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Chiesa universale versus Stato nazionale: le ragioni della ricerca storica

Andrea Ciampani

Andrea Ciampani

Un disagio è percepibile di fronte alla riproposizione di una sorta di una “eterna” frattura tra Chiesa e Stato nel dibattito dell’opinione pubblica intorno al Risorgimento per spiegare la debolezza del processo di nazionalizzazione dell’Italia dopo l’Unità. Un senso di insoddisfazione che appare giustificato, da un lato, con l’avvertibile esaurirsi della presa popolare della mitologia risorgimentale (e il relativo ridimensionamento dell’insegnamento della storia risorgimentale) e, dall’altro, con il rinnovato vigore che, a partire dalla metà degli anni Novanta, ha mostrato la ripresa degli studi sul Risorgimento; una ripresa di studi capace di ricollegarsi alla storiografia tradizionale ma anche di introdurre forti elementi di innovazione. Due elementi, probabilmente, ancora trascurati da una parte della classe intellettuale e dirigente che, di fronte all’esigenza di interpretazione della radicale trasformazione economica e socio-politica dei nostri tempi, sembra portata a riproporre paradigmi legati a precedenti periodi e percorsi di formazione.D’altra parte, proprio quel definitivo indebolimento dell’approccio ideologico, un tempo esaltato dall’intrinseca politicità della questione risorgimentale, cui sembra subentrare una sorta di “amnesia” diffusa nella popolazione italiana, probabilmente ha reso più agevole alla ricerca storica il misurarsi con nuove strade e l’arricchirsi di tematiche, di metodologie e di approfondimenti. Il Risorgimento e “le fratture” (con tentativi e opposizioni alla ricomposizione) tra cattolici e liberali, tra Chiesa e Stato, possono oggi essere riesaminate attraverso una lente scientifica che mostra un processo da comprendere, sotto diverse e molteplici chiavi di lettura. Attraverso gli studi sui rapporti tra cattolici e liberali, e sui caratteri connessi al processo di nazionalizzazione che li caratterizza, non è difficile rintracciare i tratti di una nuova fase della storiografia italiana sul Risorgimento, che apre probabilmente la strada a fare dell’Ottocento risorgimentale un patrimonio per una complessa identità nazionale di una “Italia plurale”. Le domande e le ragioni della ricerca storica, sulle quali richiamerà l’attenzione la relazione, ci conducono ad osservare e sottoporre ad esame le contraddizioni e l’interdipendenza dei comportamenti della gerarchia vaticana e del governo sabaudo e italiano (come degli altri stati preunitari) che hanno animato il Risorgimento. Gli attori e le azioni del periodo risorgimentale possono essere oggi riletti senza diventare i fantasmi di “non luogo”, al quale le classe dirigenti ancora ricorrono (come hanno osservato Ornaghi e Parsi) per collocare ogni radice del fallimento del processo di costruzione dello Stato italiano. Le ragioni della ricerca storica, per così dire, finiscono per “laicizzare” il processo risorgimentale e ce lo riconsegnano concluso nella sua dinamica storica: con le sue problematiche da comprendere, ma in qualche modo pacificato dal tempo e forse anche per questo, infine, patrimonio collettivo nazionale; da sottoporre a ricostruzione critica senza pretese di esclusività.