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La Sissco sulla limitazione della libertà di interpretazione storiografica

In data 26 marzo 2019 il Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia ha accolto una mozione che sospende “ogni contributo finanziario, patrocinio o concessione a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo a negare o ridurre il dramma delle Foibe e dell’Esodo”.

La decisione sconcerta poiché colpisce anche coloro che discutono il significato storico delle Foibe, i quali, a giudizio insindacabile del Consiglio stesso, ne “sminuirebbero la portata e ne negherebbero la valenza politica”. La decisione sembra quindi presupporre che esista un’unica interpretazione storica legittima e come tale meritevole di essere finanziata, sulla base di una lettura implicitamente fissata dal Consiglio Regionale.

La mozione sembra configurarsi come il risultato diretto di un clima di corrosiva polemica che da tempo circonda tutti quegli storici dei due paesi che hanno prodotto ricerche maturate in molti anni di lavoro, occupandosi del tema con rigore scientifico e rispetto delle fonti.

La Sissco esprime, come ha già fatto in passato con la proposta di legge Fiano e con l’istituzione di giornate memoriali ‘neoborboniche’, la propria ferma condanna di ogni intervento legislativo che tenda a limitare o orientare la libertà di espressione e di interpretazione storiografica e, più in generale, si oppone all’uso strumentale dei fatti del passato e dei finanziamenti pubblici alla ricerca e alla disseminazione storica. Il principio vale particolarmente in questo caso, in cui si danneggiano centri di studi che hanno dato contributi significativi e tutt’altro che ideologici o unilaterali alla conoscenza della storia.

La Società auspica che le inevitabili contese sul significato dei fatti, anche drammatici, del nostro passato siano risolte non da interventi censori, ma da un libero e aperto dibattito che dia alle fonti documentarie e ai loro studiosi il peso che loro spetta: a tal proposito, pertanto, si rende disponibile a un confronto con le autorità competenti, certa che la valutazione della ricerca passi necessariamente per il riconoscimento di criteri scientifici universalmente condivisi.