamento: ma a Roma decidevano le autorità ecclesiastiche fino al 1870 (e oltre); medici fiscali e condotti, polizia e sindaci sempre più concorsero con gli psichiatri a concepire diversamente ragioni e scopi del ricovero, la follia (malattia anziché possessione o prossimità col peccato), il rapporto con la famiglia (di mediazione anziché di sostituzione). Nell’anatomia sociale della popolazione internata, ben emerge la presenza contraddittoria delle famiglie: una riscoperta distintiva della storiografia psichiatrica recente cui, anagraficamente, corrisponde la psichiatria post-manicomiale che da famiglie e reti sociali sul territorio non può certo prescindere. Gli ultimi capitoli riguardano rispettivamente la costruzione dei modelli psichiatrici ? specie alcolismo e isteria (ma occorre tener presente che su Charcot prevalse Bernheim, anche nel dibattito italiano) ? e le rappresentazioni del malessere mentale ancorate a tradizioni popolari e religiose, come emergono dalle cartelle del manicomio romano. Importa che Fiorino voglia non separare la storia sociale dalla storia del sapere medico, mentre sempre più sono le storie manicomiali con pazienti senza medici o con medici senza pazienti. Anche se per superare le oggettive difficoltà di spostarsi tra l’affascinante materiale archivistico e il necessario quadro di riferimento sarebbe forse necessario riferirsi in maniera più articolata allo sviluppo del sapere psichiatrico, utilizzando meglio la letteratura disponibile.

Patrizia Guarnieri