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La didattica universitaria della storia contemporanea e la riforma della scuola secondaria

Paolo Pezzino, Università di Pisa

Paolo Pezzino

Questa scaletta fa riferimento per lo più a documentazione contenuta nel dossier a cura di Giuseppe Bosco e Gabriella Raschi, in questo stesso sito.

Prima premessa.
Dei due elementi cui fa riferimento il titolo della mia relazione, il secondo non è ancora definito, ed il primo è praticamente inesistente.
Poco interesse per una riflessione che tenga presente come esito finale la domanda sociale di storia (comprendendovi anche quella che proviene dal mondo della scuola), e consideri la didattica lo strumento principale per comunicare da parte degli specialisti.
Qualche eccezione non inficia la validità dellíosservazione di sopra: ripetuti interventi sulla rivista “Contemporanea”, su “Passato e Presente” e “Italia Contemporanea”, volume di Baldissara-Legnani-Pedrolo, Storia contemporanea e Università. Inchiesta sui corsi di laurea in storia, ISNMLI-Landis, Angeli, 1993.

Seconda premessa
Líargomento incrocia una serie di questioni di fondo tuttíaltro che banali. Dalle finalità di un sistema educativo nei suoi vari gradi (qui per lo meno della secondaria e universitario) alla natura stessa della conoscenza storica, alle finalità e modalità della sua trasmissione.
Discutere di insegnamento della storia investe “i paradigmi interpretativi dellíesperienza storica, il significato della storia nazionale, líidentità nazionale, e infine la politica” (Testi, Il passato in pubblico: un dibattito sullíinsegnamento della storia nazionale negli Stati Uniti, “Storica”, II, 1996, 6).

Eviterò, lasciando eventualmente al dibattito.

Mi riservo una funzione più umile e modesta:
– ricostruire le caratteristiche di fondo della riforma dei cicli scolastici
– riflettere sul dibattito sviluppatosi in merito al curricolo della scuola di base
– sviluppare qualche riflessione iniziale in merito alla didattica della storia contemporanea nelle nuova università

Lineamenti generali dellíinsegnamento nel nuovo sistema:
Clima generale in cui si inserisce la riforma di cui si discute.

Mi cito: Le scuole di specializzazione per líinsegnamento secondario: una riforma necessaria o un passo in avanti verso la liquidazione di un sistema educativo nazionale?, in “Il mestiere di storico”, Annale I/2000 della Sissco. Scrivevo, in relazione agli obiettivi formativi delle scuole di specializzazione allíinsegnamento:

“Eí evidente che il possesso delle conoscenze (per fortuna “adeguate”) nellíambito dei singoli settori disciplinari rappresenta solo una premessa, quasi scontata, ad una lunga elencazione di qualità che deve possedere líinsegnante, in linea con un orientamento sensibile più alla “comprensione” e alla “soddisfazione” delle esigenze degli allievi – in senso lato di socializzazione e alfabetizzazione di base, soprattutto alle nuove tecnologie multimediali – che alla necessità di garantire una qualificata formazione professionale in relazione ai titoli di studio che i vari tipi di scuola attribuiscono.

La filosofia di fondo dellíintervento inoltre oscilla fra le convinzioni di chi (i pedagogisti, ma anche i rappresentanti delle facoltà scientifiche) ritiene che la formazione disciplinare vada considerata esaurita negli anni di corso universitario, e quindi le scuole debbano essere rivolte soprattutto a formare gli insegnanti in quella che viene considerata la loro specifica attività, cioè appunto líinsegnamento (“insegnare ad insegnare” sarebbe insomma lo scopo primario delle Siss) e quella di chi (soprattutto gli umanisti) rileva líassoluta inadeguatezza delle facoltà universitarie nel dotare gli aspiranti insegnanti di un accettabile bagaglio di conoscenze [Ö].

Un terzo ordine di questioni riguarda la regionalizzazione delle scuole, e líinevitabile difformità nei requisiti richiesti per líammissione e nellíorganizzazione dei corsi da una scuola allíaltra. Eí una questione che rimanda peraltro ad uníaltra, ben più vasta: se, come si sostiene, líistruzione entrerà a fare parte delle competenze esclusive delle regioni, in quellíottica “federalista” che la quasi globalità del mondo politico sembra ormai condividere, siamo veramente di fronte alla fine di un sistema educativo nazionale, e le Ssis rappresentano un ulteriore passo in avanti in questa liquidazione”.

Quindi.
– scuola orientata ai bisogni degli studenti, complessivamente intesi, e meno alla trasmissione di conoscenze (Roberto Maragliano, professore di Tecnologia dellíistruzione a Roma 3, ha scritto che “Insegnare domani non vorrà più dire tenere una cattedra, ma essere sempre più capace di stare fra i ragazzi e la gente”, LíEspresso, 2 marzo 2001)
– Autonomia e decentramento
– Nessun proposito di selettività in base al merito.

Nuovi curricoli

La vicenda comincia nel 1996, con Berlinguer

Commissione dei saggi (gennaio-maggio 1997). Sintesi dei lavori (a cura di Roberto Maragliano, 13.5.1997) Sapere reticolare più che disciplinare, sostenibilità sociale e identità al plurale e solidarità universale (p. 2-3), centralità epistemologia e forte alleggerimento contenuti disciplinari, comunità discenti (p. 5).

Puntare sul “controllo della parola”, ed in particolare sul discorso scritto (p. 7).
Per la storia: abbandono impianto storicistico, nuovo modo di fare storia: no a storia solo politica e ad impianto cronologico, grandi quadri, impiego nuovi strumenti (p. 8).

Determinate le coordinate di tutti gli interventi successivi

Scuola dellíautonomia:

Dal 1995: carta dei servizi, con progetto educativo di istituto, poi POF.
Art. https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/ della legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione (Bassanini)
DPR 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dellíart. https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/ della Legge 15 marzo 1997, n. 59

Da qui deriva:
Una percentuale di curricolo autonomo definita dalle singole scuole (circa il 20%).
Distinzione fra programma e curricolo (Criscione, in “Italia Contemporanea”, https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/9, giugno 2000, pp. 328 e 335).

Commissione dei saggi: i contenuti essenziali per la formazione di base (marzo 1998).

Eí sintesi del precedente.
Insegnamento-apprendimento organizzato per temi (p. 5)

Legge 10 febbraio 2000, n. 30. Legge quadro in materia di riordino dei cicli díistruzione.

  • Scuola dellíinfanzia, di durata triennale, dai 3 ai 6 anni
  • Scuola di base, di durata settennale, dai sei ai 13 anni.
  • Scuola secondaria, cinque anni, distinta in un biennio ed un triennio, ed in aree: classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale (licei).

Commissione di studio per líattuazione della legge 30/2000. Riordino dei cicli. Nominata con i D.D.M.M. 24 novembre 2000 e 4 gennaio 2001. 300 membri. E tuttavia la prima riunione è del 27 giugno 2000, e le prime sintesi dei gruppi di lavoro del 12 settembre 2000. Composta da studiosi, rappresentanti delle famiglie e degli enti locali, delle associazioni disciplinari e per oltre metà da dirigenti scolastici e insegnanti delle scuole. Gruppo di lavoro 7, coordinato da Dario Antiseri: Criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli con attenzione agli snodi e alle articolazioni.

Considerazioni introduttive. Caratteri generali dei curricoli (p. 2).
Monte ore. (p. 2).

Sottogruppo di lavoro 7c, coordinato dal prof. Mario Ambel e moderato dallíIsp. Chiara Croce. Relativo alla scuola secondaria.

Definizione competenze a livello nazionale (p. 2).
Riduzione numero discipline e limitarsi ai nuclei fondanti, relazione con la realtà e società (p. 3).
Criteri generali per la costruzione dei curricoli (p. 4).
Prevalenza quota nazionale (80)%.
Riduzione differenze fra Licei ed Istituti e fra Istituti Tecnici e Professionali.
Pluralità di esiti: uscita dopo due anni, e assolvimento obbligo formativo in altri sistemi, uscita dopo 5 anni verso: istruzione universitaria, istruzione non universitaria (formazione tecnica superiore), inserimento mondo nel lavoro. Conciliare solidità dellíimpianto e flessibilità e una effettiva capacità di dialogo con altri sistemi formativi.
Elevare líobbligo a 18 anni: intanto particolare caratteristica del biennio: conclude líobbligo e avvia il percorso quinquennale. (8)
Inevitabile uní “almeno parziale differenziazione fra ex licei ed ex istituti” (sottolineare invece líenfasi sullíegualitarismo in alcuni interventi sul curriculum): area umanistico-scientifica: dedicata soprattutto alle grandi partizioni dei saperi umanistici e scientifici, tecnico-tecnologica orientata allíarticolazione dei settori produttivi di beni e servizi (7). Comunque nessun indirizzo deve avere profilo di uscita a forte “terminalità” (esplicito e diretto inserimento nel mondo del lavoro) o fortemente indirizzato verso una facoltà universitaria (9)
Il 17 novembre 2000 il Ministero trasmette alle Camere il “Programma quinquennale di progressiva attuazione della legge 30/2000 di riordino dei cicli di istruzione”, insieme ad una relazione che ne illustra la fattibilità, tenendo conto delle sintesi della Commissione nazionale di studio
Líallegato A (p. 43) specifica líarticolazione in indirizzi delle aree della scuola secondaria, quello B le aree disciplinari per la SISS. Infine viene ipotizzata uníipotesi di sviluppo a partire dallíanno scolastico 2001-2002.

Risoluzione 6-00155 approvata alla Camera il 12 dicembre 2000, e 6-00057 approvata in Senato il https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/ dicembre 2000:

Tempi della riforma (2001 per la scuola di base, prime due classi, e 2002 per le superiori, approvazione aree.

Lettera del ministro ai dirigenti scolastici e ai docenti, 28.2.2001.

Presenta uno schema di decreto che definisce la quota oraria degli ambiti e delle discipline nella scuola di base e gli indirizzi per líattuazione del curricolo. Sottolinea la fine “del vecchio impianto centralistico” (qualche considerazione sulla “retorica dellíautonomia”)

Il primo, lo schema di decreto, recepisce la durata del curricolo, specifica il monte ore ripartito fra nazionale e a disposizione delle singole scuole, e gli ambiti disciplinari:

primi due anni: linguistico-epressivo (italiano, una lingua moderna, europea, discipline artistiche, musicali e motorie), matematico-scientifico (matematica, scienze e tecnologia), antropologico-ambientale (storia, geografia e scienze sociali): monte ore biennale 832, 450 e 192 ore.

Tre anni successivi. Linguistico-espressivo, matematico, scientifico-tecnologico, geo-storico-sociale: monte ore triennale 1056, 483, 384 e 288.

Ultimi due anni: italiano, storia, geografia, scienze sociali, prima lingua, seconda lingua, matematica, scienze, scienze motorie, tecnologia, arte e immagine, musica. Monte ore biennale: 260, 200 per storia, geografia re scienze sociali, 130, 89, 240, 180, 120, 130, 106, 106.

Il secondo: Attuazione curricolo obbligatorio della scuola di base
Quota nazionale allí80%

Differenza fra programma e curricolo: p. 7.
Curricolo “essenziale (p. 8) e progressivo (individua un percorso dalla scuola dellíinfanzia alla conclusione dellíintero ciclo scolastico).

Per la storia recepisce lo schema dal gruppo di lavoro “Aggregazione disciplinare storico-geografico-sociale”, coordinato da Dario Antiseri, Luigi Cajani, Giancarlo Mori e Giacomo Timpanaro, e moderato da Chiara Croce, Indicazioni per il curriculum dellíambito storico-geografico-sociale per la scuola di base (7.2.2001).

Come ci si arriva.

Decreto Berlinguer novembre 1996 (Novecento)
Protocollo díintesa fra Insmli e Ministero del 1996, e corsi di aggiornamento 1996-1999 (tre nazionali, 350 locali).
Altro con la Sis nel 1997.

Sperimentazione didattica negli istituti fin da anni 60 (storia locale-storia nazionale, contro il manuale di storia, laboratorio di storia (fine anni settanta), fonti orali (inizio anni 80).
Nel 1983 si costituisce a Bologna il Landis (laboratorio nazionale per la didattica della storia), un istituto collegato alla rete, che collega le sezioni didattiche e nel 1985, a partire dai nuovi programmi della scuola elementare, comincia a porre il problema del nuovo curricolo di storia.
Nuova storiografia della soggettività (Osservazioni sul curriculum della SIS), storia del mondo, curricolo (Delmonaco, “Italia Contemporanea” n. https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/9, pp. 324-325).
In questo ambito ruolo di Ivo Mattozzi, docente di Metodologia e didattica della storia allíUniversità di Bologna, al quale nel 1990 viene affidato líincarico di aggiornamento e formazione in servizio di gruppi insegnanti di storia dei professionali. Lo stesso Mattozzi sarà líautore di nuovi programmi di storia dei professionali approvati nel 1997, considerati quasi un modello: per il triennio di qualifica 16 capacità che líinsegnamento della storia deve promuovere, classificate fra Cognitive, Formative e Orientative, 52 obiettivi di apprendimento, infine un insegnamento per moduli, nel quale nel primo anno si va dalle origini alla metà del settecento in sette moduli, nel II anno dalla metà del settecento alla fine dellíOttocento in 4 moduli, nel III anno il Novecento in 7 moduli.
Nel 1998 viene fondata “Clio í92”, presieduta da Mattozzi, associazione di gruppi di ricerca sullíinsegnamento della storia, che approva le tesi sulla didattica della storia (Bellaria, 7 dicembre 1999). Contemporaneamente la Commissione didattica dellíInsmli e il Landis approvano una proposta di curricolo verticale di storia, con la quale polemizzano alcuni interventi di Massimo Firpo e di Francesco Perfetti su “Il Sole-24 ore” del 16 e 30 aprile 2000.
Questi documenti, e elaborazione, rappresentano la base della nuova proposta di curricolo.

Quali sono le caratteristiche di fondo?
Sa conferenza di Mattozzi a Pisa, 27.01.2001.
Fine della preponderanza della storia manualistica, cioè di un sapere concluso e asseverativo, nuovo standard basato su una storia a varie scale (da mondiale a locale), no alla ripetizione ciclica degli stessi argomenti, struttura reticolare più che su un asse cronologico generale, modularità (montaggio di alcuni temi in una modulazione che consenta reti di conoscenza), molteplicità di risorse (testi, ricerca storico-didattica, biblioteche, esperti, strumenti ludici per líapprendimento), maggiore attenzione alla mediazione didattica
Vari contributi in “Italia Contemporanea”, n. https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/9
Lajolo. Da insegnamento trasmissivo a centralità dellíapprendimento (316). No a “selezione e valori di autorità e disciplina” (316).
Mondializzazione e multidisciplinarità, dal presente al passato (320).
Rifiuto dellíesperienza attuale, fallimentare: educare i giovani a pensare storicamente (3https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/).
No a insegnamento tradizionale, definitorio e sequenziale (3https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/).
Nuovo curricolo: verticale, successive fasi di costruzione, articolazione di nuclei fondanti o quadri generali (culture e civiltà, storia comparata), pluralità storie, interdisciplinare (3https://www.sissco.it/articoli/storia-contemporanea-ed-autonomia-didattica-1482/-322).
Indirizzi generali: la scuola dellíautonomia individua i contenuti e la programmazione (322).
Criscione. Mediazione didattica (332)
Pinotti. Protagonismo dello studente nella costruzione del proprio sapere, saperi minimi od essenziali (337).
Competenze del sapere storiografico-antropologico: processuale più che risultati (338).
Nuclei fondanti della disciplina (339).
Scansioni del curriculum: 6-8 anni, categorie di tempo e spazio, 9-15 storia generale, non tradizionale (341), quindi curricolo organizzato per moduli (341).
[Vedi la definizione di modulo dal CD ROM del Ministero della Pubblica Istruzione-Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Discipline storiche “Insegnare storia”, progetto scientifico di Ivo Mattozzi, testi dello stesso, di Antonio Brusa, ed altri].
Infine: mondiale, locale, europeo (342-343).

Curriculum elaborato dal gruppo di lavoro Antiseri Scelte di fondo: ambito: storia geografia e scienze sociali. Storia: valore educativo trasversale, curriculum unico per tutti gli studenti dellíobbligo. 3 fasi: 6-7 anni (orientamento di base) (p. 4), 8-9 anni (concetto di società attraverso quadri di società) (p. 6), 10-12 anni, studio sistematico e cronologico (p. 8). Dimensione mondiale (p. 19). Dibattito: Il primo intervento è sul “Corriere della sera” (9.2.2001), di Giovanni Belardelli: separazione storia da struttura diacronica, no ai laboratori di storia rispetto a concezione puramente conoscitiva, attacco ad alcuni membri della commissione (Brusa e Lajolo). Rosario Villari, “Corriere della Sera”, 13.2. Troppo presto cominciare a 10 anni, studiare la storia generale negli ultimi 5 anni, tema dellíidentità nazionale. Tranfaglia su “Repubblica” del 17.2: apprezzamento per la Commissione, ma ripetere due volte il ciclo (necessità di elevare líobbligo).

Dallíaltro campo: gli oppositori sono accusati di voler mantenere il modello del liceo classico, di abbassare il livello culturale della scuola di base, di abbandonare una buona storia nei tecnici e professionali (Brusa, mail a Racine del 19.2).
Documento di Iris (Insegnamento e ricerca interdisciplinare di storia), Landis, inviato a Racine il 19.2 da Criscione. Chi propone due cicli discrimina chi esce dopo líobbligo e fa 1 ciclo e 2/5.
Lajolo, in Novecento.org, sito dellíISNMLI, (19.2): è curriculum e non programma (quelli li sceglie líinsegnante). Riconosce uníeccessiva enfasi sulla prospettiva mondiale, e la necessità di specificare i laboratori e líinterdisciplinarietà.
Pirani, “Repubblica” 20.2: duro attacco alla docimologia e pedagogia di stampo anglosassone (studiare come optional), inaccettabile per líItalia líeliminazione di fatto degli studi classici.
Iaia Vantaggiato (“il Manifesto”, 24.2.2001): la critica di fondo è alla scuola dellíautonomia, accusata di essere etnica ed aziendalista, e alle parole-concetto indicate (autorità, famiglia).
Manifesto di storici del 26.2: due cicli, cominciando ad 8 anni, insegnamento che privilegi la dimensione nazionale ed europea.
Risposta: lettera di Brusa e Cajani al ministro, firmata da 50 storici e 10 rappresentanti di associazioni, del 26.2: difesa del curriculum, accusa agli avversari di riportare la scuola di base ai programmi anteriori a quelli del 1985 e 1979.
Integrazione della commissione Antiseri con Girolamo Arnaldi, Piero Bevilacqua, Massimo Firpo, Cosimo Damiano Fonseca, Nicola Tranfaglia, Giovanni Vitolo, e documento “Progetto per líinsegnamento della storia nella scuola di base e in quella superiore” (19 marzo). Storia come struttura portante della scuola in Italia (continuità storica dovuta allíinnestarsi del cristianesimo e della Chiesa sullíeredità del mondo antico). La globalizzazione si affronta partendo dalla propria cultura ed identità in tutto líarco della sua durata. No ad una dimensione mondiale “in pillole”: partire dalla propria realtà. No a moduli tentatici piuttosto che ad un continuum cronologico. Due curricula completi: da 8 a 12 anni e da 13 a 17.
Risposta di Brusa.
Curriculum di competenze (approvato anche da storici come Bevilacqua e Tranfaglia)
Curriculum dellíautonomia: ha scongiurato il rischio di scomparsa della storia
Scuola di base: rischio di divisione fra scuola di base, riservata ad insegnanti formati nelle facoltà di Scienze della formazione, e scuola superiore (Lettere e Filosofia). Invece il collegamento del curriculum proposto dalla commissione tira verso líalto líinsegnamento della storia nella scuola di base, e non líabbassa.
Scuola superiore tagliata dallíobbligo, e necessità di completarlo con líinsegnamento del Novecento
Storia mondiale. Collegata a cittadinanza a molte dimensioni.
Sistema formativo integrato. Il 40% della massa scolare viene formata dopo líobbligo in varie agenzie formative (programmi regionali, o di privati).
La ripetizione dei cicli è di fatto già abbandonata: nel 1979 per le medie (Arnaldi) si invitava a scegliere fra contenuti di studio, nel 1985 quello delle elementari (Pitocco) spazzava via la storia generale, quindi vari programmi delle superiori: liceo (1960), professionali (1997), Brocca, direttiva 682 di Berlinguer che obbliga a scegliere le tematiche di studio .
Infine: non è polemica bipartisan, bensì lotta fra destra e sinistra (p. 8).
10 aprile: il CNPI boccia la riforma. “Ecco le nostre motivazioni: il governo non ha messo a disposizione le necessarie risorse finanziarie, non c’è stato alcun dibattito all’interno delle scuole, non è ancora chiaro quali saranno le nuove forme di organizzazione in base ai cambiamenti dei programmi didattici e non c’è nulla che riguardi la formazione del personale docente. Chiediamo una gradualità di attuazione della riforma dei cicli per sciogliere i nodi rimasti insoluti” (“Repubblica, 11 aprile 2001)
Comunicato stampa del Ministero, 11 aprile: determinazione ad andare avanti, illegittima la votazione (36 su 73 consiglieri, usciti tutti i consiglieri rappresentanti di tutte le associazioni professionali)
lettera al ministro “Repubblica” 17 aprile: Arnaldi, Belardelli, Fonseca, Frugoni, Polacco, Prodi, Tangheroni, Tranfaglia, Vitolo: rammarico che líaltro progetto non sia stato presentato al CNPI, ripropone i due cicli, chiede che per ora la riforma si limiti al primo biennio della scuola di base.
Risposta ministro “Repubblica”, 18.4: non è vero, il CNPI ha discusso anche la seconda ed una terza proposta. La Commissione si riunisce a Fiuggi dal 18 al 20 aprile, e scioglierà i nodi. Ma si va avanti, dato che anche nellíipotesi della duplicazione dei cicli il primo partirebbe dopo un biennio.

Problemi che emergono: Valore dellíinsegnamento generale di storia e sua definizione
Impianto cronologico o modulare
Scuola di massa, scuola díélite (interventi particolarmente di De Bernardi): la prima significa che non deve esistere una seconda?
Altri nodi:
Formazione insegnanti già in servizio: lungo discorso, sulle carenze delle strutture universitarie che dovrebbero preparare insegnanti, sulle modalità di reclutamento, con la scomparsa del concorso, sostituito da assunzioni ope legis, appena mascherate, sullíaggiornamento, oggi ridicolizzato nellíassenza di qualsiasi serio controllo sulla qualità dei corsi, sulla perdita di motivazioni di un corpo insegnante dequalificato e degradato da livelli di reddito troppo bassi. Un discorso che non è possibile portare avanti in questa sede, anche se forse proprio da lì dovremmo partire, tenendo presente che líesito di qualsiasi riforma dei programmi o dellíorganizzazione scolastica, anche della migliore sulla carta, dipenderà, in ultima analisi, dalla preparazione e della convinzione degli operatori della scuola che la devono applicare, gli insegnanti innanzitutto

Riforma universitaria.

Qui clima diverso. A parte le polemiche sullíimpianto complessiva, e la proposta Canfora-Panebianco, firmata da molti docenti (“Corriere della Sera”, 6 e 29 marzo 2001) tutto tace.
Didattica precedente: saggio di Pedrolo I ëdiscepoli della storiaí, del 1993: analisi dei programmi dei corsi di laurea in storia. Prevalentemente eurocentrici (con grande spazio allíItalia), concentrati su Novecento (ed in particolare periodo fra le due guerre e immediato dopoguerra), con prevalenza di storia politica, politico-sociale e sociale.
Riformea: tre livelli, triennale (formazione di base), specialistica, dottorato. Cosa corrisponde ad ognuno di questi?
Varie modalità di insegnamento: frequenza, corsi a distanza, corsi per via informatica (Icon).
Per il livello di base: allíinterno di percorsi di formazione prevalentemente storica, oppure formazione generale per altri percorsi
Tema essenziale: raccordo con le SSIS
Corsi generali da 5 crediti di storia Contemporanea: 125 ore complessive, di cui 30 di insegnamento frontale. Che fare? Opzioni. – Insegnamento propedeutico per parole chiave. Es: Pisa, anno accademico 2000-2001, corso propedeutico di 24 ore tenuto nel mese di ottobre: Risorse ed ambiente. Industria/impresa. Lavoro. Economia internazionale e globalizzazione. Scienze e progresso tecnico. Popolazione, urbanizzazione, strutture e relazioni familiari. Genere. Religione/secolarizzazione. Razza ed etnia. Ceti/classi. Stato. Nazioni e nazionalismi. Culture. Potere politico e rappresentanza. Ideologie e culture politiche. Modernizzazione. Società di massa. Rivoluzioni. Guerra e violenza politica nel XX secolo. Colonialismo/Decolonizzazione. Sviluppo/sottosviluppo Claudio. Storiografia. Fonti.
– Oppure. Insegnamento di storia generale. Cosa è?

Documento sul curricolo della Sis: riflessione più avanzata rispetto alla nostra
Riflessione su alcune questioni basilari: problema della periodizzazione e continuità storica (manuale), selezione eventi o prospettive, dimensione.
Che rapporto con la riforma della scuola secondaria? Relativizzare líimportanza della ripetizione o meno dello schema cronologico: il punto fondamentale mi pare piuttosto la modularità dellíinsegnamento, e su questa, credo, sia impossibile tornare indietro.
Quindi giovani più meno pronti a recepire un metodo storico (perché già sperimentato a scuola), ma dotati di conoscenze episodiche e random.
Formazione generale e di base nella laurea futura: dibattito su “Contemporanea”, 1/2001.
Giovagnoli: quali figure professionali si formano, formazione generalista e preparazione al biennio successivo, non trasmissione di contenuti specifici in un campo limitato ma “acquisizione Ödi un orizzonte epistemologico, di un bagaglio metodologico, di una strumentazione tecnica”, cioè del ” ësaper pensare storicamenteí ” (fra virgolette) (p. 97). Trasmettere “quanto meno uníidea di che cosíè la storia tout court” (p. 99), cioè “specifica prospettiva culturale diversa da tanti altri modi di trattare ële cose del passatoí” (p. 99).
Sabbatucci: carattere realmente abilitante del primo ciclo e fortemente qualificato del secondo, insegnare la storia generale ed in modo tradizionale, cronologico, se la riforma della secondaria abolisce questo approccio, riservando al biennio le materie ed i contenuti attuali (specialistico-monografici) e líeccellenza al dottorato.
Detti: gli iscritti ai corsi di laurea in Storia oscillano fra il 5 ed il 15% del totale di Lettere e Filosofia: difendere più líinsegnamento della storia in altri corsi di laurea che la cittadella della specializzazione in storia (quali competenze professionali spendibili sul mercato)?
Firpo: rivendicazione del ruolo della cultura umanistica come asse portante della formazione intellettuale della classe dirigente (sostanzialmente liquidata dalla riforma). Non professionalizzazione, ma ruolo formativo generale, attraverso soprattutto storia generale e insegnamenti istituzionali. Percorsi di eccellenza e centri di eccellenza.
Musi: ghettizzazione storia nelle facoltà di Sc. Politiche
“Adozione di manuali e corsi generali, che realizzino il difficile equilibrio tra racconto, problema, giudizio e interpretazione, mettendo al centro delle loro ricostruzioni il fattore temporale, cronologico, ma anche líuso di strumenti tecnologicamente più avanzati” (112-113) Nel biennio saperi specialistici e professionalizzanti, per evitare líoscillazione fra “ignoranza generalista e frammentazione specialistica microstorica”.

Conclusioni Eí necessario portare avanti una riflessione sulla storia generale ed il suo insegnamento. Esempio: National standards for World History e National standards for United states history, National Center for History in the Schools, University of California, Los Angeles, 1994, coordinati da G. B. Nash e C. Crabtree, 1994. Vedi articolo di Testi, Il passato in pubblico: un dibattito sullíinsegnamento della storia nazionale negli Stati Uniti, “Storica”, II, 1996, 6, pp. 7-53. Riflettere su quello che definirei un “canone delle conoscenze”. Attorno a nuclei problematici in uníevoluzione cronologica che tenga peraltro conto delle diverse periodizzazioni possibili, e dei diversi tempi di accumulazione dei fenomeni storici. Ruolo in questo delle associazioni di categoria esistenti: Sis e Sissco. Commissione congiunta?