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I contenuti essenziali per la formazione di base

COMMISSIONE DEI SAGGI:
I CONTENUTI ESSENZIALI
PER LA FORMAZIONE DI BASE

Presentazione

Ci si confronta, oggi su questioni di struttura, decisive per il disegno di una nuova scuola, e per la valorizzazione di quanto innovativo già presente nella nostra scuola.

Ma accanto all’autonomia e alla riforma dei cicli forse dentro di esse, non va trascurata; quella dei “contenuti”, cioè dei saperi in senso lato (valori, conoscenze, competenze) che si vorranno far apprendere e insegnare.

Siamo in presenza di una grossa trasformazione dei regimi dell’esperienza e della conoscenza, dovuta non solo agli effetti della città dei media, ma anche alle rivoluzioni epistemologiche che hanno caratterizzato la scienza, l’arte, la tecnologia e le condotte collettive nel corso del presente secolo. La scuola non può essere investita da questa trasformazione.

Non le basta aggiornarsi. Deve essere messa nelle condizioni di ridefinire il suo tessuto culturale, anche nella prospettiva della globalizzazione.

Non è in gioco soltanto l’esigenza di approntare “nuovi programmi”. Si tratta invece di dare alla formazione scolastica un assetto epistemologico che le consenta di entrare in sintonia con tali trasformazioni.

Su questo terreno già si è mosso il Ministero della Pubblica Istruzione, incaricando una commissione, detta dei saggi, di definire i saperi irrinunciabili per il complesso della formazione scolastica del prossimo futuro. La commissione ha lavorato nei primi mesi del 1997 e l’Ipertesto che ne è scaturito, che documenta il lavoro compiuto, è stato prontamente reso di dominio pubblico. Se ne è molto parlato, nei mesi scorsi, e non solo dentro i confini nazionali, essendo, quello dei saperi, uno dei terreni di frontiera dell’innovazione scolastica, nel contesto europeo, e non solo lì. Procedendo nella direzione di una ulteriore articolazione della proposta, il Ministro Berlinguer ha incaricato un piccolo gruppo di esperti di elaborare un documento sintetico sui saperi di base per una formazione obbligatoria calcolata su un arco di dieci anni.

Ne è venuto il testo che qui riproduciamo, presentato e discusso nell’incontro promosso da Ministero e Accademia dei Lincei il 20 marzo 1998.

Esso vuole essere la base per un confronto collettivo, interno ed esterno alla scuola, che porti, entro il prossimo mese di giugno, ad un documento altrettanto sistematico e conciso, col quale procedere alla stesura di nuovi programmi e alla definizione di standard per le verifiche di qualità.

L’impegno che si chiede a quanti vorranno collaborare a questa “scrittura collettiva” è che adottino lo stesso stile, misurandosi non con le singole parti ma con il complesso del documento, dunque con una visione d’assieme del tessuto culturale proprio di una scuola che funga da base effettiva per la formazione dei giovani.

Questo documento sviluppa la riflessione sulle conoscenze fondamentali operata dalla Commissione dei Saggi (gennaio / maggio 1997), orientandola sulla scuola che fa da base alla formazione dell’individuo, nella prospettiva dei dieci anni dell’obbligo. Su incarico del Ministro esso è stato redatto da un gruppo composto da: Roberto Maragliano, Clotilde Pontecorvo, Giovanni Reale, Luisa Ribolzi, Silvano Tagliagambe e Mario Vegetti


Premessa

Il testo che segue è stato elaborato a partire da due principi condivisi dai membri del gruppo:

  • nella definizione dei fondamentali occorre muovere non da un a-priori ideologico, dall’immagine di un individuo ideale, ma dall’esigenza di definire saperi e valori che possano risultare comuni a tutti i cittadini, indipendentemente dalla religione, dall’etnia, dallo stato sociale, dal sesso, al termine del percorso della scolarità obbligatoria (quale che sia l’ambito in cui avviene), su una durata probabile di dieci anni;

  • è opportuno ragionare non tanto di materie o di programmi, quanto delle attese delle componenti della società civile (ragazzi, famiglie, mercato del lavoro), e anche delle attese dei professionisti della scuola.

Il gruppo, che ha limitato il suo lavoro all’elaborazione del quadro dei contenuti essenziali della formazione di base, ritiene comunque di dover riprendere e rinforzare le indicazioni di metodo presenti nelle tre sezioni del documento finale della commissione dei saggi (maggio 1997) dedicate rispettivamente alla forma dei programmi, al ruolo dei docenti, alla sfida posta dalle tecnologie della conoscenza:

2.3. Si deve sviluppare una nuova modalità di organizzazione e stesura dei programmi, che preveda l’indicazione dei traguardi irrinunciabili e una serie succinta di tematiche portanti.
E’ necessario operare un forte alleggerimento dei contenuti disciplinari.”

2.4. Tutto ciò comporta un forte investimento negli insegnanti: nel gusto per l’insegnamento, nel senso morale, nel piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere.
La scuola deve diventare un luogo di vita e di apprendimento per docenti e studenti: per far questo ci vogliono spazi e tempi adeguati e vivibili.
Va progettato un grande lavoro collaborativo imperniato sull’interazione nei due sensi fra scuola da un lato e università e centri di ricerca dall’altro. Gli obiettivi di questo sforzo consisteranno nella riqualificazione culturale dei docenti (accompagnata dalla drastica eliminazione dell’attuale cumulo di inutili procedure burocratiche) e nella riapertura delle vie di passaggio tra scuola e università. La professione dell’insegnamento dovrà tornare ad essere culturalmente e socialmente desiderabile, grazie anche a nuovi profili di carriera e adeguati riconoscimenti economici.”

1.7 Le tecnologie possono essere viste come veicoli. Oppure come ambienti di formazione dell’esperienza e della conoscenza. Nel primo caso il loro apporto alla formazione sarà puramente strumentale: permettono di risparmiare tempo (e talvolta denaro), ma non incidono sulla qualità culturale dell’insegnamento e dell’apprendimento. Nel secondo caso il ruolo che svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche e soprattutto sul piano epistemologico”.

Le considerazioni che seguono vanno dunque intese come:

  • il quadro dei saperi di base che tutti i giovani devono solidamente possedere all’uscita della formazione scolastica obbligatoria, e sui quali poggiare, con la scolarizzazione successiva ed anche con ogni altra iniziativa di formazione, formale o non formale, quelle capacità di adattamento e di cambiamento che sono sempre più richieste dalle trasformazioni in corso in ogni ambito della vita sociale;

  • il quadro di riferimento comune entro il quale mettere alla prova una nuova modalità di articolazione dei programmi e approdare alla fissazione di standard formativi che abbiano validità per tutto il territorio nazionale e nello stesso tempo costituiscano un passaporto per la circolazione internazionale delle competenze e delle conoscenze;

  • lo stimolo a promuovere in tutte le sedi possibili (l’editoria scolastica tradizionale e multimediale; l’università e i centri di ricerca; gli insegnanti, nell’ambito dei poteri loro attribuiti dall’autonomia scolastica) un confronto iniziale e un impegno continuo di elaborazione, sul piano culturale e su quello didattico.

La costruzione di un curricolo scolastico presuppone sempre il problema della sua giustificazione. Occorre che ciò che si insegna valga la pena di essere insegnato, tenendo presente due diversi livelli: da un lato, è sempre necessario operare una scelta nella pluralità dei saperi, collegandola all’interpretazione delle esigenze del momento storico, e inevitabilmente si scontenterà qualcuno; dall’altro lato, poiché quanto si insegna deve avere un valore formativo agli occhi sia degli insegnanti che degli utenti della scuola, altrettanto inevitabilmente si avranno dei contrasti legati alla concezione del valore attribuitogli.

I contenuti irrinunciabili

Compito fondamentale della scuola è garantire a chi la frequenta:

  • lo sviluppo di tutte le sue potenzialità e la capacità di orientarsi nel mondo in cui vive (sia esso l’ambiente di più diretto riferimento, o lo spazio sempre più esteso della comunicazione e dell’interscambio), al fine di raggiungere un equilibrio attivo e dinamico con esso;

  • l’assimilazione e lo sviluppo della capacità di comprendere, costruire, criticare argomentazioni e discorsi, per dare significato alle proprie esperienze e anche difendersi da messaggi talvolta truccati in termini di verità e di valore.

Porsi questo obiettivo significa impegnare la scuola ad una duplice finalità:

  • delineare una mappa delle strutture culturali di base, necessaria per il successivo sviluppo della capacità di capire, fare, prendere decisioni, progettare e scegliere in modo efficace il proprio futuro, innescare processi di integrazione culturale, sociale e lavorativa;

  • assumere un impianto formativo che riconosca il valore imprescindibile della tradizione storica, e lo ponga in relazione con la contemporaneità e con il contesto culturale e sociale.

1. Una particolare attenzione va dedicata alla comprensione e alla produzione del discorso parlato e scritto, in tutta la pluralità di testi possibili, sollecitando sia l’efficacia della comunicazione sia il controllo della validità dei ragionamenti. La pratica degli usi funzionali più diversificati della lingua parlata e scritta significa familiarizzare con i diversi generi di discorso: un’esperienza da iniziare presto nella scuola di base, ma che andrà continuata, ripresa e approfondita ai livelli ulteriori.

Bisogna preparare tutti i giovani alle tecniche della scrittura e della lettura, fornendo loro capacità fondamentali che oggi risultano largamente compromesse. Si impone quindi fin dall’inizio del percorso scolastico la necessità di valorizzare i metodi idonei a dar la padronanza della lingua italiana ai giovani, e a farne comprendere la struttura. Andranno ridisegnati metodi di analisi del discorso, di sintesi e parafrasi testuale, e di controllo della parola nelle diverse modalità enunciative.

Soprattutto nelle prime fasi scolastiche occorre provvedere alla sostituzione, almeno parziale, di alcuni sistemi legati alla didattica tradizionale: il “tema” come composizione retorica in molti casi non è idoneo agli scopi ora indicati, e può con efficacia essere integrato in forma crescente (fino alla sua eventuale sostituzione) da attività di scrittura breve, funzionale, di rielaborazione e via dicendo. Il giovane deve essere preparato innanzi tutto alla comprensione e alla produzione di messaggi scritti pratici e essenziali, condizione necessaria per la successiva acquisizione delle capacità di assimilare ed elaborare correttamente discorsi più complessi, e di argomentare in modo più approfondito e appropriato.

Naturalmente, ciò comporta anche la messa in atto di tecniche per la lettura di testi, in particolare dei classici, che esigono capacità di concentrazione e riflessione. Ma la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile, come scoperta di un libro che stimola la ricerca di altri libri. Accanto all’esperienza tradizionale del lettore catturato dal testo si dovrebbe anche coinvolgere i giovani nell’esperienza del lettore partecipe-cooperante, del lettore-attore e, al limite, del lettore-autore.

La capacità di proiettarsi nello spazio sempre più esteso della comunicazione e dell’interscambio deve essere assicurata proponendo a tutti, fin dai primi anni di scuola, accanto all’italiano come lingua madre per i più (ma anche come lingua straniera per gli immigrati), e, nelle aree di bilinguismo del nostro paese, alle lingue del luogo, l’apprendimento e l’uso di un inglese essenziale, finalizzato alla partecipazione attiva a situazioni di relazione interpersonale e ad ambienti di studio e di lavoro ormai sempre più frequenti ed ampi, che coinvolgono persone di altre nazionalità. Negli anni successivi, si introdurrà lo studio avanzato e culturalmente articolato di una o più lingue della comunità europea.

2. Grande importanza va attribuita all’interazione fra i linguaggi della mente e i linguaggi del corpo, che abbatte la tradizionale barriera fra processi cognitivi e emozioni, facendo emergere un’idea di persona come sistema integrato, alla cui formazione e al cui equilibrio dinamico concorrono la componente percettivo-motoria, quella logico-razionale e quella affettivo-sociale. Ne consegue un’impostazione della didattica volta a favorire l’integrazione tra le diverse matrici di cui si compone l’esperienza quotidiana, riconoscendo pari dignità al segno di scrittura, all’immagine, al suono, al colore, all’animazione.

Questo obiettivo di integrazione fra le diverse componenti in cui si articolano l’esperienza e la conoscenza deve guidare verso la costruzione di una scuola che, nel porre su un piano di pari dignità i diversi saperi, in quanto tutti prodotti della mente umana, superi le tradizionali partizioni disciplinari. Il traguardo finale sarà un insegnamento-apprendimento organizzato per temi, alla cui elaborazione concorrano diversi settori culturali, e in cui l’analisi dei contenuti specifici sia accompagnata ed arricchita da aspetti storico-epistemologici e tecnico-applicativi, in modo da dare una chiara percezione di quanto sia oggi essenziale per la risoluzione di problemi complessi un approccio multidisciplinare integrato.

3. Per quanto riguarda lo studio dei fenomeni fisico-chimici, biologici e della natura in generale, un approccio di questo si concretizzerà nella progettazione di percorsi concettuali e didattici nei quali trovino collocazione ed effettiva collaborazione reciproca i due aspetti complementari che caratterizzano la costruzione della conoscenza scientifica: il momento applicativo e d’indagine e quello cognitivo-intellettuale.

Il primo potrà essere veicolato attraverso una pratica di laboratorio (reale e virtuale) intesa in una duplice accezione: come spazio finalizzato all’esecuzione di compiti prefissati e all’acquisizione di specifiche abilità sperimentali e come orizzonte culturale nel quale gli studenti possano gradualmente appropriarsi di modi di guardare, descrivere e interpretare i fenomeni naturali che si avvicinino progressivamente a quelli scientificamente accreditati.

Alla costruzione di questo orizzonte culturale debbono concorrere i sistemi di misurazione ed elaborazione, nonché i sistemi multimediali, il cui ruolo e le cui funzioni andranno chiaramente identificati e promossi, particolarmente in rapporto all’esigenza di disporre di modalità di visualizzazione e di rappresentazioni mentali efficaci e operative.

Il momento cognitivo deve assumere come obiettivo prioritario quello di restituire in tutta la loro articolazione e complessità di processi conoscitivi e intellettuali, non riducibili a procedure codificate, le attività di modellizzazione, schematizzazione e formalizzazione, mediante le quali i fenomeni vengono descritti e interpretati. Si potrà così consentire allo studente di appropriarsi dei linguaggi e dei modi di operare della scienza, di acquisire criteri per formulare domande sensate, che abbiano significato rispetto ai contesti presi in considerazione, di elaborare tecniche e strategie per giungere a risposte scientificamente accettabili.

Questa crescente assimilazione dovrebbe consentire allo studente, nelle fasi finali del suo curricolo scolastico, di sperimentare su se stesso un processo di progressiva ristrutturazione delle conoscenze e di evoluzione delle strategie di ragionamento, che ripercorra i modi nei quali si sono costruite la conoscenza e la coscienza collettive.

L’insegnamento delle scienze sperimentali viene così liberato delle modalità, spesso pedanti e soprattutto acritiche, seguite da buona parte dei testi didattici e acquisisce una prospettiva storico-epistemologica che ne consente un positivo dialogo con altri campi della conoscenza.

Questo diverso modo di guardare alla cultura scientifica implica necessariamente un diverso modo di individuare e selezionare i contenuti di insegnamento/apprendimento, che anteponga la qualità alla quantità e privilegi la ricerca di “nuclei concettuali fondanti”. A questi ultimi vanno ancorati percorsi didattici culturalmente significativi e riflessioni sul significato culturale delle scienze, che devono emergere come campi, ciascuno dei quali è caratterizzato da una propria struttura interna, da specifici metodi di indagine e dall’uso di particolari linguaggi.

Un’immagine così articolata e complessa delle scienze sperimentali potrà essere costruita soltanto se ci si pone nella prospettiva di una continuità trasversale e longitudinale del processo formativo, che assuma caratteristiche differenziate a seconda delle diverse fasi del percorso scolastico.

Un’attenzione particolare e profondamente innovativa sul piano metodologico va riservata all’insegnamento della matematica, che attualmente registra, soprattutto a partire dall’attuale scuola media, il maggior numero di fallimenti a cui si aggiungono un gran numero di esiti al limite dell’accettabilità. La ricerca sulla matematica non scolastica indica la necessità di insegnare agli studenti ad usare idee e tecniche di tipo matematico nella soluzione di problemi diversi (sia di scienze fisico-naturali, sia di scienze sociali). Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi non perdano il piacere del matematizzare, non siano demotivati da eccessi di formalismo e siano aiutati, dagli insegnanti e dagli stessi compagni, a percorsi alternativi di soluzione, privilegiando il punto di vista del problem solving e comprendendo che la matematica utile nelle applicazioni è spesso quella che conduce a soluzioni approssimate, dal momento che quelle esatte sono difficili, se non impossibili da trovare in problemi complessi. E’ comunque fondamentale, ai fini di una formazione efficace, che abbia positive ricadute anche in altri campi e sia di concreto ausilio nella fase di risoluzione di problemi specifici, appropriarsi delle metodologie matematiche che consentono di controllare l’errore e di fare in modo che esso rimanga all’interno di una tolleranza che dipenderà dai problemi medesimi in oggetto.

Un essenziale contributo alla costruzione di un insegnamento basato sull’idea dell’integrazione dei saperi e organizzato per temi può essere fornito dalla geografia, intesa come luogo di transizione fra temporalità naturale e temporalità umana e come essenziale tramite di raccordo tra scienze della natura e mondo sociale. Se, nelle prime fasi dell’apprendimento, tale studio avrà essenzialmente una dimensione descrittiva, storico-politica, successivamente sarà finalizzato alla comprensione del sistema Terra.

4. In ordine al fare storia nella scuola di tutti, è necessario puntare coraggiosamente su un approccio che integri le diverse dimensioni (disciplinari e metodologiche) e innovi le attuali pratiche di memorizzazione, puntando a sviluppare competenze generali di inquadramento e ricostruzione dei fatti storici, ma anche a promuovere capacità di lettura dei segni che variamente caratterizzano il paesaggio rurale e urbano del nostro paese.

L’insegnamento della storia darà il giusto spazio alle culture europee ed extraeuropee, per consentire lo sviluppo di un’identità culturale radicata nella storia del proprio popolo, ma valorizzando adeguatamente i legami tra i popoli e le culture, così come le loro specificità.

Vanno considerate parte integrante della storia, come ambito culturale e metodologico, anche le grandi trasformazioni che riguardano la storia delle idee, delle mentalità, dei saperi, del vivere quotidiano, delle arti nell’accezione più ampia.

Ne scaturisce un profondo ripensamento dell’impianto della formazione storica, che investa le periodizzazioni e tenga conto del fatto che ci sono tanti tempi quante sono le logiche dei fenomeni che si esaminano.

Gli attuali strumenti di studio vanno dunque adeguatamente integrati, ad esempio, con l’impiego di repertori di dati, immagini, ricostruzioni visuali.

Per quanto riguarda la storia recente, va tenuto presente che il Novecento non si caratterizza solo per un insieme notevolmente complesso di avvenimenti ma anche per l’affermarsi di ottiche, teorie, linguaggi assai diversi da quelli tradizionalmente adottati dalla scuola. Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in particolare, dal momento che ben si presta a far cogliere ai ragazzi le dinamiche del cambiamento culturale, politico ed economico, e le regole della convivenza sociale, potrebbe essere collegato non solo alla storia e all’educazione civica, ma presentato come un approccio multidisciplinare (quindi anche letterario, artistico…) teso a farne cogliere i legami con il passato e con l’attualità, dunque come un blocco tematico e non come un oggetto specifico dell’analisi storica.

Nell’ambito dello studio dello sviluppo delle società umane, uno spazio rilevante deve essere dato alle scienze sociali, finalizzate a dare a tutti l’attrezzatura mentale per comprendere i meccanismi di fondo dell’agire individuale e collettivo (a titolo d’esempio, gli indicatori economico-finanziari, le problematiche ambientali, i movimenti migratori, i sistemi politici ed elettorali, le problematiche ambientali, il formarsi della personalità, il funzionamento dei gruppi, eccetera). Non si tratta di un insegnamento separato di nuove o vecchie discipline, ma di un approccio integrato per blocchi tematici, che può introdurre ad approfondimenti specialistici successivi. Un tale insegnamento si costruirà intorno ad alcuni nessi essenziali: società e ambiente, società e sistemi di produzione, società e forme di governo, cultura e comunicazione, etc.

In questo contesto viene rivitalizzata l’educazione civica, che può essere finalizzata, attraverso l’esercizio della discussione democratica e il dibattito di temi socialmente rilevanti, alla formazione di una cittadinanza critica e responsabile.

5. L’insegnamento della filosofia – positiva specificità della scuola italiana – non può venire esteso indiscriminatamente nella sua forma attuale di ricostruzione storica. La sua destinazione generale consisterà nel dotare tutti i giovani di strumenti concettuali adeguati alla ragionevole costruzione di una soggettività propositiva e critica. Questa prospettiva include due versanti. Da un lato le questioni di senso e di valore (obblighi, scopi, diritti e doveri, valutazione delle condotte, questioni di giustizia): insomma, la costruzione della capacità di sviluppare razionalmente i propri punti di vista, e di comprendere e di discutere quelli altrui, a partire dalle situazioni e dai problemi dell’esperienza concreta (questioni di etica e bioetica, responsabilità, cittadinanza). Dall’altro, le questioni di verità (a partire da nozioni elementari di logica, teoria dell’argomentazione, epistemologia). Il diritto all’acquisizione di queste capacità non può venir negato, a partire dagli anni conclusivi della scuola dell’obbligo, secondo modalità connesse, ma distinte, rispetto a quelle operanti nello sviluppo delle capacità di lettura-scrittura e dell’educazione civica

6. La tradizione classica costituisce un insostituibile patrimonio per il nostro paese. E’ pertanto necessario che una conoscenza di base della cultura greca e di quella latina sia acquisita da tutti, sottolineandone il ruolo nella costruzione dell’identità europea indipendentemente dallo studio delle due lingue, anche se andrà opportunamente valorizzato il ruolo del latino per la comprensione della formazione della lingua italiana.

Se in passato si è puntato, nell’avvicinare i classici latini e greci, più sulle lingue che sui contenuti delle civiltà che si sono espresse in queste lingue, oggi bisogna piuttosto concentrare l’attenzione sull’attualità dei messaggi che queste civiltà contengono.

7. L’esigenza generale di favorire il dialogo e l’interazione fra tutte le componenti nelle quali si articola la cultura e di far sì che questa impostazione abbia un’espressione adeguata e concreta nella pratica didattica impone di far uscire le arti sonore e visive, e tutto ciò che le integra (come il teatro e il cinema) dalla condizione marginale alla quale sono relegate nella nostra scuola.

Occorre dare legittimità scolastica alle forme di sapere che sono proprie degli spazi musicali, investendo in primo luogo su un ascolto consapevole, inteso come espressione di un modo diretto e partecipato di stare in rapporto con gli oggetti e i linguaggi sonori. La musica parla al mondo e parla del mondo, e si fa intendere anche da chi non dispone di una specifica alfabetizzazione musicale: la logica, il movimento, la retorica sono continuamente ed efficacemente azionate dai suoni e dalle voci. Non si tratta di fare della scuola un luogo di informazione sulla musica. Si tratta invece di farne una sede di esperienza acustica e musicale. Solo così i riferimenti storici e ambientali alle diverse espressioni musicali acquisteranno senso e diventeranno patrimonio dei giovani.

La scuola dovrà essere anche la sede per un incontro tra i giovani e la civiltà figurativa, intesa come espressione di un fare dotato di una sua specifica identità. E’ inevitabile legare questa identità al linguaggio “visivo”, ma l’esigenza di conoscerlo e praticarlo consapevolmente può essere considerata fondamentale, contribuendo così a dare una base alla formazione complessiva dell’individuo, solo attraverso una lettura coordinata del suo complesso costituirsi, nel tempo storico e negli spazi d’uso, in forma, immagine, oggetto, territorio. In questo senso le arti figurative offrono opportunità enormi e non sostituibili allo sviluppo dell’inventiva, dell’operatività, della comunicazione, del giudizio.

Un’auspicabile promozione scolastica del complesso delle attività legate alla conservazione e alla valorizzazione dei beni culturali porterebbe anche alla maturazione del senso storico e di una più compiuta responsabilità ambientale, nonché allo sviluppo di sofisticate competenze tecnologiche.

Accanto all’aspetto della conoscenza/fruizione si potrà recuperare quello della produzione personale, valorizzando anche la componente applicativa, che costituisce un valore aggiunto alla grande cultura, ma anche della produzione italiana, oltre che un elemento significativo di autorealizzazione.

8. Alla valorizzazione della componente operativa può fornire un contributo essenziale il ripensamento critico della tecnica e delle sue dimensioni culturali, che sarà da porre anche in rapporto allo sviluppo delle capacità di progettazione autonoma e di autoregolazione dell’azione.

Le nuove tecnologie dell’informazione hanno in questo senso un valore paradigmatico, dal momento che coniugano in modo visibile la componente materiale costituita dall’hardware, fondamentale per svolgere le funzioni che loro competono, con la componente simbolica del software, che determina le operazioni che vengono effettuate e dà loro senso.

Oggi le tecnologie della comunicazione e dell’informazione sono sempre più frequentemente usate per operazioni e processi (gestione degli imprevisti, valutazione dei malfunzionamenti delle procedure e ridisegno delle stesse, supporto reciproco tra gli esecutori per risolvere conflitti, equivoci, incomprensioni) che trascendono l’esecuzione di una sequenza di operazioni fissata. Ne emerge così la componente creativa e la possibilità che esse forniscono di potenziare le capacità umane, sia sul piano delle nuove azioni sia sul piano dell’arricchimento degli spazi di vita.