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Articolo di Rosario Villari in risposta all’articolo di Giovanni Belardelli

"Corriere della Sera", 1° febbraio 2000

Riportiamo l’intervento di Rosario Villari, presidente della Giunta centrale degli studi storici, comparso sul “Corriere della Sera” del 1 febbrario 2000 in risposta a quello di Giovanni Belardinelli sulla funzione degli Istituti storici nazionali. Con il prof.Villari il presidente della SISSCO Raffaele Romanelli aveva avuto uno scambio di lettere concernenti il ruolo della Giunta nell’organizzazione del congresso storico internazionale di Oslo.

Elzeviro. La funzione degli istituti. A chi tocca difendere la ricerca storica?

“Il Corriere della sera”, 1 febbraio 2000

I maggiori paesi europei hanno provveduto, specialmente dal XIX secolo in poi, alla raccolta ed alla pubblicazione di grandi collezioni di fonti (atti di governo e di amministrazione, cronache, corrispondenze diplomatiche, epistolari, testi politici, epigrafi, materiali documentari di vario tipo) che rappresentano la base fondamentale per la ricerca storica e delineano i tratti essenziali delle identitý nazionali. Gran parte di questa attivitý Ë stata sostenuta direttamente dallo Stato e svolta da enti pubblici. Per diversi motivi, l’opera svolta in questo campo dall’Italia (che pure ha avuto, con Muratori, una funzione pioneristica) Ë stata frammentaria e parziale rispetto a quella pi˜ sistematica svolta in Francia, in Inghilterra, in Germania e in Spagna.

In origine, il compito di pubblicare le fonti storiche e di promuovere la connessa ricerca storica Ë stato affidato dal nostro Stato all’Istituto storico italiano, creato nel 1883. Nel 1934 questo Istituto Ë stato trasformato. Fu creata la Giunta centrale per gli studi storici con la funzione di organo di collegamento di una serie di Istituti storici nazionali (per il medioevo, per la storia antica,per l’etý moderna e contemporanea, per la storia del Risorgimento, per la numismatica) e delle deputazioni di storia patria (che oggi sono 31 e risalgono anch’esse al secolo XIX).

Dopo la fine della seconda guerra mondiale Ë stata fatta una legge che dava piena autonomia alle deputazioni collegate con la Giunta, ma tutte queste istituzioni sono state mantenute in vita. La ragione Ë evidente: venuto meno l’obiettivo del Ministero fascista dell’educazione nazionale, ricordato da Belardelli (su questo stesso giornale, il 24 gennaio scorso) di ´centralizzare e controllare il lavoro degli storiciª (ma bisogna dire che anche allora non fu soltanto questo lo scopo e l’opera della Giunta e degli Istituti), restavano tuttavia immutate le esigenze positive, culturali e storiografiche, da cui esse e gli istituti che le avevano precedute erano nati.

La Giunta ha anche il compito del raccordo con il ComitÈ international des sciences historiques e dell’organizzazione della partecipazione italiana ai Congressi storici internazionali che si tengono ogni cinque anni. Per esempio: si svolse in Italia nel 1955 il decimo Congresso internazionale di scienze storiche (che fu un grande evento culturale anche per l’impegnativo discorso sulla storia della Chiesa che Pio XII rivolse ai delegati in quella occasione) e si Ë svolta recentemente anche in Italia, a Spoleto, sempre su iniziativa della Giunta, nel 1997, l’importante assemblea dei rappresentanti della storiografia mondiale, che ha discusso i temi dell’organizzazione del Convegno internazionale che si terrý ad Oslo nel prossimo agosto. La Giunta ha anche il compito della pubblicazione annuale della Bibliografia storica nazionale, la quale, a partire dal numero in corso di stampa, raccoglie insieme ai dati della storiografia nazionale, anche i dati dei saggi storiografici di argomento italiano pubblicati nei Paesi della Comunitý Europea.

Gli Istituti storici nazionali hanno anche funzioni di formazione e addestramento alla ricerca. Ad essi sono annesse scuole nazionali di antichistica, di storia medievale e di storia moderna dalle quali sono usciti non solo gli studiosi citati da Belardelli, ma anche, dopo la seconda guerra mondiale, molti altri che figurano tra i nomi pi˜ noti della storiografia nazionale come Saitta, Mazzarino, Frugoni, Gaeta, Procacci. La Giunta e gli Istituti storici nazionali sono inoltre gli interlocutori degli Istituti di ricerca storica stranieri che operano a Roma.

Gli Istituti storici nazionali hanno svolto finora i loro compiti con notevolissime e scoraggianti difficoltý, le quali, insieme alla natura stessa del loro lavoro (ancora qualche esempio: la pubblicazione delle Nunziature, l’edizione critica del Principe di Machiavelli, la pubblicazione dell’epistolario di Guicciardini e dei documenti delle Repubbliche giacobine, i carteggi diplomatici del periodo risorgimentale…), hanno impedito che la loro attivitý fosse adeguatamente pubblicizzata. Il clima culturale forse non Ë favorevole, nel momento che attraversiamo, a questo tipo di imprese. Comunque, anche se non sono mancate negli anni scorsi iniziative di convegni importanti, seminari, incontri di studio organizzati spesso insieme ad istituti storici di altri Paesi, l’attivitý di queste istituzioni Ë in complesso diversa da quella che svolgono fondazioni ed enti culturali privati, poichÈ riguarda le strutture della ricerca storica e richiede un alto grado di specializzazione tecnica e scientifica. Belardelli sembra suggerire, nel suo articolo, la loro privatizzazione o la pura e semplice eliminazione. Ma, a differenza che in altri Paesi, in Italia non esiste, se non in casi eccezionali, una tradizione di sostegno privato ad istituzioni di questa natura. La privatizzazione indebolirebbe, inoltre, o renderebbe impossibile la loro funzione di rappresentanza ufficiale sul piano internazionale. Infine, mentre si sta intensificando il processo di unificazione economica e politica dell’Europa, ognuno dei Paesi aderenti alla comunitý ha messo in atto un impegno via via pi˜ intenso a valorizzare il proprio passato culturale e storico. Studiosi eminenti considerano essenziale che la diversitý e molteplicitý di esperienze e di culture, che nel corso di un millennio Ë stata il fondamento della civiltý europea, sia valorizzata specialmente nel momento attuale: unificazione non deve essere appiattimento. Questa esigenza trova accoglienza e sostegno nei governi e nelle forze politiche di vari Paesi europei.

Anche per questo motivo ed in queste circostanze sarebbe opportuno, a mio avviso, che il goveno e le forze politiche del nostro Paese si impegnassero a potenziare, riformandolo e continuando a rispettare rigorosamente la sua autonomia, il settore della nostra cultura storica che ha compiti a cui ho accennato.

Rosario Villari