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3. Nicola Tranfaglia, Come ti scelgo gli storici adatti, «L’Unità», 9 marzo 2002

3. Nicola Tranfaglia, Come ti scelgo gli storici adatti, «L’Unità», 9 marzo 2002

Posso dare ai lettori una notizia interessamte, da qualunque punto di vista si guardi: Letizia Moratti e i suoi collaboratori hanno finalmente deciso: per ora agli storici di sinistra, o di centro se collaborano con la sinistra, è giunto il tempo di togliere qualunque aiuto alle loro ricerche sul Novecento. Quel secolo deve essere “off limits” per chi ha avuto qualche indulgenza o qualche incertezza nel giudizio sui comunismi o sui fascismi, è terreno riservato esclusivamente per gli eredi della destra.

In questi tempi di dittatura mediatica, che si sta ormai consolidando grazie alla soluzione finta del conflitto di interessi che costringe l’on. Berlusconi a lasciare la presidenza della società calcistica del Milan ma gli consente di mantenere il controllo su tutte le televisioni italiane, vale insomma la pena raccontare ai lettori un caso che naviga da settimane sul sito telematico della società degli storici contemporanei (la Sissco diretta da Raffaele Romanelli) ma che nessun mezzo di comunicazione ha ritenuto finora di dover proporre alla pubblica opinione. 

Il caso riguarda le ricerche scientifiche cofinanziate dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca retto da Letizia Moratti. Ogni anno vari gruppi di docenti presentano un progetto di ricerca che riunisce varie università della penisola e che dovrà svolgersi per alcuni anni coinvolgendo appunto ricercatori presenti in Italia. Esiste per questi
progetti quattro revisori (o referee)  anonimi indicati dal ministero di quel settore scientifico che valuta i progetti e dà loro punteggi che vengono elaborati elettronicamente e in base a questi punteggi si dà o non si dà il finanziamento richiesto. C’è poi una commissione di garanzia sempre nominata dal ministero che garantisce, o dovrebbe garantire, che tutto avvenga secondo regole il più possibile obiettive e rispettose del valore scientifico dei proponenti e del progetto presentato.

Ebbene questo anno uno storico noto per la sua competenza scientifica, il professor Tommaso Detti, dell’Università di Siena ha messo insieme altri studiosi, a Bologna Fernando Fasce, a Firenze Federico Romero, a Vercelli Maurizio Vaudagna, per intraprendere un progetto intitolato “Memoria e storia del Novecento. Interpretazioni storiografiche e uso pubblico della storia alla fine del secolo: uno studio comparato”. Basta indicare il titolo per valutare l’attualità culturale del progetto, il suo largo spettro, la presenza di storici italiani che nel loro lavoro hanno
spaziato dall’Europa agli Stati Uniti e che sono in grado per le competenze acquisite e i lavori già fatti di darci un quadro assai ampio e variegato della situazione nella storiografia internazionale, ma il progetto, inaspettatamente, è stato giudicato in modo negativo e respinto ai fini del finanziamento.

Venuto a conoscenza attraverso la rete dell’opinione espressa da uno dei revisori sul progetto, Tommaso Detti ha scritto al presidente dei garanti professor Antonio Padoa Schioppa. Nella sua lettera Detti  riporta due punti del giudizio negativo che vale la pena riprodurre: “Punto 6. Competenza scientifica del coordinatore scientifico: “Ha sicuramente tutta la competenza necessaria come preparazione storica e per competenza scientifica. Certo è ideologicamente molto orientato e l’argomento, come è evidente, confina con la politica”. Punto 7. Competenza dei gruppi proponenti: “Come si diceva nel commento precedente, l’argomento è di grande attualità e riguarda le sorti stesse della contemporaneistica. Difficile pretendere giudizi equilibrati quando non obbiettivi. Certo questo gruppo di studiosi è molto orientato”.

La risposta che il presidente dei garanti, Padoa Schioppa, ha ritenuto di dover dare a Tommaso Detti toglie qualsiasi dubbio sul significato dei giudizi negativi dati dal revisore anonimo giacché il presidente, dopo aver
dichiarato che non avrebbe “dato valutazioni di ordine ideologico se fossi stato chiamato ad esprimere un giudizio su un progetto storiografico”, si dà da solo la zappa sui piedi e rivela l’atmosfera che ormai presso il ministero della Moratti presiede alle scelte di finanziamento in campo storico giacché nella sua risposta scrive testualmente: “Credo che non si possa negare che in qualche caso la composizione di un gruppo di lavoro può effettivamente considerarsi, a torto o a ragione non importa, non scientificamente adeguato per lo studio di un certo fenomeno storico. Se, ad esempio formulo consapevolmente un caso estremo che non ha alcuna relazione con il caso che La riguarda,  io dovessi giudicare l’adeguatezza di un gruppo di studiosi tutti appartenenti all’università dei mormoni a studiare la riforma della Chiesa di Gregorio VII, ovvero il concilio Vaticano I, avrei qualche dubbio sul risultato scientifico”.

Dico subito che la vicenda, così come l’ho fedelmente riassunta, è di notevole gravità (oltre ad avere risvolti addirittura grotteschi esplicitato dagli esempi evocati) e conferma un indirizzo, non più di un singolo revisore ma dell’intera commissione di  garanzia rappresentata dal suo presidente, che punta apertamente alla discriminazione degli studiosi che non appaiono allineati con l’attuale indirizzo della maggioranza parlamentare e del ministro in carica. Si afferma, in altri termini, che studiosi, di cui si riconosce la preparazione storica e la competenza scientifica, non sono in grado di raggiungere risultati apprezzabili se affrontano temi come quelli della storia e della memoria del Novecento.

A questo punto qualsiasi cosa pensino i soliti esperti cerchiobottisti e quelli che esaltano il dialogo con l’attuale governo, mi scopro ancora una volta indignato e deciso a rivendicare la difesa di una costituzione democratica che non discrimina tra persone che hanno opinioni culturali e politiche diverse e che si oppone all’emarginazione di studiosi che hanno lavorato, e continuano a lavorare, ottenendo riconoscimenti costanti in tutto l’Occidente.
O dobbiamo pensare ormai che l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero e di espressione è diventato un “optional” e che agli storici si chiede di allinearsi o di rinunciare alla ricerca e al necessario aiuto di quel Ministero non più  pubblico ma pur sempre organo dello Stato democratico. Sono questi interrogativi pressanti di fronte a quello che sta accadendo nel nostro paese mentre  mezzi di icomunicazione più autorevoli e diffusi tacciono o parlano d’altro.