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Il Quarantotto in Italia

La scoperta della politica
Coordinatori:Enrico Francia (Università di Padova) – Gian Luca Fruci (CNR-EHESS di Parigi)
Giovedì 22 settembre
I Sessione: 16.00 – 20.00
Aula Magna

La rivoluzione del 1848 rappresenta un momento di svolta sia per la definizione del discorso nazional-patriottico, sia per la politisation di ampi settori della società italiana (urbana e rurale). Le parole d’ordine del movimento risorgimentale – nazione, libertà, costituzione, costituente, democrazia – si manifestano apertamente al di fuori dei circuiti settari, diventano oggetto di accesi dibattiti pubblici e conoscono declinazioni diverse secondo i contesti e i soggetti politici in campo. Cortei, manifestazioni, feste, riti religiosi, barricate, elezioni, circoli, teatri, piazze: ampio e variegato è lo spettro delle occasioni e dei luoghi di presa di parola e di partecipazione per gli uomini (e, in parte, per le donne) del 1848. La rivoluzione segna «l’entrata in politica» degli ex-sudditi degli antichi stati che si scoprono italiani: un nuovo ruolo è attribuito allo spazio pubblico e una funzione fondamentale svolge la figura del mediatore politico, capace di mettere in relazione ambiti socio-culturali e discorsivi differenti e apparentemente lontani. Il panel si propone di rileggere il biennio 1848-49 alla luce della categoria di apprentissage della politica, partendo dalle sollecitazioni metodologiche provenienti dalla storiografia che si è occupata dei processi di politisation, della costruzione dell’opinione pubblica e, infine, della creazione e diffusione della mitografia nazional-patriottica. Scopo del panel è indagare la scoperta o – nel caso delle generazioni risorgimentali più mature – la riscoperta delle forme pubbliche e partecipate della politica attraverso la presentazione di ricerche accomunate dall’attenzione per lo spazio politico, concepito come arena dai confini variabili e dai molteplici livelli in cui si dispiegano l’agire collettivo e il confronto con il potere nella loro dimensione sia materiale sia simbolico-discorsiva. Il percorso analitico proposto complica il profilo del 1848, restituendo l’immagine di un giano bifronte: non solo turning point che inaugura, in Italia come nel resto d’Europa, la moderna politica di massa, ma anche laboratorio di rivisitazione di linguaggi e pratiche ereditate dal periodo rivoluzionario e dai lunghi decenni di azione cospirativa segreta.

Programma
  1. Silvia Rosa (Università di Firenze) – La «democrazia immaginata» fra triennio patriottico e 1848

    Il paper tratta della comunità democratica risorgimentale come “comunità immaginata”. Immagini, narrazioni, simboli presi a prestito da saperi diversi e apparentemente lontani dalla politica (sapere religioso, scientifico, storico etc.), opportunamente risemantizzati, entrano nel discorso democratico risorgimentale agendo, da una parte, sulla memoria e sull’immaginario collettivo degli ascoltatori/lettori e, dall’altra, sul discorso democratico stesso, strutturandolo in profondità, fissando implicitamente regole e definendo sistemi di relazioni e priorità tra i potenziali “cittadini democratici”, in uno spazio, per così dire, “anteriore” a quello del diritto e delle istituzioni. La costruzione dell’immaginario democratico fra triennio giacobino e ‘48, analizzato attraverso alcuni esempi o “frammenti”, è l’oggetto dell’intervento.

  2. Gian Luca Fruci (CNR-EHESS di Parigi) – Votare ed eleggere nel biennio 1848-49

    Nel 1848-49 per gli antichi stati italiani si svolge il primo apprentissage generalizzato del voto diretto e segreto, sia attraverso sistemi censitario-capacitari, sia con la sperimentazione, per la prima volta in Europa e contestualmente alla Svizzera e alla Francia repubblicana, del suffragio universale maschile. A partire dall’analisi di alcuni casi di studio, il paper si propone un duplice scopo. In primo luogo, misurare la partecipazione e indagare le forme di questo accelerato e intenso processo di socializzazione politica. In secondo luogo, mostrare l’originale intreccio di antico e moderno che caratterizza discorso, norma e pratiche del momento elettorale quarantottesco, che si configura come un autentico revival delle aporie e delle tensioni concettuali ereditate in materia di voto dalla Rivoluzione del 1789.

  3. Enrico Francia (Università di Padova) – Clero e religione nel lungo Quarantotto

    Nella rivoluzione italiana del 1848 il clero ricopre un ruolo decisivo nella diffusione degli ideali patriottici in settori della popolazione fino a quel momento poco coinvolti nella mobilitazione politica. Come scriveva alcuni anni dopo gli eventi Giuseppe Montanelli, “l’Italia dei preti è più di quanto altri non creda l’Italia del popolo” e “per travasare nelle plebi il sentimento nazionale occorreva che momentaneamente almeno i preti se ne facessero mediatori”. Muovendo da riflessioni come queste, dal dibattito storiografico sull’identità nazionale e da alcune esperienze di ricerca, il paper intende, da un lato, riesaminare il rapporto tra la religione cattolica e la rivoluzione nazionale, e dall’altro esaminare il ruolo di mediazione tra elites politiche e classi popolari che il clero ricopre in tutto il lungo quarantotto.

  4. Maurizio Bertolotti (Istituto mantovano di Storia contemporanea)Quarantotto campagnolo: il caso dell’area padana in una prospettiva comparata

    Palermo, Parigi, Vienna, Berlino, Budapest, Milano, Venezia… L’elenco che di solito si snocciola per dare l’idea della rapida e vasta diffusione del moto rivoluzionario nell’Europa del 1848 comprende esclusivamente città, e segnatamente grandi città. Questa sintetica ed efficace rappresentazione implica la convinzione tuttora radicata che le campagne furono mere spettatrici o giocarono un ruolo marginale nella rivoluzione. Fino a che punto questo paradigma può continuare a guidare la ricerca? Non basta ribadire – come è stato fatto ancora molto tempo fa – che i contadini non rimasero estranei al movimento, almeno in un primo tempo. Si tratta di comprendere quali ripercusssioni ebbe la rivoluzione sulla società rurale considerata nel suo complesso e sui suoi rapporti con le città e i mondi cittadini. Il caso padano offre un ampia documentazione e numerosi spunti per aprire o riaprire questa discussione.

  5. Alessio Petrizzo (Università di Firenze)L’uso politico della festa nel Quarantotto italiano

    La scelta riformatrice adottata nel 1847 dai governi preunitari apre inediti spazi all’azione dei liberali. Essi tentano di conquistare al discorso nazionale le occasioni in cui più si esprime l’identità di una comunità; ricorrono a una sacralizzazione della politica che, nel mutato contesto storico-culturale, non ha dimenticato Rousseau, la Grande Rivoluzione e la contrastata memoria della religione civile dei patrioti del Triennio. Feste e rituali diventano la sede in cui linguaggi, simboli e pratiche inneggianti alla nazione sfidano i significati delle tradizionali modalità di rappresentazione del potere e del vincolo sociale. Il paper ha l’obiettivo di riflettere sul successo e i limiti di questo tentativo di apprendistato patriottico, sia sul piano generale sia attraverso l’esempio di un caso cittadino.

Discussant: Gilles Pécout (École Normale Supérieure de Paris)