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Fonti “spazzatura” e storia sociale

Paolo Pezzino
Quaderni I/2001
SEGRETI PERSONALI E SEGRETI DI STATO.
Privacy, archivi e ricerca storica

a cura di Carlo Spagnolo
Parte II
Fascicoli e archivi segreti

E’ risuonato più volte oggi pomeriggio il richiamo ad una differenziazione tra documenti di interesse storico da una parte e documenti ormai inutili o irrilevanti (documenti “spazzatura”) dall’altra. Si è detto che, naturalmente, i documenti di interesse storico devono essere conservati, sia pure dopo il vaglio di commissioni all’interno delle quali gli storici come categoria siano rappresentati, mentre i documenti inutili e spazzatura possono essere, o forse è bene che siano, eliminati. Dal mio punto di vista è molto difficile stabilire quali siano i documenti di interesse storico e quali quelli “inutili”. Se penso al panorama della storiografia di trent’anni fa e a quello che ha significato, per la storiografia e per la rilevanza delle fonti, l’ esplosione della storia sociale negli ultimi trent’anni, che ha moltiplicato quelle che vengono oggi considerate fonti significative ma che ancora trenta, quaranta anni fa potevano essere considerate “spazzatura”, sono molto preoccupato da ipotesi di distruzione di documentazione ritenuta di scarso interesse. Quali sono i documenti che noi possiamo considerare non rilevanti per lo storico? E chi ci assicura che documentazione oggi di apparente scarso interesse non venga a rendersi necessaria per futuri filoni di ricerca? In linea teorica qualsiasi tipo di documentazione ha, sia pur potenzialmente, un interesse per lo storico, magari per quello del futuro.
La mia preoccupazione per l’ipotesi di distruzione di documentazione “spezzatura” è rafforzata poi dalla peculiarità della situazione italiana in particolare. Noi, è inutile che ce lo nascondiamo, abbiamo avuto vicende nell’ultimo cinquantennio particolarmente gravi sulle quali ancora molto c’è da indagare, anche sul terreno dell’analisi storiografica: criminalità organizzata, terrorismi, stragi, intrecci ancora poco chiariti fra trame eversive e spezzoni di apparati statali. Credo che pochi paesi abbiano istituito una Commissione parlamentare antimafia come commissione permanente, 130 Segreti personali e segreti di Stato non so quanti paesi abbiano una commissione che si chiama Commissione stragi, il che sta ad indicare che effettivamente c’è un nodo di rapporti, di relazioni, tra politica, criminalità più o meno organizzata, terrorismo e progetti eversivi, di intreccio fra legalità e illegalità : su questi nodi della storia dall’Italia gli storici stanno discutendo: qualcuno ha teorizzato l’esistenza in Italia di un “doppio Stato”, altri di un’altra storia o di una “vera storia” dall’Italia, che sarebbe quella ricostruita dai giudici e magistrati in processi, come ad esempio il processo Andreotti. Personalmente sono molto critico nei confronti di questo tipo di interpretazione, ma è indubbio che le ricorrenti distruzioni di documentazione da un lato, le voci che si continuano a rincorrere su progetti di distruzione dall’altro, favoriscono quelle che io chiamerei ipotesi “complottiste” della storia dall’ Italia. Io credo che lo storico non troverà mai negli archivi documenti tali che possano, come dire, illuminare di luce nuova o diversa la storia dall’Italia, o provare le responsabilità politiche (“i mandanti”) di episodi dei quali ancora non si ha certezza neanche per quanto riguarda gli esecutori. Se vi ricordate, un paio dall’anni fa si è diffuso un grande interesse per documenti sulla strage di Portella della Ginestra che erano secretati presso la Commissione parlamentare antimafia: quei documenti sono stati desecretati ma non ci hanno detto assolutamente niente di nuovo, com’era del resto plausibile, in termini di notizie precise e clamorose, di “rivelazioni”, come molti si aspettavano. Hanno contribuito invece ad approfondire la nostra conoscenza del contesto di quella strage: del resto la storia è scienza del contesto, e non può essere ridotta a proposizione di improbabili scoops giornalistici. Comunque non vorrei che politiche meno che chiare in tema di conservazione dei documenti possano continuare ad alimentare interpretazioni della storia dall’Italia che ritengo poco feconde.
Allora, l’invito che farei è che si conservi tutto ciò che riveste un sia pur minimo sentore di interesse storico, e si conservi soprattutto tutto ciò che è stato prodotto illegalmente, perché naturalmente questi saranno documenti essenziali per lo storico del futuro, non solo per fare la storia delle istituzioni che hanno prodotto questi documenti illegalmente, ma anche per fare storia politica e sociale. La storia sociale del futuro, per esempio, potrà anche essere fondata su documenti che siano particolarmente indiscreti nello spiare, che so, la vita sessuale delle persone. Naturalmente tutto ciò comporta una rigorosa normazione dell’accesso a questa documentazione, che dev’essere trattata in maniera particolarmente rigorosa e sensibile alle esigenze dei diritti degli individui i cui nomi compaiono nella documentazione in questione; comporta, io credo, una presa di responsabilità da parte degli archivisti che vanno, a mio avviso, investiti anche della gestione di questa documentazione sulla quale attualmente, mi pare di capire, loro non hanno voce importante in capitolo, perché sono, ad esempio, i servizi segreti, come ha spiegato Brutti, che decidono che cosa scartare e che cosa conservare; comporta anche quella presa di responsabilità da parte degli storici alla quale Paola Carucci stamattina ci richiamava e che io condivido particolarmente. Detto ciò, l’invito è ad evitare distruzioni ulteriori di documenti, non solo per i motivi detti da altri, cioè che le distruzioni sono inutili perché poi i documenti girano lo stesso, ma anche perché questo alimenta una cultura del sospetto che è esattamente il contrario di quella certezza dei diritti e della legalità della quale anche la cultura storiografica oggi ha bisogno.