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The Cambridge Companion to Modern Italian Culture – 2001

Zygmunt Baranski e Rebecca West (a cura di)
Cambridge University Press, pp. 363, $ 55.00 (cloth), $ 22.00 (paperback)

Anno di pubblicazione: 2001

Presentato come ?un’introduzione generale alla vita culturale della penisola dal 1860 in poi? (p. 3), il libro comprende diciassette brevi saggi su argomenti che vanno dal ruolo degli intellettuali alla moda, dal cattolicesimo alla questione della lingua, dalla letteratura alle arti visive. Per i lettori italiani il volume può essere utile anche come documentazione delle diverse opinioni che si hanno oggi nel mondo accademico angloamericano sulla neodisciplina dei cultural studies e sulla sua applicabilità al contesto italiano. Il fatto che i due redattori del libro, stimati studiosi di letteratura e cultura italiana, sembrano sostenere opinioni piuttosto diverse sull’argomento testimonia il momento di transizione e lo spazio vitale in cui si colloca questo campo di studio. Introducendo il volume, Baranski scrive che la cultura comprende valori collettivi, atteggiamenti e le forme simboliche che li esprimono, ma anche modi di vita e pratiche sociali che rendono necessario attenuare la distinzione fra cultura ?alta? e ?bassa?. Così in questo libro ?sia il regista Rossellini che l’imprenditore dei mass media Berlusconi dovevano trovare il loro spazio? (p. 3). Allo stesso tempo, Baranski critica la tendenza dei cultural studies a trascurare le élites e la loro cultura; egli ha voluto quindi distinguere il presente volume da altri libri in lingua inglese dedicati agli Italian cultural studies come quelli curati da David Forgacs e Robert Lumley (Italian Cultural Studies, Oxford, 1996), o da Beverly Allen e Mary Russo (Revisioning Italy, Minneapolis, 1997) con ?una riaffermazione vigorosa del valore delle discipline umanistiche tradizionali? (p. 5).
Una prospettiva diversa è invece quella del saggio di Rebecca West, il cui titolo ? Italian Culture or Multiculture in the New Millenium? ? riporta l’attenzione su ?una realtà italiana diversa? che è stata trascurata ed anche occultata dalla cultura alta e dai ?canoni della cultura letteraria? (p. 340). Si tratta di tendenze e movimenti (la letteratura italofona degli immigrati stranieri, il pensiero e la letteratura postmoderni e il pensiero femminista) che sono frutto di processi di cambiamento collettivi e internazionali (la globalizzazione, l’emancipazione delle donne) ma che a livello critico ed istituzionale ancora aspettano di essere pienamente riconosciuti e collocati come fenomeni della cultura italiana. I curatori considerano infatti anche italiani formati in Italia che sono ?emigrati? in America o in Gran Bretagna ma che mantengono una presenza intellettuale in più paesi. Bisogna dire che l’obiettivo di fare una sorta di ?guida culturale? sembra aver impedito l’uso di approcci innovativi in molti dei saggi, ma i migliori fra essi hanno validità come mini-saggi interpretativi che trattano con creatività i grandi temi della storia e della cultura italiana. Questi ultimi potrebbero essere consultati con profitto anche da un lettore italiano, sia per il loro approccio interdisciplinare (come quelli di Eugenia Paulicelli sulla moda) che per l’attualità dell’argomento (come i saggi di David Ward sugli intellettuali e il potere e di Chris Wagstaff sull’intreccio fra mass media e politica).

Ruth Ben-Ghiat