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Vladimiro Satta – Il caso Moro e i suoi falsi misteri – 2006

Vladimiro Satta
Soveria Mannelli, Rubbettino, 514 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2006

Documentarista della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi dal 1989 al 2001, Satta torna alla vicenda Moro, cui ha dedicato contributi in «Nuova storia contemporanea » e nel 2003 Odissea nel caso Moro, corposo volume, di cui questo può essere considerato il complemento aggiornato al post 2003. Qui, come allora, il fine è la demolizione puntigliosa di tutte le dietrologie che nel caso Moro leggono interessi e responsabilità di soggetti molto diversi dalle sole BR, agenti in sostanza contro il PCI e il suo ingresso nell’area di governo. Anche qui si tratta di un volume massiccio, di non facile lettura, perché consiste in cinquecento pagine di ricostruzione puntigliosa di fatti, questioni, discussioni, che presuppongono una conoscenza dettagliata di tutti i più specifici aspetti fattuali della vicenda Moro. E, di nuovo, l’analisi si basa principalmente sui volumi della Stragi, messi recentemente a disposizione del pubblico, cui si affiancano documenti della CommissioneMitrokhin, atti processuali e materiale giornalistico. Rispetto al volume del 2003, che aveva già fornito un denso spettro di spiegazioni di tanti dei presunti misteri del caso Moro, questo volume non aggiunge moltissimo, anche perché molte novità e aggiornamenti nel frattempo non sono intercorsi; a parte la messa a disposizione degli atti della Commissione, qualche atto processuale, alcuni libri più o meno cospirazionisti, e un film, alquanto modesto e di scarso successo, Piazza delle cinque lune, di Renzo Martinelli. Sono questi i motivi che hanno indotto Satta a ritornare sul caso Moro per chiarire ulteriormente, diradare vecchi e nuovi misteri. L’argomentazione è dominata da una cifra polemica contro la presunta vulgata che ascriverebbe la responsabilità della morte di Moro ad altri che alle Brigate Rosse, le quali scadrebbero al rango di comparsa di seconda fila, se non di burattino più o meno inconsapevole in mani altrui. Sergio Flamigni, il giornalista Giovanni Fasanella, l’ex presidente della Stragi Giovanni Pellegrino sono, tra altri, i principali bersagli critici di Satta: li critica in modo serrato, non di rado aspro, contrapponendo in maniera più o meno convincente fatti, nomi, date, ragionamenti logici, argomentazioni controfattuali per dimostrare la totale e assoluta inconsistenza di qualsiasi dubbio sull’intera vicenda Moro. Benché egli stesso noti che non di rado i testimoni auditi hanno cambiato versione nel corso del tempo, Satta attribuisce alle fonti della Stragi un valore di prova ultima e risolutiva. Così privilegia un’analisi per linee interne al caso Moro e alle sue interpretazioni, che va a discapito della contestualizzazione storica e che in qualche modo astrae questa vicenda dalla storia italiana, facendone quasi un caso a sé. La critica delle semplificazioni cospirazioniste su questa e altre vicende è un fine del tutto condivisibile, ma rimane la sensazione che farne l’assunto programmatico di un approccio considerato come definitivamente risolutivo della questione sia quasi il corrispettivo speculare delle dietrologie che vedono un agente dei servizi (americano o sovietico) dietro ogni conflitto del decennio ’70.

Emmanuel Betta