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Donno 2001

Tra politica di potenza e cooperazione. L'Italia nel Mediterraneo orientale dal 1936 al 1956

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Coordinatore

   

ANTONIO DONNO

     

Titolo della Ricerca

   

TRA POLITICA DI POTENZA E COOPERAZIONE. L’ITALIA NEL MEDITERRANEO ORIENTALE DAL 1936 AL 1956

     

Finanziamento assegnato

   

134 , Euro 69205

     

Rd+Ra

   

65 , Euro 33569 (dichiarata all’atto della domanda)   

     

Durata

   

24 mesi

     

 Obiettivo della Ricerca

L’obiettivo della presente ricerca è quello di analizzare la presenza dell’Italia nel Mediterraneo Orientale nella fase espansiva del regime fascista (dalla guerra di Etiopia in poi)e negli anni del secondo dopoguerra, quando l’Italia si inserì in un quadro di alleanze internazionali dirette dagli Stati Uniti e volte a contrastare la penetrazione e l’influenza dell’Unione Sovietica nell’area in questione. Per quanto riguarda la prima fase,la ricerca dovrà stabilire i risultati raggiunti dall’azione italiana in un contesto caratterizzato dall’ostilità di Gran Bretagna e Francia e dalla competizione con la Germania nazista. Per la seconda fase, invece, occorrerà rianalizzare i termini in cui l’Italia fece parte della coalizione occidentale, quali furono i margini della sua azione politica, diplomatica ed economica, e quali furono i risultati conclusivi della sua azione. In sostanza, la ricerca ha come obiettivo una nuova analisi, in termini di continuità, della politica estera italiana verso il Mediterraneo orientale in un arco temporale che contiene una cesura significativa nella storia d’Italia: la caduta del fascismo, la nascita della Repubblica e la ridefinizione degli obiettivi della politica estera italiana verso una regione che già da tempo era considerata di interesse strategico per l’Italia. Il dato unificante dei due periodi presi in considerazione è, per l’appunto, l’interesse italiano verso una regione che, dal punto vista geopolitico come anche economico, rivestì un’importanza considerevole per l’Italia, anche se il mutamento radicale delle condizioni politiche e delle relazioni internazionali in cui essa operò non poté che causare una ridefinizione degli strumenti e degli stessi obiettivi della politica estera italiana nel Mediterraneo orientale.

Innovazione rispetto allo stato dell’arte nel campo

La storiografia esistente ha sempre chiaramente distinto tra la politica estera del fascismo e la politica estera dell’Italia repubblicana. Questa cesura non ha permesso di cogliere le continuità e le discontinuità tra le due politiche estere. La ricerca che qui si propone intende colmare questa lacuna, tenendo conto che il Mediterraneo Orientale, tradizionale scacchiere geopolitico dele regime fascista e, dopo la fine della guerra, delle politiche delle due superpotenze, rappresentò, sotto molti punti di vista, un’area geopolitica che l’Italia, pur inserita in un contesto di alleanze internazionali del tutto diverso da quello prebellico, intendeva coltivare al fine di mantenere un qualche legame con paesi del bacino del Mediterraneo che nel passato avevano rappresentato il tradizionale “sfogo” della politica mediterranea italiana. L’innovazione, dunque, consiste nell’analizzare – attraverso un’attenta distribuzione degli impegni di ricerca alle unità locali già esperte nel campo della politica estera fascista e a quelle del periodo repubblicano – un processo politico di presenza italiana nel Mediterraneo Orientale che, per quanto interrotta con la caduta del fascismo, si riattivò lentamente, in contesto di alleanze del tutto diverse, al fine di recuperare una significativa presenza italiana in un’area geopolitica, come il Mediterraneo Orientale, le cui risorse petrolifere rivestivano un interesse particolare per l’economia italiana.

Criteri di verificabilità

1) Acquisizione e confronto delle fonti documentarie delle singole unità per verificare la coerenza del progetto.

2) Pubblicazione di risultati parzioali in corso d’opera e verifica della loro valutazione da parte della comunità scientifica.

3) Organizzazione di un convegno internazionale e verifica del grado di consenso scientifico intorno sl progetto.

4) Pubblicazione degli Atti del convegno e di singoli studi conclusivi e verifica del consenso scientifico da parte della comunità degli studiosi.

Unità di Ricerca

1]  Unità di       Università degli Studi di LECCE

     Responsabile Antonio DONNO

     Rd+Ra      M£ 22 , Euro 11362 (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   M£ 34 , Euro 17559

 

     Compito

     

Il compito dell’unità leccese è affidato ad A. Donno, D. De Luca, P. Olimpo, V.Vantaggio, in quanto il tema è essenzialmente impostato sulla politica statunitense nel Mediterraneo orientale dal 1945 al 1956, che è la pietra di paragone per valutare l’azione della diplomazia italiana nello stesso teatro e negli stessi anni, ma in un contesto di alleanze internazionali completamente diverso. Gli Stati Uniti divennero la potenza egemone nel Mediterraneo orientale, in contrapposizione all’Unione Sovietica ed i concorrenza con la Gran Bretagna e con la Francia. Washington elaborò prima la Dottrina Truman, che ebbe una sua immediata applicazione al teatro mediorientale, poi varò il Piano Marshall. In entrambi i casi il rafforzamento dell’alleanza occidentale ebbe un riflesso significativo sul controllo politico e militare del Mediterraneo orientale: la progressiva influenza americana in Medio Oriente, al posto della Gran Bretagna, rappresentò un efficace contraltare alla politica mediorientale dell’Unione Sovietica e stabilì un deciso controllo sul petrolio di quella regione. Benché all’inizio alquanto titubante nell’inserirsi in un teatro della guerra fredda diverso da quello europeo, giudicato prioritario, gli Stati Uniti svilupparono un’azione sempre più incisiva, anche se non sempre coerente, almeno nelle linee generali: controllo navale del Mediterraneo orientale; sostegno alla Grecia e alla Turchia, paesi cruciali nella strategia americana; opposizione allo sviluppo di regimi nazionalistici potenzialmente neutrali o favorevoli all’Unione Sovietica (crisi iraniana del 1945-46 e del 1951-53); sostegno alla nascita dello Stato di Israele come punto di riferimento dell’Occidente nell'”inner core” mediorientale; tentativo di creare sistemi di alleanze regionali al fine di controllare le vie del petrolio e impedire l’ingresso del comunismo sovietico al fianco dei regimi nazionalisti arabi. Questa complessa strategia, non sempre lineare ma progressivamente efficace, fu elaborata da Washington in collaborazione, ma anche in competizione con la Gran Bretagna (vedi il caso della Middle East Defense Organization), che non si rassegnava a perdere la propria influenza nel Medio Oriente. La crisi di Suez del 1956 sancirà la crisi definitiva della leadership inglese nel Medio Oriente e l’ingresso degli Stati Uniti come garante degli interessi occidentali nella regione.
Pur inserita nelle strategie delle alleanze occidentali, la politica estera italiana tentò di mantenere una sua specificità e di raggiungere livelli di influenza in alcune aree del Mediterraneo che erano giudicate necessari per il prestigio dell’Italia nella regione e per guadagnare mercati e petrolio. Lo scopo della ricerca, in conclusione, mira a definire il ruolo dell’Italia in un contesto di alleanze internazionali dominato dagli Stati Uniti e regolato dalla presenza strategica di Washington nel Mediterraneo orientale.
Le principali fonti della ricerca sono i documenti presenti negli archivi del Ministero degli Esteri italiano, mentre per gli Stati Uniti e per la Gran Bretagna i documenti del Dipartimento di Stato americano e del Foreign Office britannico.

2]  Unità di       Università degli Studi di PERUGIA

     Responsabile Luciano TOSI

     Rd+Ra      M£ 24 , Euro 12394 (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   M£ 33 , Euro 17043

 

     Compito

     

Il programma dell’unità di Perugia mira a studiare un aspetto particolare della politica mediorientale italiana, ovvero i progetti e le iniziative di cooperazione economica e culturale elaborati nel periodo oggetto di analisi del più generale programma di ricerca. Il progetto, pur prendendo in esame un arco di tempo ben definito, si pone in una prospettiva di analisi di lungo periodo nella convinzione che le motivazioni e le conseguenze culturali, politiche ed economiche della politica di cooperazione tra l’Italia e l’area del Mediterraneo orientale trascendano il periodo in esame. L’Italia ha guardato con costante favore alla cooperazione internazionale per varie ragioni: per l’essere una media potenza, per soddisfare le sue esigenze di carattere economico e sociale, per motivazioni ideali e per tradizioni culturali. Il ruolo e l’importanza che la diplomazia multilaterale hanno avuto nella politica estera italiana non sono stati sempre gli stessi. Alle prime simpatie manifestate dai responsabili italiani nei confronti della cooperazione internazionale all’inizio del secolo Ventesimo subentrò l’ostilità del fascismo verso la stessa, dal momento che il regime sul piano internazionale fece della politica di potenza uno dei suoi tratti distintivi. Se tuttavia il fascismo fu ostile alla cooperazione internazionale, ciononostante pensò e tentò di utilizzare la Società delle Nazioni per favorire la soluzione dei problemi strutturali del paese, in particolare i problemi dell’emigrazione e dell’approvvigionamento di materie prime, come testimoniano numerose prese di posizioni al riguardo di Dino Grandi e dello stesso Mussolini. Anche per via di una certa convergenza di vedute in materia di politica economica internazionale tra la SdN e l’Italia fascista, quest’ultima fino agli anni immediatamente successivi alla crisi del 1929, fu una delle più solerti sostenitrici dell’azione della Lega in campo economico, della sua politica liberista e dei suoi tentativi di concertazione economica internazionale e fu assai attiva nell’ambito degli organismi economici societari. A più riprese i delegati italiani sollevarono in seno alla SdN il problema del commercio internazionale delle materie prime e, in stretta consonanza con i responsabili economici della Lega , auspicarono che quest’ultima favorisse la soppressione dei prezzi differenziati, la stipula di accordi volti a rimuovere gli ostacoli al commercio tra stati produttori e stati consumatori, specie per il carbone e il petrolio, e l’applicazione del principio della “porta aperta” per i mandati. Essi si scontrarono però soprattutto con l’opposizione della Gran Bretagna, che non intendeva vincolare il proprio commercio ad accordi di sorta ma preferiva agire in regime di monopolio. Il gruppo di ricerca si propone di studiare questo argomento attraverso: 1) l’analisi della bibliografia critica esistente, 2) lo spoglio sistematico della pubblicistica del periodo in esame, libri, opuscoli, giornali e riviste, 3)ricerche negli archivi dei Ministeri degli Affari Esteri in Italia, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e nelle più importanti capitali mediorientali. Una volta raccolto il materiale documentario ci si propone la stesura di vari saggi sull’argomento.

3]  Unità di       Università degli Studi di NAPOLI “Federico II”

     Responsabile Matteo PIZZIGALLO

     Rd+Ra      M£ 7 , Euro 3615 (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   M£ 33 , Euro 17043

 

     Compito

     

All’indomani degli Accordi italo-inglesi del 1938 il riconoscimento del preminente ruolo mediterraneo dell’Italia risultava particolarmente rafforzato. Mai forse il Mediterraneo era stato (più nell’immaginario collettivo, meno nella realtà) così “Mare nostrum” come sul finire del 1938. A vigilare sul “Mare nostrum” c’era, prezioso strumento della politica di potenza del regime, una poderosa armata navale, composta da moderne unità di superficie e da oltre cento sommergibili, quasi tutti di recente costruzione. Un flotta poderosa che, secondo le vecchie imostazioni strategiche di certi ammiragli, solo per la sua stessa esistenza, era in grado di esercitare un forte potere di dissuasione nei confronti del nemico. Purtroppo, nel corso della guerra sul mare, le cose andarono in maniera diversa. Ed il tanto celebrato “Mare nostrum” diventò un mare nemico. Al termine del conflitto lo scenario strategico del Mediterraneo sul quale comìnciava ad allungarsi la cortina di ferro, risultava completamente mutato. In seguito, per effetto del progressivo deterioramento del quadro internazionale e con l’acuirsi dei rapporti fra Occidente ed Oriente, anche il Mediterraneo cambiava progressivamente, registrando una sempre più marcata presenza di unità navali americane destinata a diventare stabile.In questo quadro la ricerca si propone di esaminare il ruolo della Marina Militare italiana che, assorbito il terribile urto del Trattato di pace (che imponeva drastiche limitazioni),iniziava lentamente la sua opera di ricostruzione. Quel che restava della flotta, antico strumento della politica di potenza doveva trasformarsi radicalmente per tornare comunque ad esercitare una presenza internazionale. Una presenza internazionale diversa, in grado di testimoniare la nuova politica di cooperazione e di amicizia della Repubblica italiana nei confronti dei Paesi arabi del Mediterraneo. Si prevede la seguente articolazione della ricerca:
A) Indagine diretta delle fonti archivistiche italiane ed estere con particolare riferimento all’Archivio Storico della Marina Militare italiana in larga parte inesplorato per il periodo relativo al secondo dopoguerra
B) Presentazione dei risultati anche parziali della ricerca in seminari, convegni e pubblicazioni.

4]  Unità di       Università degli Studi di BARI

     Responsabile Italo GARZIA

     Rd+Ra      M£ 12 , Euro 6197 (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   M£ 34 , Euro 17559

 

     Compito

     

Nonostante l’esistenza ormai di numerosi studi sulla politica estera fascista, rimangono ancora da esplorare molti aspetti dell’azione italiana nell’Oriente mediterraneo. Come abbiamo precedentemente sottolineato, la storiografia sia italiana che straniera si è concentrata sugli aspetti generali dei rapporti politici dell’Italia con le grandi potenze europee, tralasciando l’analisi dei caratteri specifici dell’attività non solo diplomatica, ma anche economica, culturale e ideologica, che la classe dirigente italiana condusse nei Paesi del Mediterraneo orientale. In sostanza si può affermare che non è stato ancora affrontato in maniera sistematica ed esauriente il problema, cruciale nella politica dell’Italia fascista fra anni trenta e quaranta, della creazione di un “nuovo ordine” nell’area mediterranea. Il fascismo progettava la costruzione di un grande spazio imperiale dominato politicamente ed economicamente dall’Italia, al cui interno avrebbero convissuto la grande potenza imperiale, i piccoli stati protetti ed egemonizzati, e le colonie sotto il diretto dominio italiano. I vertici politici, economici e culturali del regime si impegnarono a partire dalla seconda metà degli anni trenta in una vasta opera di riflessione e in un vivace dibattito sulle forme concrete e i principi direttivi che questo progetto imperiale avrebbe dovuto assumere. Larga testimonianza di ciò è facilmente riscontrabile nella stampa e nella pubblicistica dell’epoca e negli archivi italiani. Poco sappiamo sui progetti concretamente elaborati dalla classe dirigente fascista relativi alla sistemazione definitiva dei Balcani e del Vicino Oriente in caso di vittoria nella guerra mondiale. Oltre al reperimento delle fonti e della letteratura edite, l’approfondimento di queste tematiche necessita innanzitutto di ricerche sistematiche di carattere archivistico da condurre sia in Italia sia all’estero. Non si può prescindere da uno studio attento del materiale conservato presso l’Archivio del Ministero degli Affari Esteri italiano, in particolare nel fondo, recentemente riordinato, delle carte di gabinetto, fonte indispensabile per la ricostruzione dell’azione diplomatica del governo italiano, ma anche negli archivi delle ambasciate e legazioni, che conservano tuttora documentazione mai utilizzata. Del tutto inesplorato è inoltre l’Archivio della Direzione Affari economici, il cui utilizzo potrebbe senz’altro contribuire a rispondere ad alcuni dei quesiti appena posti. Altrettanto importante e fondamentale è un’indagine del materiale conservato nell’Archivio Centrale dello Stato: le carte della Segreteria particolare del Duce, gli archivi dei vari ministeri e la documentazione privata di vari esponenti del regime fascista costituiscono un insieme di fonti di grande interesse per la comprensione del decision making dell’Italia mussoliniana. Uno studio sul Mediterraneo Orientale non può essere realizzato senza l’indispensabile esame del materiale documentario conservato nel Public Record Office di Londra, nel Quai d’Orsay di Parigi e, per quanto riguarda in particolare i Balcani, negli archivi della Wilhelmstrasse in Germania. Si rendono senz’altro necessarie ricerche mirate negli archivi e nelle biblioteche delle maggiori capitali balcaniche, come Belgrado, Atene, Sofia, Bucarest, Ankara, Zagabria, Tirana, Skopije, al fine di completare, anche con la testimonianza delle nazioni coinvolte nei velleitari progetti mussoliniani, la ricostruzione della politica italiana nell’Oriente mediterraneo.