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Vivere nella catastrofe. La vita quotidiana nella regione degli Urali 1917- 1922

Igor’ Narskij
Roma, Viella, 423 pp., € 36,00 (ed. or. Moskva, Rosspen, 2001, traduzione di Emanuela Guercetti)

Anno di pubblicazione: 2018

Questo volume dello storico di Čeljabinsk Igor’ Narskij non è soltanto la traduzione dal russo dell’opera originale, ma il suo adattamento per renderla fruibile al pubblico ita- liano, con aggiornamenti dovuti ai diciassette anni di distanza dalla prima edizione.
L’a. analizza le vicende del primo conflitto mondiale, degli eventi rivoluzionari e della guerra civile come un continuum, una «guerra dei sette anni», che negli Urali si concluse con la terribile carestia del 1921-1922. Molteplici sono gli elementi di novità dell’opera di Narskij rispetto al panorama degli studi che hanno visto la luce in occasione del recente centenario del 1917. Innanzitutto la Rivoluzione russa e la guerra civile sono osservate dall’angolo visuale di una periferia importante, la regione degli Urali, trasfor- mata dapprima in un gigantesco campo di battaglia e quindi «reinventata» dal punto di vista politico-amministrativo dal potere bolscevico, in «continui interventi di riprogetta- zione dello spazio regionale» (p. 39). Tale vicenda è trattata non come un caso periferico, quanto piuttosto come un esempio paradigmatico di quanto avvenne in un passaggio cruciale della macrostoria dell’ex Impero russo. In secondo luogo, l’approccio utilizzato è storico-antropologico e non politico-sociale come nella maggioranza dei lavori che han- no affrontato questo nodo storiografico. Narskij scrive una storia quotidiana e culturale della Rivoluzione e della guerra civile, guarda agli avvenimenti non dalla prospettiva delle grandi personalità, quanto da quella «della maggioranza senza nome e senza voce» (p. 387), ponendo al centro della narrazione la «catastrofe» richiamata dal titolo, il prisma attraverso cui tale vicenda viene ripercorsa.
La sovrapposizione dei poteri che seguì la fine dell’autocrazia in regioni lontane dal centro moscovita fu in realtà un vuoto di potere, che fece sprofondare tali territori nel caos, nell’imbarbarimento, nello «sfacelo» (altro termine ricorrente della narrazione).
La violenza pervasiva – dall’alto e dal basso – che attraversò la società, vera e propria «ubriacatura» (sorprendenti sono a tale proposito le pp. 163-188 dedicate alla «rivolu- zione ubriaca»), in forme che andarono dalla protesta contadina, cosacca e operaia al terrore di massa, il tracollo dell’agricoltura a cui fece seguito il collasso dell’economia, la ruralizzazione delle città sono alcuni dei tratti caratterizzanti quello «sfacelo» che divenne «parte integrante del degrado della quotidianità» (p. 48) e che condusse la Russia a una vera e propria «catastrofe di civiltà». Fame, carestie, epidemie, crisi igienica e degli alloggi furono i segni tangibili del degrado a cui la popolazione avrebbe reagito ora con la lotta per la sopravvivenza, ora con strategie di adattamento.
Un lavoro originale, quello di Narskij che, tuttavia, come lo stesso a. nota nella Postfazione per il lettore italiano, finora non ha aperto la strada a ricerche analoghe in altre regioni.

Simona Merlo