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Židov. Il salvataggio degli ebrei in Jugoslavia e Dalmazia e l’intervento della II Armata 1941-1943

Gino Bambara
Milano, Mursia, 372 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2017

Risponde a verità il fatto che migliaia di ebrei si siano salvati grazie alla connivenza
delle principali autorità italiane operanti in Dalmazia nel 1941-1943? Come è stato possibile?
Quale ragioni hanno spinto i dirigenti politici e militari fascisti a fare questa scelta in
evidente contrasto non solo con le pratiche portate aventi dagli alleati tedeschi ma anche
con le stesse leggi razziali emanate da Mussolini nel 1938?
Il volume cerca di dare risposta a queste e altre domande, che non risultano analizzate
a sufficienza nei pochi saggi esistenti sul tema. L’a., originario di Zara e reduce di
guerra, ha alle spalle altri libri sul tema dell’occupazione italiana in Jugoslavia. Qui offre
un quadro molto ampio e analitico, partendo dai giorni dell’invasione della Jugoslavia
(6 aprile 1941) per arrivare fino all’armistizio (8 settembre 1943). La ricostruzione pone
al centro la condizione delle popolazioni di origine ebraica, sia residenti in Jugoslavia,
sia rifugiate in quel paese alla vigilia del conflitto. Ne appare un quadro fosco, fatto di
persecuzioni violentissime in ogni regione in cui la Jugoslavia viene divisa dopo la resa.
Una situazione addirittura più terribile che in altre zone, con una campagna di sterminio
portata avanti sia dai tedeschi, che dichiarano la Serbia judenfrei già nella primavera del
1942, sia dai collaborazionisti locali croati, gli ustascia, che a Jasenovac creano l’unico
campo di sterminio europeo non amministrato direttamente dai nazisti.
La zona della Jugoslavia amministrata dall’Italia rappresenta in questo contesto una
parziale eccezione. Nonostante la dura attività repressiva antipartigiana, che colpisce con
violenza soprattutto i civili, e l’esistenza di specifici campi di internamento per le popolazioni
slave considerate conniventi, le autorità fasciste non sembrano all’inizio particolarmente
preoccupate della presenza ebraica, incrementata dall’afflusso di profughi da
varie parti d’Europa. Fra atteggiamenti ambigui e contraddittori, gli italiani finiscono
per adottare una prospettiva «umanitaria», sospendendo i respingimenti alla frontiera e
proteggendo gli ebrei rifugiati. In risposta alle richieste sempre più insistenti dell’alleato
tedesco, che vorrebbe portare a compimento il genocidio, si decide infine di concentrare
tutti gli ebrei in un campo di internamento. Gli ebrei concentrati a Arbe/Rab, nel golfo
del Quarnaro, dalla fine del 1942, vivono in condizioni certamente più sopportabili rispetto
a quelle patite dai civili slavi nel campo esistente sulla stessa isola. Grazie a questa
operazione, solo a Rab sopravvivono alla Shoah fra 3000 e 4000 ebrei.
Questo volume rappresenta però un’occasione mancata. L’analisi è molto ampia, ma
manca di profondità e si affida esclusivamente a fonti dirette dell’esercito italiano, adottandone
inevitabilmente il punto di vista. Essa non offre dunque allo specialista nessuna
interpretazione nuova né una documentazione originale. Nelle intenzioni dell’editore il
libro dovrebbe avere un taglio divulgativo, ma risulta di difficile comprensione per un
pubblico di semplici appassionati.

Eric Gobetti