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Vite di partito. Traiettorie esistenziali nel Pci togliattiano. Priamo Bigiandi (1900-1961)

Giorgio Sacchetti
Napoli, Esi, 200 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume ricostruisce la biografia del dirigente comunista aretino Priamo Bigiandi, deputato del Pci nella I e II Legislatura repubblicana. La ricostruzione si sviluppa dal suo esordio in politica, posto sotto il segno dello scontro col nascente fascismo, fino alla morte, avvenuta quando egli era consigliere provinciale del Pci ad Arezzo. L’a. si sofferma soprattutto sul contributo che il politico comunista fornì al dibattito sul destino dell’industria estrattiva nel Valdarno. Quest’ultima, basata sullo sfruttamento dei giacimenti di lignite, entrò in crisi nel secondo dopoguerra, in corrispondenza della diffusione sul mercato italiano di combustibili più convenienti. La garanzia dei livelli occupazionali e l’investimento per innovare le tecniche di estrazione del carbone fossile furono i due principali obiettivi di Bigiandi che, a questo fine, il 13 dicembre 1954 depositò un progetto di legge per la costituzione di un ente di gestione dei giacimenti di lignite. Le sue proposte erano ben diverse dalle misure sostenute dal governo, scettico sul futuro dei bacini di lignite, e furono accolte con molti distinguo anche in seno al Pci, contrario alla doppia metodologia di escavazione (a cielo aperto e in galleria) caldeggiata dal deputato aretino. Lo scontro col Pci fu inoltre corroborato dalla campagna di rinnovamento generazionale della classe dirigente comunista, che il partito realizzò in tutta Italia dalla metà degli anni ’50, e dalle critiche che Bigiandi mosse al Pci per il sostegno alla repressione sovietica della rivolta ungherese.
Bigiandi rientra nella tipologia del quadro comunista, forgiatosi nella lotta contro il fascismo e durante la guerra di Liberazione, che negli anni ’50 il Pci cercò di affiancare e talvolta di sostituire con una nuova leva di dirigenti, giunti alla militanza politica dopo la fine della seconda guerra mondiale. Per gestire il rinnovamento generazionale nell’aretino, il partito inviò il dirigente napoletano Salvatore Cacciapuoti. La circostanza è usata nel volume per costruire un’analogia tra le vicende della provincia toscana e il cupo ritratto del Pci partenopeo tracciato da Ermanno Rea nel suo romanzo Mistero napoletano: un accostamento azzardato, vista la notevole distanza tra il ruolo svolto da Cacciapuoti nella federazione campana e quello ben più estemporaneo da lui rivestito ad Arezzo. Non è certo questo l’unico limite del testo, che appare viziato da eccessiva empatia nei confronti del personaggio biografato.
Il volume offre dei contributi interessanti per ricostruire la storia del Pci in periferia, ma tende a soffocare queste suggestioni adottando una chiave di lettura che contrappone schematicamente gli ambiti nazionale e locale della vita di partito. Alcuni temi importanti sollecitati dal testo – in particolare il dibattito comunista sullo sviluppo industriale italiano e la ricezione in periferia delle politiche di rinnovamento dell’apparato comunista – risultano perciò poco valorizzati da una narrazione talvolta rispondente più all’esigenza di processare il Pci che a quella di comprenderne la storia.

Gregorio Sorgonà