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Documento finale

LA COMMISSIONE DEL CODICE DEONTOLOGICO

PRESIDENTE ONORARIO
Cardinale Ersilio Tonini
PRESIDENTE
Avv. Plinio Sacchetto
COMPONENTI
Avv. Paola Zerman, D.ssa Carmela Lo Giudice, Dott. Roberto Leoni, Prof. Rosario Drago, Dott. Massimo Tocci, Prof. Giancarlo Cappello, Prof.ssa Carla Xodo, Prof. Giuloano Piazzi, Prof. Giuseppe Savagnone, Prof.ssa Alessandra Cenerini, Prof. Gianni Mereghetti, Prof. Marco Rossi Doria, Prof. Emilio Brogi, Prof. Carlo Cerofolini, Dott.ssa Valeria Marcon, Prof.ssa Luciana Lepri, Sig. Maurizio Salvi.

DOCUMENTO FINALE DI SINTESI DELLA COMMISSIONE COSTITUITA CON DM 2-11-2001

PREMESSA

Il mandato ricevuto

Il compito che la commissione costituita con DM 2-11-2001 ha ricevuto dal Ministro è stato quello di “definire criteri per un codice deontologico del personale della scuola che consenta alla categoria di veder tutelata la propria dignità, sia personale che professionale, anche al fine di potenziare la qualità del sistema scolastico”.
La Commissione ha sviluppato i propri lavori in sedute plenarie e all’interno di tre gruppi che hanno esaminato rispettivamente:
1. il codice deontologico dei docenti italiani in un confronto comparato con lo sviluppo dei codici deontologici delle altre professioni e di quelli degli insegnanti di altri Paesi,
2. gli aspetti giuridici e normativi che inquadrano attualmente la funzione docente,
3. la nuova identità professionale dell’insegnante.
Alla luce degli approfondimenti svolti, la Commissione ritiene di poter affermare che il codice deontologico potrà contribuire al raggiungimento delle finalità indicate nel mandato ricevuto solo se sarà connesso al più generale processo di “professionalizzazione” della docenza.

CONSIDERAZIONI DI MERITO

CODICE DEONTOLOGICO E PROFESSIONALIZZAZIONE DELL’INSEGNAMENTO

La questione della “professionalizzazione” dell’insegnamento fu già autorevolmente posta nella “Raccomandazione sullo status degli insegnanti” redatta dall’UNESCO nel 1966 in questi termini:
L’insegnamento dovrebbe essere considerato una professione i cui membri assicurano un servizio pubblico, tale professione richiede non solo conoscenze approfondite e competenze specifiche, acquisite e mantenute attraverso studi rigorosi e continui, ma anche senso di responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’educazione e del benessere degli allievi (art.6).
Già allora si individuò nell’etica della professione e in elevati standard professionali lo strumento principe per fare assurgere i docenti allo status di professionisti, capaci di dare risposta a uno dei fondamentali diritti umani, il diritto all’istruzione e all’educazione:
Considerato che lo status della professione dipende in grande misura dal comportamento degli insegnanti stessi, tutti i docenti dovrebbero perseguire i più alti standard professionali nell’assolvimento della loro attività (art. 70).
La definizione e il rispetto degli standard professionali degli insegnanti dovrebbero essere definiti con il concorso delle loro organizzazioni. (art.71)
Codici etici o di comportamento dovrebbero essere stabiliti dalle organizzazioni degli insegnanti, poiché questi codici contribuiscono grandemente ad assicurare il prestigio della professione e lo svolgimento dei doveri professionali sulla base di principi concordati.(art.73)
La linea appare chiara e potrebbe oggi, nella scuola dell’autonomia, essere espressa e riformulata attraverso le seguenti proposizioni:
1. perché l’insegnamento sia riconosciuto come professione devono essere esplicitati alti standard professionali e un codice etico;
2. standard e codice devono essere definiti e gestiti dagli insegnanti attraverso propri organismi, nella consapevole assunzione che l’insegnamento, come tutte le professioni riconosciute, si fonda sull’autonomia del corpo professionale;
3. l’autonomia del corpo professionale si fonda su due principi indissolubilmente legati: la libertà progettuale ed educativa e la responsabilità dinanzi ai percorsi offerti e ai risultati ottenuti, e si sviluppa attraverso comunità di pratiche che vedono il coinvolgimento pieno di ogni scuola nella discussione della sua funzione educativa rispetto al territorio di cui è parte.
A tutt’oggi, a livello internazionale, le posizioni più avanzate sulla questione docente si richiamano a questi principi, da cui sarebbe utile partire per avviare anche nel nostro Paese quel necessario processo di “professionalizzazione” entro cui si colloca il codice deontologico.

DOCENZA:
UNA FUNZIONE COMPLESSA CHE RICHIEDE DI AGIRE SU PIÙ PIANI


La definizione della docenza come funzione complessa comporta l’adozione di un approccio sistemico comprensivo di piani diversi di riferimento, distinti, ma correlati tra loro. Tra questi si indicano i seguenti ambiti:
1. quello della legge alla quale spetta la definizione di un nuovo stato giuridico;
2. quello autonomo della professione, cui compete la definizione e il rispetto degli standard professionali e del codice deontologico attraverso propri organismi di autogoverno;
3. quello contrattuale, che dovrebbe essere coerente con l’impostazione professionale definita dai due precedenti ambiti.

1. Stato giuridico degli insegnanti
La tutela costituzionale della libertà d’insegnamento (garantita e precisata dagli art. 3, 33, 97, 98) e del diritto all’istruzione-educazione (affermato dagli art. 2, 3, 33, 34) determina il nesso diritto-dovere intorno a cui la funzione docente si definisce come servizio alla persona e alla comunità. In quanto tale essa non è assoggettabile, nei suoi aspetti fondamentali, a contrattazione tra le parti e richiede la definizione di uno specifico stato giuridico degli insegnanti. Si tratta, oggi, di aggiornare quello stabilito dal Decreto delegato 417/1974, tenendo conto sia dell’intervenuta contrattualizzazione del Pubblico Impiego, sia della revisione del Titolo V della Costituzione.
Alla luce della legge 421/92, gli aspetti che rimangono di competenza della legge e che dovranno essere affrontati dallo stato giuridico, al di fuori della contrattazione, possono essere così individuati:

a) Funzione docente e libertà d’insegnamento
Costituisce l’aspetto più delicato dell’identità professionale del docente oggi. Riguarda il punto in cui il diritto al libero esercizio della cultura e del suo insegnamento da parte del docente. si coniuga con l’uguale diritto da parte dello studente di fruire di essa nella prospettiva del miglior apprendimento possibile, in linea con l’evoluzione della ricerca didattica, delle scienze cognitive e dello sviluppo tecnologico.
Per queste ragioni il principio della libertà d’insegnamento oggi va interpretato in termini di responsabilità educativa, didattica, organizzativa nella offerta e gestione di un servizio che la scuola deve garantire agli studenti, alle famiglie e alla comunità locale e nazionale.
In un sistema educativo che, in base al nuovo Titolo V, è definito di “istruzione” e di “istruzione e formazione professionale”, l’insegnante deve essere pienamente consapevole della valenza educativa della sua attività in ogni ambito, ed agire in piena coerenza, esaltando l’unità dell’azione educativa in una visione sistemica ed integrata.
Il docente deve saper adattare il suo insegnamento alle diverse attitudini ed intelligenze così da rendere accessibile e proficua la conoscenza a tutti gli allievi, dando risposta a inderogabili esigenze di equità sociale e alle attese della società della conoscenza, in una prospettiva di long life learning. L’apprendimento va fondato sull’etica della responsabilità, una responsabilità che faccia riferimento alla triplice condizione umana, all’uomo come persona, all’uomo come membro di una comunità sociale, all’uomo come parte della specie umana, e che coerentemente promuova l’autonomia individuale, la partecipazione alla propria comunità e la coscienza di appartenere tutti al genere umano, legati ormai da un comune destino planetario. Tutto ciò, ovviamente, senza dimenticare la nostra cultura e civiltà nazionali.

b) I diritti e i doveri fondamentali degli insegnanti
I diritti e i doveri, definiti giuridicamente, indicano le caratteristiche fondamentali, ma non esauriscono gli aspetti fondanti la dimensione etica della funzione docente. Quest’ultima trova il suo radicamento oltre che nei principi di un’etica pubblica costituzionale, anche su di una morale personale che emerge con la consapevolezza della specificità della relazione educativa: intenzionale, convergente, dialogica, ma anche asimmetrica e per questo connotata dalla responsabilità dell’insegnante. Questa duplice fonte di moralità fornisce significati e vincoli entro i quali la categoria docente è tenuta ad impegnarsi nella definizione di un proprio codice deontologico e di propri standard professionali, tra questi si impongono: la dignità e il rispetto della persona che esclude ogni discriminazione per razza, sesso, credo politico e religioso, provenienza familiare, condizioni sociali, diversa abilità; la responsabilità, l’imparzialità; il rispetto del pluralismo delle idee che comporta l’impegno a far conoscere agli allievi i diversi punti di vista sulle questioni trattate; l’equità; la trasparenza; la fiducia; la speranza; l’autenticità; la coerenza; la testimonianza; il senso critico; la solidarietà; la collaborazione.

c) Formazione iniziale e continua
E’ fondamentale che l’insegnante riceva oggi una formazione iniziale professionalizzante, costituita da competenze specifiche disciplinari, ma anche da competenze a-specifiche, trasversali, di natura pedagogico, didattica, comunicativo relazionale e tecnica. Inoltre deve essere garantito al docente l’accesso ad offerte di formazione continua e all’Amministrazione chiesto l’obbligo di favorire e monitorare l’aggiornamento in termini quantitativi e qualitativi.

d) Modalità di reclutamento
Il reclutamento degli insegnanti dovrà tener conto del nuovo articolo 117 della Costituzione, con specifico riferimento al decentramento e all’autonomia scolastica. Dovranno, altresì essere individuate nuove e rigorose modalità di valutazione collegate a precisi standard professionali.

e) La creazione di nuove figure professionali della docenza
E’ indispensabile identificare e definire una fascia della docenza connotata da livelli elevati di professionalità, punto di riferimento per la valorizzazione della categoria, stimolo e volano per favorire la mobilità, la qualità professionale e una nuova immagine sociale dell’insegnante, sostegno al miglioramento dell’insegnamento e all’innovazione culturale e didattica delle scuole autonome, non solo e non tanto a quella organizzativa.

2. Gli organi di autogoverno della professione, a livello nazionale e regionale
La specifica definizione del codice deontologico così come degli standard professionali sono compito della professione stessa, come già veniva autorevolmente indicato nella citata Raccomandazione dell’UNESCO del 1966. Questo impone che i docenti dispongano di un proprio autonomo organismo, nazionale e con articolazioni regionali.
Esistono due soluzioni fino ad oggi praticate nella costruzione degli organismi autonomi delle professioni:
a. quella dell’Ordine professionale, che è la soluzione italiana nata con le libere professioni, collegate al mercato, e del tutto autoreferenziale;
b. la soluzione anglosassone del General Council, dove accanto a una maggioranza di professionisti eletti, sono previste rappresentanze delle istituzioni a tutela degli interessi sociali generali.
C’è infine in Italia un organismo a cui la docenza potrebbe in qualche modo ispirarsi ed è il Consiglio Superiore della Magistratura. La docenza è, come la giustizia, costituzionalmente tutelata e come tale ad essa potrebbe ispirarsi.
L’organismo di autogoverno della docenza dovrà essere definito per legge, ma dovrà coinvolgere a livello capillare gli insegnanti e le loro associazioni e non potrà in alcun modo essere proposto come atto unilaterale del governo, pena la sua delegittimazione prima ancora di essere varato. Non potrà nemmeno essere oggetto di contrattazione sindacale. Non è ambito né materia per interventi sindacali. C’è invece un enorme spazio per l’associazionismo professionale, che va in questo senso valorizzato e recuperato, come componente fondamentale della professione.

3. Una necessaria distinzione fra tre codici: codice deontologico, codice di comportamento, codice di disciplina.
Un’ulteriore questione da chiarire nella ridefinizione della professione docente – professione che gode di una propria autonomia, ma è insieme pubblica e dipendente – è l’intreccio fra tre codici: codice deontologico, codice di comportamento previsto dall’art. 54 del D.lgs. 165/2001, codice di disciplina. Occorre chiarire intanto che mentre la definizione del codice deontologico è compito del corpo professionale attraverso il proprio organismo di autogoverno, il codice di disciplina è materia contrattuale e va definito all’interno del contratto di lavoro. Così come per il codice deontologico, si considera importante e urgente anche la definizione di uno specifico codice di disciplina, che sia adeguato alla natura della professione docente, considerato che, solo per gli insegnanti, si fa tuttora riferimento alle vecchie norme generali degli impiegati civili dello stato, ossia al DPR 3/1957. Per quanto concerne invece la definizione di un ulteriore codice di comportamento, lo si considera sovrabbondante rispetto a quello deontologico, e si ritiene che la docenza possa conformarsi ai casi previsti dall’art. 54 comma 4 del D.lgs. 165/2001, laddove si prevede che per ciascuna magistratura e per l’Avvocatura dello Stato, sia la categoria ad adottare uno specifico codice etico.

IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEL CODICE DEONTOLOGICO DEGLI INSEGNANTI

Si è posto recentemente il problema se sia più efficace la formulazione di un solo codice generale per tutti gli insegnanti o la specifica formulazione di codici assunti dai docenti delle scuole autonome.
Si ritiene che le due ipotesi non siano in contraddizione. C’è da un lato un bisogno indilazionabile di “dare un volto” alla professione docente. Una professione è tale solo se i suoi tratti distintivi sono resi espliciti e riconoscibili. La docenza in Italia non è stata finora né definita né riconosciuta come professione. L’esplicitazione degli standard professionali e del codice deontologico ad opera di un proprio autonomo organismo si configura come un passaggio “obbligato” per la professionalizzazione degli insegnanti. Ciò non toglie che entro il quadro generale definito, i docenti delle singole scuole autonome possano in seguito puntualizzare proprie regole professionali più aderenti alla specifica situazione in cui si trovano ad operare, pur senza alterare i riferimenti fondamentali. Infatti l’adozione del codice deontologico potrà realmente incidere sull’azione educativa solo se sarà frutto di un reale confronto e di un profondo ripensamento della propria identità professionale da parte della comunità dei docenti, che sono tenuti a rispettarlo.
In tutte le società avanzate le etiche professionali sono diventate un elemento molto importante. Si configurano all’interno delle “etiche speciali” e sono assurte a strumenti per fronteggiare rilevanti necessità sociali. Non si tratta quindi di rigide, assolute norme comportamentali, bensì di regole deontologiche adeguate ai problemi che si devono affrontare. La capacità di individuare comportamenti capaci di dare risposta ai bisogni reali della società, rappresenta infatti una delle condizioni essenziali perché le società possano progredire.
Le ragioni per cui le professioni si danno codici etico-deontologici possono essere così sintetizzate:
1. per contemperare l'”autonomia professionale” (che è una delle caratteristiche “costitutive” delle professioni, insieme al sapere specialistico) con gli interessi dei fruitori delle prestazioni professionali, e con i più generali interessi e bisogni della società;
2. per promuovere alti standard di pratica professionale;
3. per stabilire un quadro di comportamenti e responsabilità che aiutino a costruire l’identità professionale;
4. per aumentare il senso di appartenenza alla comunità professionale;
5. per fornire ai membri della professione punti di riferimento ai fini dell’autovalutazione;
6. come segno di maturità professionale.

CODICE DEONTOLOGICO SOLO PER I DOCENTI O ANCHE PER I DIRIGENTI?

Infine un’ultima considerazione. Poiché il mandato ricevuto fa riferimento al “personale della scuola”, e non specificamente agli insegnanti, ci si chiede se un codice deontologico non debba interessare anche i dirigenti scolastici.
Se vogliamo allinearci con quanto si sta faticosamente tentando in altri Paesi, dobbiamo dire che anche i dirigenti scolastici devono avere uno specifico codice deontologico, così come specifici standard professionali.
Questo si sta facendo laddove sta crescendo l’attenzione per la figura e la funzione dei dirigenti scolastici come “leader educativi” o “leader per l’apprendimento”.

RACCOMANDAZIONI AL MINISTRO

Se è vero, come abbiamo ritenuto nelle considerazioni di merito, che la formulazione del codice deontologico è parte del più generale processo di professionalizzazione dell’insegnamento, è necessario avviare tutti quegli atti che sostengono e rendono possibile questo percorso. In particolare si raccomanda che:

1. sia distinta con chiarezza, fra le norme e disposizioni che definiscono e regolano la professione docente, la parte contrattualizzata da quella legificata, e che contestualmente al contratto si proceda all’aggiornamento dello stato giuridico, che dovrà riguardare e tenere conto di tutti gli aspetti messi in evidenza nelle precedenti considerazioni di merito riguardanti questo punto specifico. Si chiede anche che vengano distinti gli interlocutori rispetto a questi due ambiti – stato giuridico e contratto – in modo da evitare dannose confusioni dei ruoli. Questa distinzione di competenze risulta fondamentale per il processo di professionalizzazione della docenza, è infatti evidente che compete alle Associazioni l’affronto delle questioni legate alla professionalità e quindi allo stato giuridico e agli aspetti demandati all’autonomia del corpo professionale, mentre ai Sindacati l’affronto delle questioni più squisitamente contrattuali (retribuzione, orario di servizio, mobilità, congedi, diritti sindacali ecc..).

2. si proceda alla contestuale consultazione per varare l’organismo autonomo della docenza. Anche in tal caso, come precedentemente sottolineato, i referenti dovranno essere le associazioni professionali degli insegnanti, poiché i sindacati nulla possono e devono avere a che fare con tale organismo, che è tutto di natura professionale. Nel merito si ritiene che sia poco consona alla natura della funzione docente la creazione di un vero e proprio Ordine Professionale. Si considera più adeguato un organismo professionale simile ai General Teaching Councils dei Paesi anglosassoni, o – meglio – se si vuole un organismo che nel nostro Paese trovi riferimenti nel Consiglio Superiore della Magistratura. Si potrebbe ipotizzare un Consiglio Superiore della Docenza composto da una maggioranza di docenti eletti, a cui si aggiungano alcuni membri designati appartenenti all’Università e/o altre istituzioni di alta cultura. L’organismo della docenza dovrà essere autonomo e indipendente dalla Amministrazione e svincolato da qualsiasi forma diretta o indiretta di ingerenza sindacale, e assolutamente scevro da forme di cogestione con rappresentanze di genitori e studenti, che sarebbero una contraddizione in termini con l’emancipazione professionale degli insegnanti. Un tale organismo dovrebbe avere ampi poteri in relazione a:
” la garanzia e la promozione della libertà di insegnamento, costituzionalmente tutelata e precisata, e della libertà associativa;
” la definizione e il controllo degli standard di formazione iniziale e di accesso alla professione;
” la definizione e il controllo di standard di sviluppo per fasce di ulteriore e più elevata professionalità;
” la creazione e la gestione dell’Albo professionale, al quale dovrebbero essere iscritti obbligatoriamente tutti gli insegnanti abilitati, rendendo l’iscrizione condizione necessaria e indispensabile per esercitare la professione in tutte le scuole pubbliche, sia statali che paritarie, in condizione di ruolo o di supplenza;
” la definizione e gestione del codice deontologico.

3. Si dia ampia diffusione alle problematiche connesse alla elaborazione del codice deontologico e si avvii da subito il dibattito nelle scuole. A questo scopo si invita il ministro a rendere fruibile tutto il materiale elaborato dalla commissione, perché possa costituire il punto di partenza per una più ampia riflessione. Si considera, infatti, che il “processo” di costruzione del codice deontologico sia più importante della sua stessa definizione finale.

4. Nelle linee di indirizzo relative al rinnovo del contratto nazionale di lavoro del personale appartenente all’area autonoma dei docenti del comparto scuola, individuata a norma dell’art. 21 della legge 59/1997, venga espressamente indicata la definizione del codice disciplinare, che attualmente fa ancora riferimento al TU degli impiegati civili dello stato (Legge 3/57). Tali norme appaiono obsolete e poco rappresentative della condizione e dell’evoluzione che caratterizzano la funzione docente. Il nuovo codice disciplinare dovrà coordinarsi con i principi a cui si ispira il codice deontologico, nonché con le leggi e regolamenti di futura emanazione, anche attuativi del nuovo Titolo V della Costituzione.