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Vittorio Valli – L’economia americana da Roosevelt a Obama – 2010

Vittorio Valli
Roma, Carocci, 153 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2010

Apprezzato studioso di politica economica, buon conoscitore degli Stati Uniti per avervi svolto esperienze dirette di studio, l’a. non si propone «di fornire una storia completa dell’economia degli Stati Uniti nel periodo 1870-2000», ma «solo di discuterne ed approfondirne alcuni snodi cruciali». La linea interpretativa adottata si svolge in tre fasi. La prima, riguardante il quarantennio 1870-1913, si iscrive all’insegna della «frontiera», chiave di volta, scrive Valli, dell’imponente e rapido sviluppo statunitense. Esauritasi la spinta associata a questa risorsa, il paese continua la propria ascesa grazie al fatto di avere «a partire dal 1908 […] via via sostituito tali vantaggi con quelli derivanti dall’affermarsi negli Usa del modello fordista di sviluppo». Un modello, questo, che regge sino alla seconda metà degli anni ’60, quando viene «messo in crisi dallo scoppio di alcune incrinature profonde nel meccanismo di sviluppo americano». Il che induce «gli Stati Uniti a ripiegare su un’altra soluzione, e cioè sul tentativo di costruire gradualmente un impero economico globale», spingendo «sull’affermazione del dollaro come moneta chiave del sistema monetario internazionale, su una massa imponente di investimenti diretti all’estero, su un graduale processo di liberalizzazione dei movimenti internazionali di merci e di capitali, sull’affermarsi, a partire dai primi anni settanta, di una crescente globalizzazione economica e finanziaria» (pp. 13-14).Nelle successive cento pagine Valli dipana il suo schema in dieci nitidi capitoletti, che spaziano dalla «nascita di una grande potenza economica» all’interrogativo se «esiste un’Obanomics?», passando attraverso oltre un secolo di storia. Il risultato è un lavoro divulgativo che può risultare utile come prima introduzione al lettore non specialista, ricco com’è di dati tratti dalle fonti economiche Usa e internazionali e fondato su un abile intreccio di informazioni e di strumenti interpretativi come il «Turin Index of Economic Power» (Tiep), un «indice di potere economico» elaborato dall’Università di Torino.Manca purtroppo, però, un confronto adeguato con la letteratura storiografica in materia. I riferimenti a tale letteratura sono pochi e alquanto datati. Basti dire che non c’è traccia dei manuali più accurati di storia statunitense come il lavoro di Arnaldo Testi. Né trovano posto nella bibliografia di Valli il bel libro di storia economica di Pier Angelo Toninelli Ascesa di una nazione (Bologna, 1991) o la riflessione sull’impero contenuta in lavori come Habits of Empire: A History of American Expansion (New York, 2008) di Walter Nugent o Libertà e impero di Mario Del Pero (Roma-Bari, 2008), che avrebbero consentito di meglio definire la parabola «imperiale» statunitense sul lungo periodo. Così come la recente ricca letteratura sullo snodo degli anni ’70 (da Judith Stein a Wyatt C. Wells) avrebbe consentito una più articolata disamina di un passaggio chiave del capitalismo Usa e internazionale.

Ferdinando Fasce