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Economia e società al tempo del piano Marshall: il caso di Trieste

Coordinatrici: Elisabetta Vezzosi  (Università di Trieste) –  Anna Vinci (Università di Trieste)
Giovedì 22 settembre
I Sessione: 16.00-20.00
Aula B – Sezione Stecca

Con questo panel, in una prospettiva diversa da quella adottata finora dalla storiografia, si intendono approfondire soprattutto gli aspetti delle trasformazioni economiche e sociali, di cambiamento della vita quotidiana, di innovazione nell’approccio politico, culturale e formativo che hanno caratterizzato la città negli anni del Governo militare alleato e del Piano Marshall. Si vogliono quindi mettere il luce innanzitutto gli elementi di convergenza e/o di differenziazione del caso triestino rispetto alle esperienze vissute contemporaneamente dagli altri paesi occidentali interessati dagli aiuti americani. Con l’inclusione del TLT nel piano ERP (estate 1948), la vicenda triestina in effetti non sembra discostarsi in maniera evidente dalle contemporanee esperienze degli altri paesi ammessi agli aiuti americani: semmai ne costituisce, per le particolari situazioni storico-ambientali, una declinazione più complessa ed originale. Un secondo percorso di approfondimento riguarda la società nei suoi vari aspetti, dai modi del porsi quotidiano nei confronti della politica, alle “prove di democrazia” che la città mette in campo: a tale riguardo l’intervento anglo- americano si propone spesso come modello da offrire all’inquieta Trieste del tempo. Lo sforzo per la riconquista di una normalità quotidiana interseca il quadro degli eventi politici: per la popolazione vi è la necessità di far quadrare il proprio bilancio mensile insieme al desiderio di riscoprire una speranza di vita dignitosa e momenti di esistenza finalmente “normali”. Vanno soprattutto considerati i costi materiali e umani che interessano i segmenti della popolazione più penalizzati dalla guerra: sono quindi importanti le politiche di accoglienza e di soccorso progettate da diversi soggetti istituzionali, con modalità che risentono di antiche tradizioni, pur aprendosi alle nuove proposte del Governo Militare Alleato. Un ulteriore percorso infine intende sviluppare i temi della cultura, con particolare riguardo all’universo formativo, nelle sue forme istituzionalizzate (scuola e Università) e non (associazioni, cinema, musica, ecc.).

Programma
  1. Anna Vinci – Elisabetta Vezzosi(Università di Trieste) – Politica, società e cultura nella Trieste del secondo dopoguerra

    L’intervento avrà carattere introduttivo per quegli aspetti che riguardano la ricostruzione postbellica a Trieste con particolare riferimento alla difficile ripresa della vita democratica, in mezzo alle lacerazioni profonde dello scontro nazionale e ideologico in atto al confine orientale (ancora da definire nelle trattative di pace). Si può parlare di vere e proprie “prove di democrazia”, in particolare sul terreno di una rinnovata definizione dei diritti politici e sociali e su quello del “buon governo” nella vita pubblica e amministrativa. Il modello americano e le forti suggestioni nazionali e ideologiche contrapposte incidono a loro volta sui problemi (e sui modi) della ricomposizione sociale urbana e sullo sviluppo dei progetti culturali per una città inquieta.

  2. Giulio Mellinato (Università di Trieste) – Industria e lavoro tra rilancio economico e ricerca del consenso

    La storiografia ha prodotto finora soltanto quadri parziali oppure ha fortemente sovradimensionato il ruolo del dibattito internazionale nel quale Trieste era un oggetto, non un soggetto della storia. Sono stati trascurati, se è vero che ricostruzione del percorso evolutivo della città passa in primo luogo per la sua storia economica ed industriale, i notevoli spunti di innovazione che la presenza angloamericana ha apportato al sistema economico locale, così come non è stato inserito nell’adeguato contesto lo sforzo compiuto dal Gma per riprogrammare dalle fondamenta il destino economico della città. A partire dall’estate del 1948, con l’inclusione del TLT nel programma di aiuti del Piano Marshall, l’uso dell’abbondante disponibilità di risorse dovette tenere conto dei contrasti tra il governo civile cittadino, il GMA, il governo italiano, i consolidati interessi locali e sullo sfondo minaccioso il governo jugoslavo. La politica economica che ne seguì ed i risultati effettivamente raggiunti non potevano che essere il compromesso fra questi diversi interessi.

  3. Antonietta Colombatti (Università di Trieste) – I percorsi della vita quotidiana

    Dopo gli sconvolgimenti della guerra, le privazioni materiali e morali generate dal conflitto, la riconquista di una normalità quotidiana non è facile. Le famiglie si confrontano con gli esempi di emancipazione femminile e di redistribuzione dei ruoli domestici che in particolare le famiglie americane avevano importato in città. Ma la famiglia triestina media deve soprattutto confrontarsi con la necessità di far quadrare il proprio bilancio mensile: redditi, consumi, la ricostituzione di una minima dignità di esistenza, ma anche le scelte alimentari, gli spazi della propria vita, i momenti salienti di una esistenza finalmente “normale” (battesimi, cresime, matrimoni, funerali), nonché le occasioni per ritrovarsi in gruppi omogenei. Verranno poi indagati i luoghi delle diverse sociabilità (trattorie più o meno unte, osterie più o meno paesane, caffè e ritrovi popolari, feste di piazza e sagre, ecc. ecc.).

  4. Patrick Karlsen (l’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione di Trieste) – Formazione e vita culturale tra Italia e America

    In primo luogo va tenuta presente la ripresa dell’attività libera e democratica all’Università e nelle scuole medie superiori. Le istituzioni formative svolgono in questi anni un ruolo cruciale, aprendosi al dibattito sui diversi sistemi educativi di stampo occidentale (e su quello americano in particolare). L’università, a sua volta, diventa un luogo simbolico di forte identificazione nazionale. A tutto ciò si associa quello che si può definire “l’apprendistato dei giovani” alla democrazia: i circoli, i fogli a stampa, le competizioni elettorali, le voci dei protagonisti dentro e fuori le mura dell’ateneo giuliano. All’attività culturale giovanile si intreccia uno slancio vivace di partecipazione alla vita culturale che attraversa tutta la città: l’influenza della produzione americana è forte ma fa i conti anche con la presenza di modelli alternativi.

  5. Gloria Nemec (Università di Trieste) – Le patologie sociali del secondo dopoguerra

    In questo caso le fonti privilegiate sono le Relazioni annuali e i materiali prodotti da enti ed associazioni (Es. per l’inaugurazione degli anni giudiziari, relazioni medico sanitarie Ufficio Igiene, ECA, Opera profughi, Associazioni famiglie caduti e dispersi, ecc.), in riferimento alle seguenti tematiche: – a. il pauperismo diffuso; le condizioni di vita, le forme di assistenza e di reinserimento di categorie particolarmente colpite dalla guerra (deportati, vedove e orfani, profughi ed esuli); la ricerca dei dispersi, i tratti di una città in lutto; la difficile “normalità” di chi ritorna dai vari fronti, dalla prigionia, dallo sbandamento più brutale sulle vie dell’Europa distrutta. – b. le patologie sociali più documentate: la microcriminalità, la disoccupazione e le abitazione d’emergenza, l’andamento dei ricoveri ospedalieri, la mortalità infantile e l’abbandono dei minori, la prostituzione, l’alcoolismo, ecc.

Discussant: David Ellwood (Università di Bologna)