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Servo o serva, padrone o padrona: variazioni di genere di una gerarchia “classica”

Raffaella Sarti

Raffaella Sarti

L’intervento mira ad analizzare le differenze tra le diverse combinazioni del “classico” rapporto servo-padrone che si disegnano quando esso sia complicato dall’introduzione della categoria di genere. Le possibilità combinatorie sono numerose. Accanto alle combinazioni Servo-padrone, serva-padrone, serva-padrona, servo-padrona, vanno infatti tenute in considerazioni altre variabili, dal momento che è senza dubbio diverso il caso di una padrona sola da quello di una padrona che abbia un marito che è il capofamiglia al quale ella è soggetta, capofamiglia che – se ne occupi o meno –, è di diritto (se non sempre di fatto), in una posizione gerarchica superiore alla moglie nei confronti dei domestici. Altra variabile di cui tener conto è il fatto che il personale domestico può essere misto per quanto riguarda la composizione per sesso.
Pur soffermandosi anche si altri aspetti, le linee guida lungo le quali si svolgerà l’analisi partono dalla tradizione di antico regime che individua nel paterfamilias il responsabile degli affari domestici e tendono a vedere il rapporto con quest’ultimo da parte di moglie, figli e servi come tre diverse declinazioni della dipendenza rispetto ad un’unica figura di “capo”, interrogandosi poi sulle trasformazioni di tale paradigma nel contesto otto-novecentesco, caratterizzato da una sempre più decisa attribuzione di responsabilità sull’ambito domestico e sul personale di servizio alla moglie-madre. A questa “femminilizzazione” della figura del padrone tende d’altra parte a corrispondere una decisa femminilizzazione del personale domestico, nonché – a quanto pare – una sorta di femminilizzazione simbolica dei servitori maschi che, seppur sempre meno numerosi, pure continuano ad esistere. Ad essi viene infatti negata la possibilità di portare barba e baffi, segni esteriori di virilità, quasi che nella cultura ottocentesca il rapporto gerarchico tra una donna in posizione superiore e un “vero uomo” in posizione inferiore costituisca una sorta di ossimoro intollerabile, che almeno simbolicamente deve venir negato.