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La storia cancellata

di Fabrizio Polacco

(da La Stampa, 9 marzo 2001)

EVIDENTEMENTE a corto di sostenitori nostrani, poichÈ dalla scuola e dallíuniversitý italiane sono giunte sonore bocciature, gli autori dei nuovi programmi ministeriali di storia trovano per loro fortuna il plauso del professor Klinkhammer ( La Stampa del 7 marzo) al proprio progetto didattico: ridurre da 3 volte a una sola lo studio della storia; collocarlo assurdamente a cavallo tra la scuola di base e quella superiore; comprimere in un solo anno (per di pi˜ in uníetý preadolescenziale) lo studio di Grecia, Roma, Medioevo: cioË di quello che andrebbe studiato, come accadeva fino al 1996, in almeno 3 anni; infine, equiparare nei fatti le civiltý sub-sahariane a quelle classiche. Il tutto preceduto, per i bambini pi˜ piccoli, da un paio díanni di ´studi socialiª, e accompagnato, temiamo, da una spruzzatina di ´politicamente correttoª: negazione, questíultimo, di ogni libertý di pensiero e di ricerca. Lo studioso tedesco, definendosi ´irritatoª dai critici, vanta inoltre che la Germania ha abolito da decenni il liceo classico, che lÏ non si comincia pi˜ dal mos maiorum , che le invasioni barbariche sono pi˜ correttamente definite ´migrazioni di popoliª.
Come autore della prima concreta proposta di modifica a tali programmi, alla quale si sono poi affiancati gli universitari dellí´Appello dei 33ª, come docente liceale (finora dalla scuola si sono udite poche voci) e come italiano vorrei rilevare quanto segue. Anzitutto, líItalia non Ë la Germania: qui parliamo una lingua neolatina, il cui alfabeto mi pare sia tra líaltro quello usato anche dal mio interlocutore. Con líItalia, inoltre, la Germania condivide una democrazia e una religione originarie del mondo antico, e una letteratura i cui esponenti pi˜ alti (Goethe, H–lderlin) credo avessero qualche debito verso la classicitý. AnzichÈ abolire il classico da noi, quindi, potrebbero semmai pensare i tedeschi a reintrodurlo, soprattutto gli storici come Klinkhammer: magari in considerazione del fatto che la storia, insieme al pensiero razionale e alla geografia, Ë un prodotto di quel mondo classico il quale, con buona pace del politicamente corretto, una certa capacitý rispetto allíAfrica sub-sahariana líha almeno in questo forse dimostrata.
In realtý il problema Ë legato al futuro complessivo della scuola italiana. Concludere lo studio cronologico della storia a 15 anni vuol dire costruire (poi anche per le altre materie) un liceo su misura per quelli che a 15 anni lo lasciano (il 25%) danneggiando la maggioranza, che ha il sacrosanto diritto di studiare ´tuttaª la storia prima a livello di base (fino ai 13 anni) e poi a livello superiore (fino ai 18). Con uníopzione alternativa di ´educazione storico-civicaª (Otto e Novecento) per il biennio superiore, poi, come proposto dalla commissione non-ministeriale di cui faccio parte, si possono contemperare le esigenze di tutti.

Coordinatore nazionale PRISMA (Progetto per la Rivalutazione dell’Insegnamento e dello Studio del Mondo Antico)