Cerca

L’archivio dei re d’Italia depositato presso l’Archivio di Stato di Torino

Isabella Massabò Ricci

Isabella Massabò Ricci

Cheiron 1996 (n. 25-26)

1. Premessa

“Nihil de principe parum de Deo”, con questo titolo il 22 luglio 1983 la “Gazzetta Letteraria” si inseriva nella polemica che da qualche mese vedeva impegnata la stampa nazionale, dalla “Perseveranza” al “Corriere nazionale”, dalla “Riforma” alla “Tribuna”, dalla “Gazzetta del Popolo” allí “Opinione liberale”, fino alla “Nuova Antologia”.

Líarticolo della “Gazzetta Letteraria” proseguiva: “Nihil de principe parum de DeoÖ era una massima del buon tempo antico ed i nostri nonni se volevano scansar grattacapi e disturbi e star sicuri di morir di vecchiaia ne facevano il loro vangelo. Che direste lettori cortesi di adottarla voi pure, e di non metter più bocca díora innanzi in certi delicati discorsi del trono e dellíaltare? Crollereste le spalle chiedendo se scherzo o se impazziscoÖ Considerato che di libertà ce níè tanta che a un permaloso potrebbe sembrar licenza”.

LíUsseglio, autore della corrispondenza da Torino, aggiornava i lettori del suo giornale al riguardo di un episodio che sarebbe rimasto allíinterno di una piccola cerchia di studiosi ed eruditi, se essa non avesse riguardato principi che si andavano affermando in ordine al patrimonio documentario, oggetto di grande attenzione per la tutela delle garanzie costituzionali faticosamente affermate nel corso del secolo che andava chiudendosi.

E che si trattasse di una questione di rilievo lo testimonia, oltre allíattenzione della stampa, la stessa attività politica, concretizzatasi in un dibattito ampio in Parlamento, con successivi interventi del Ministro dellíInterno Crispi, del Ministro della Pubblica Istruzione Martini, senza trascurare decisi interventi del consiglio comunale della Città di Torino presso il Ministro Crispi dal cui Ministero gli archivi dipendevano [1].

Líappassionato tema sul quale si scontravano, in un polemico dibattito a distanza, le opposte posizioni politiche, proviamo a conoscerlo tramite uno dei giornali in questione, “La tribuna” del 25 luglio 1893. “La proposta di spogliare gli archivi di stato di una quantità di documenti per fare un archivio segreto di Corte ñ questa proposta strana di un indice di documenti proibiti ñ pare partita dal barone Manno, noto clericale (il che spiega la difesa della stampa pretina) e commissario del Re per la Consulta Araldica”.

Di che cosa si trattava dunque? Il 5 marzo 1890 il Ministro Crispi aveva istituito una Commissione di tre membri (i Tre Baroni) Antonio Manno, presidente della Deputazione di Storia Patria, Domenico Carutti, direttore della Biblioteca Reale, Bollati di Saint Pierre, direttore dellíArchivio di Stato [2], perché essa procedesse, con uníattività certamente arbitraria, alla asportazione delle carte che costituivano líArchivio di Corte di documenti di carattere riservato della famiglia reale.

La commissione, inteso in modo ampio il ruolo affidatole, nel corso di tre anni operò una forte censura degli atti separando e asportando dalle serie archivistiche parti importanti delle vicende storiche, che, private di importanti tasselli, perdevano in tal modo possibilità di essere comprese completamente.

Su tale decisione, probabilmente come si legge sulla stampa coeva aveva influito la pubblicazione di una “Vita di Carlo Alberto” ad opera del Costa di Beauregard, che si era giovato dellíaiuto del barone Manno. I contenuti di tale biografia erano stati messi in dubbio tramite documenti dellíArchivio torinese da Domenico Persero da qui la reazione del potente barone Manno molto intrinseco alla corte, seguita dal decreto del Ministro Crispi per la sottrazione allíArchivio di Corte di preziosi documenti.

Dellíarbitrarietà della costituzione di un archivio segreto può essere prova il fatto che negli stessi anni in cui i “Tre Baroni” operavano in tal senso Leone XIII apriva gli Archivi Vaticani agevolando líaccesso alla ricerca, e la corte di Vienna dava alle stampe le lettere più riservate di Maria Teresa, Giuseppe II, Maria Antonietta.

Líampiezza della sottrazione è attestata dai lunghi elenchi rimasti nellíArchivio di Stato di Torino.

Le carte sottratte vennero trasportate, come attestano i verbali delle operazioni, nella Biblioteca Reale e, tra promesse di restituzione del Ministero dellíInterno e rinvii, la polemica si trascinò fino a spegnersi come notizia ed il caso finì con líessere dimenticato e con esso le carte, uscite da un contesto organico di comprensione e di studio, per diventare piccoli lacerti smembrati inseriti in un contesto ad esse totalmente estraneo come quello pur prestigioso ed aulico della Biblioteca Reale.

La gestione dellíarchivio pubblico in funzione di esigenze dinastiche trovava in questa vicenda una premessa densa di significati.

2. Le disposizioni testamentarie di Umberto di Savoia: un progetto per la ricomposizione degli archivi dinastici.

Alla morte di Umberto di Savoia, il 18 marzo 1983, gli esecutori testamentari informarono lo Stato italiano della esistenza di un codicillo, che nellíambito delle disposizioni testamentarie del sovrano i esilio, indicava alcuni lasciti a favore di istituzioni culturali attive sul territorio nazionale e tra esse e líArchivio di Stato di Torino [3].

La disposizione testamentaria datata 24 luglio 1982 stabiliva che “i documenti dellíarchivio storico conservati a Villa Italia a Cascais” venissero consegnati “in piena proprietà allíArchivio di Stato di Torino”.

La lettera della disposizione testamentaria indicava con chiarezza la volontà del testatore che líarchivio, che egli custodiva a Cascais, pervenisse a Torino, sede di conservazione dei titoli originari della dinastia sabauda.

Ivi nel 1730, per la organizzazione e gestione degli archivi di corte, Filippo Juvarra aveva progettato e costruito nella zona di comando della capitale un apposito edificio [4].

Il re in esilio, nella vigenza della disposizione costituzionale che vietava “líingresso e il soggiorno nel territorio nazionale” agli ex re di Casa Savoia, e ai loro discendenti maschi [5], sembra voler sancire, tramite la propria decisione, una conclusione della storia della dinastia sabauda. Il conseguente affidamento delle memorie documentarie degli ultimi protagonisti di quella storia allo stesso archivio, che della dinastia conservava le origini, diveniva esemplare metafora di tale vicenda.

Umberto II aveva valutato la possibilità di tutelare la riservatezza dei documenti in fase di affidamento, istituendo una Commissione composta da illustri storici e studiosi a lui legati da devota amicizia; la Commissione avrebbe dovuto selezionare i documenti da sottrarre alla consultazione.

La scrupolosa preparazione della consegna degli atti faceva dunque dedurre la presenza nellíarchivio di carte delicate e recenti, se si immaginava per esse líapplicabilità della tutela offerta dallíarticolo 2 del DPR 30 settembre 1963 n. 1409 sui limiti della consultabilità.

Il 18 marzo 1983 dopo una malattia che impose a Umberto II lunghe assenze dalla residenza in Cascais, il re si spegneva a Ginevra lasciando ben chiarite le proprie decisioni in ordine allíeredità delle memorie documentarie in suo possesso.

Il legato 24 luglio 1982 rimandava ad un elenco che istituiva la Commissione incaricata di dare esecuzione al legato a favore dellíArchivio di Stato di Torino, affermava la presenza di “documenti posteriori al 4 novembre 1918” per i quali nella consegna si sarebbero dovuti porre speciali vincoli.

Seguirono la morte del sovrano atti tempestivi da parte degli eredi per líesecuzione “integrale” delle sue volontà e in particolare si richiamarono le disposizioni relative ai legati 17 e 24 luglio 1982 [6].

La Commissione costituita per la consegna dellíarchivio storico, convocata dagli esecutori testamentari [7] dovette però registrare già nella prima seduta a Cascais, il 19 maggio 1983, líassenza di “documentazione storica riguardante il Regno di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, la luogotenenza, il Regno e líEsilio di Sua Maestà Umberto II” [8]. Il verbale di tale seduta informa come furono attivate nella residenza inutilmente ricerche per il reperimento di atti, di cui era ben nota líesistenza, confermata pure dal testo della disposizione istitutiva della Commissione stessa.

Dunque tra il 23 gennaio 1983, data di tale atto, e il 19 maggio 1983, le carte “successive al 1918”, alle quali Umberto II intendeva assicurare la tutela della riservatezza tramite un accorto intervento di persone di sua fiducia, erano scomparse.

Varie ipotesi sono state formulate nel merito e molte e contrastanti risposte sono spesso venute da ambienti vicini alla famiglia reale [9].

Certamente il programma delineato nelle disposizioni testamentarie era stato infranto: le operazioni preliminari alla consegna allíArchivio torinese dei documenti più recenti della dinastia si confrontavano con vistose assenze documentarie, rispetto a un programma che avrebbe voluto assicurare alla storia preziosi strumenti di conoscenza.

3. Gli esiti del programma

Ma altri ostacoli andarono successivamente a complicare il compimento delle decisioni di Umberto II e probabilmente a incidere sulla organizzazione stessa delle carte.

Gli eredi, con una decisione assunta al di fuori delle disposizioni testamentarie (esse ponevano, come si è visto, indicazioni chiare sulle modalità della consegna), provvidero a trasferire a Losanna il complesso documentario. Né líamministrazione archivistica italiana, né líArchivio di Stato di Torino, destinatario del legato, furono informati di quanto operato nei confronti delle carte oggetto del lascito.

Poche e frammentarie notizie di stampa consentirono la sommaria ricostruzione degli eventi successivi al primo sopralluogo degli esecutori del legato nel maggio 1983.

Certamente tutti i documenti furono rimaneggiati per fotocopiarne i contenuti e per la redazione di un inventario di cui tuttavia non è poi stata consegnata copia. Si ha traccia invece delle carte dellíinventario di più mani.

Lo studio dei documenti provenienti da Cascais rimaneva però ai margini dellíattività della Fondazione Umberto e Maria José di Savoia, costituita a Losanna nel 1987 per la valorizzazione di una parte del patrimonio storico della famiglia ivi fatto confluire.

Líamministrazione archivistica fu privata di qualunque informazione ufficiale relativa al legato di Umberto II, nonostante il DPR 21 settembre 1984 n. 659 ne avesse sancito líaccettazione da parte dello Stato italiano e la conseguente aspettativa.

Solo nel 1993, a dieci anni dalla morte del sovrano in esilio, si è potuto dare attuazione al legato, nei limiti delle lacune già rilevate nel verbale della “Commissione per la consegna dellíarchivio storico” del 21 maggio 1983 e di quelle successive introdotte dai rimaneggiamenti archivistici operati dopo il trasferimento in Svizzera delle carte.

La consegna avveniva in due tempi. Nel febbraio 1993 [10] furono trasmesse ottantotto cartelle rispetto alle duecentodiciassette verbalizzate e sigillate a Cascais nel 1983 dalla Commissione in sedici bauli. Il 9 novembre dello stesso anno fu completatala consegna delle restanti centouno cartelle. In tale occasione la Commissione nominata per líesecuzione del legato ritenne di consegnare alla famiglia carte di carattere “strettamente familiare” contenute in 26 cartelle, tutte di “data non anteriore al 2 giugno 1946” [11].

Ricevuta la documentazione, della quale erano stati redatti elenchi sommari al momento della consegna, si procedette al controllo dei contenuti. Da esso emergeva confermato quanto rilevato dalla Commissione nel 1983 nel sopralluogo a Villa Italia in Cascais: líassenza cioè pressoché totale di documenti dinastici relativi al secolo XX, in contraddizione dunque con le indicazioni espresse nelle disposizioni testamentarie del 23 gennaio 1983.

Una miscellanea di atti, nella loro quasi totalità relativi al secolo XIX, componevano il legato. La schedatura analitica ha fatto emergere con chiarezza la loro relazione con líoperazione compiuta negli anni 1890-93 dai “Tre Baroni” nelle sale degli archivi di corte di Torino per ritirare “dalla pubblica vista” carte relative alla dinastia.

Una gran parte di tali atti si riferivano ai primi anni della storia nazionale e in particolare al regno di Vittorio Emanuele II e anche in tale ambito di rilevava la frammentazione dei nessi originari dei documenti, conseguente allíarbitraria operazione di prelievo, dagli archivi di corte, e la loro successiva organizzazione, operata probabilmente dallo stesso re Vittorio Emanuele III. Una scrittura molto vicina a quella del re risulta infatti annotare líordinamento delle carte.

Se líattesa di tale archivio aveva fatto sperare di poter accedere a nuove e più complete fonti per la storia dei re díItalia pochi e indiretti apporti sono venuti dallíacquisizione del legato di Umberto II. Si tratta infatti di carte prevalentemente precedenti líUnità nazionale e inoltre molte di esse risultavano appartenere ad archivi acquisiti da Vittorio Emanuele III e Umberto II per donazione o acquisti da parte di famiglie italiane [12].

Ad esempio, la documentazione relativa la regno di Carlo Alberto appartiene allíarchivio del conte Cesare Trabucco di Castagnetto, fidato ministro del re [13].

Se dunque la documentazione acquisita contribuisce alla conoscenza del regno di Carlo Alberto, non si può trascurare di annotare che la maggior parte di essa proviene da un archivio aggregato e come essa non costituisca nemmeno il reintegro, come in altri casi avviene, della documentazione che nei verbali delle asportazioni dei “Tre Baroni” venne indicata con la descrizione di “tutte le lettere di Carlo Alberto”.

Come sopra segnalato gran parte dei documenti, pervenuti allíArchivio di Stato di Torino in base al legato di Umberto II, si riferiscono al regno di Vittorio Emanuele II. In tal caso un confronto con gli elenchi delle carte trasmesse nel 1942 al Quirinale dalla Biblioteca Reale, sede dellíArchivio Segreto costituito tra il 1890 e il 1893 dai “Tre Baroni” e trasferito da ultimo a Cascais, ci consente di ritenere in gran parte ricomposto líinsieme di atti del primo re díItalia. Essi erano stati conservati in Archivio di Corte fino allíopera di smembramento, che ne ruppe líunità, nel compimento di una politica culturale che dietro la protezione dellíimmagine dinastica spesso nascondeva piccole ripicche storiografiche e contrasti ideologici tra laici e cattolici, italiani e piemontesi, moderati e innovatori [14].

Il legato di Umberto II ha dunque ricomposto nelle sale dellíArchivio di Corte in Torino in gran parte la documentazione relativa al regno di Vittorio Emanuele II asportate nel XIX secolo. Circa 50 cartelle sulle 88 consegnate nel febbraio 1993, contengono prevalentemente carteggi del primo re díItalia con ministri, politici e, in generale, con i maggiori soggetti attivi nella vicenda politica della unificazione nazionale.

Si deve rilevare tuttavia la perdita di tutti i nessi archivistici tra le carte, organizzate nella forma del carteggio per mittenti e destinatari e pertanto estrapolate dal contesto burocratico amministrativo non più presente.

Non è possibile in tale ambito rilevare líopera dei soggetti che interagiscono con il sovrano nella preparazione di quanto le lettere consentono di ricostruire. Tuttavia il fondo risulta di notevole interesse considerato il lungo periodo da esse coperto, 1848-1878, i grandi problemi da esse adombrati, e i corrispondenti (dagli esponenti delle maggiori dinastie europee ai protagonisti della politica nazionale tra il 1848 e il 1878).

Pare inutile aggiungere che dal compatto fondo di 50 cartelle, relative allíetà di Vittorio Emanuele II, sedici sono costituite da telegrammi, prevalentemente cifrati e raramente interpretabili, limitando la quantità di informazioni utilizzabili.

La recente acquisizione di un ulteriore segmento dellíoriginario fondo, passato nellí “Archivio segreto” presso la Biblioteca Reale di Torino e poi trasmesso al Quirinale [15] consente di completare il carteggio di Vittorio Emanuele. Esso risulta contenere, allíinterno di un contesto più largo, le carte estratte con criteri non chiari, poi conservate in Italia in una sede incongrua per tali atti [16].

Si tratta di una corrispondenza che, suddivisa per mittenti, copre lo stesso spazio cronologico 1848-1877 del carteggio pervenuto da Cascais con una chiara identità dei mittenti e dei destinatari, mentre rimangono oscure le ragioni della suddivisione e la diversa collocazione.

Di delinea come certo il collegamento con i mazzi indicati come “Carteggio Vimercati” nellíelenco del 1942, che accompagnava le carte trasmesse dalla Biblioteca Reale di Torino al Quirinale [17].

Nellíelenco Alberti, direttore della Biblioteca Reale, i mazzi che componevano il carteggio Vimercati risultavano essere cinque: di essi oggi si è ricomposta líunità tramite il legato di Umberto II e tramite gli atti a cui appartiene il carteggio di Vittorio Emanuele qui discusso.

Nel legato di Umberto II, sotto il titolo “Carteggio di Vittorio Emanuele II”, è pure presente una vasta corrispondenza relativa al duca Amedeo díAosta, re di Spagna e a sua moglie Maria Vittoria del Pozzo della Cisterna (1868-1873); di tali documenti si era persa traccia e il loro ritrovamento riveste un notevole rilievo.

Se dunque importanti carte per la storia del primo re díItalia sono state acquistate, con tali atti parrebbe chiudersi la storia dinastica in quanto i documenti dei successivi sovrani sono pressoché assenti.

Poche sono le carte relative al regno di Umberto I; al di là di quelle sulla educazione impartita ai principi, è pervenuto un solo mazzo di corrispondenza (1878-1888), prevalentemente costituito da dispacci telegrafici e da un fascicolo di lettere al re Umberto I dal principe Eugenio di Savoia Carignano (1878-1880), legato al sovrano da forti legami, pur nelle difficoltà del suo rapporto con la corte.

Per la storia di Umberto I poche altre carte sono nel fondo “Miscellanea Quirinale seconda”: si tratta di alcune lettere tra le quali quelle dal carcere dellíanarchico Passanante al re (1878-79).

Ogni più vasta documentazione di carattere politico risulta assente.

Venendo alla documentazione del Novecento la struttura del fondo ricevuto è estremamente lacunosa. Gli atti relativi al XX secolo presenti nei due lotti del legato di Umberto II sono limitati a ben poche cose: un diario di guerra [18], steso da Francesco Avogadro degli Azzoni, membro della casa militare di Vittorio Emanuele III con il ruolo di aiutante di campo effettivo. Il diario copre gli anni di guerra dallí8 maggio 1915 al novembre 1917. Sono presenti pure tre registri manoscritti, redatti da Vittorio Emanuele III annotanti líelenco delle alte cariche dello Stato (1848-1944) con il titolo “ministri, sottosegretari di stato, persone che fecero parte delle Presidenze del Senato del Regno e della Camera dei deputati” [19]. Mancano invece i quaderni di appunti puntigliosi e metodici che il re Vittorio Emanuele III è noto redigesse quotidianamente.

Di tali documenti, visti a Cascais, a Villa Italia e più volte citati [20] si è persa traccia anzi se ne è indicata spesso la deliberata distruzione da parte dei familiari. Tuttavia al riguardo si dispone solamente di informazioni non documentate e spesso contrastanti offerte di volta in volta da agiografi o avversari della dinastia.

Per quanto concerne la figura di Umberto II si ripropone la medesima lacunosa situazione documentaria. Il fondo tace sui periodi della storia díItalia per i quali il ruolo della dinastia rimane al centro di interpretazioni controverse (il rapporto col Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale, líavvento della Repubblica).

Sono pervenuti soltanto pochi fascicoli, con annotazioni degli aiutanti di campo del principe Umberto, che annotano gli eventi bellici in atto. Nei cinque fascicoli sono infatti contenute le “Relazioni sullo svolgimento delle operazioni alla frontiera occidentale, fronte della Quarta Armanta” (1940) [21].

La documentazione di un mese appena, per una guerra lunga e rovinosa è presente nellíarchivio della dinastia.

Né il dattiloscritto dei “diari” di Umberto II offrono informazioni su un ampio periodo. Le poche note sulle giornate del principe stese dai suoi aiutanti di campo coprono pochi mesi tra il luglio 1943 3 il dicembre 1944 [22].

Date drammatiche della storia nazionale passano quasi ignorate nelle annotazioni degli ufficiali di ordinanza del principe di Piemonte [23] e se ne colgono raramente i riflessi.

Il 25 luglio 1943, mentre a Villa Savoia si sanciva la caduta del Fascismo con il successivo arresto di Mussolini il “diario” annotava una giornata vissuta nella normalità:

“ore 8 ñ Sua Altezza Reale ascolta la S. Messa, accompagnata dal seguito, nella Cappella della villa Struffi; ore 9 ñ riceve il generale Maccario; ore 10.30 ñ si reca al comando; ore 11 ñ riceve S.E. il Vescovo di Sessa Aurunca de Cicco, il generale De Marinis comandante della Divisione Carabinieri Reale “Ogaden” (Napoli); ore 12.45 ñ colazione alla mensa del Comando; invitato il generale De Marinis; ore 13.50 ñ rientra a Villa Struffi; ore 17.50 ñ si reca al Comando; ore 18.15 ñ riceve il luogotenente generale Coselschi; ore 20.15 ñ pranza alla mensa del Comando; ore 23.10 ñ rientra a Villa Struffi” [24].

Il 26 luglio il principe si trasferisce da Sessa Aurunca a Roma ove vede il generale Sartoris. Poche note che non fanno trasparire in dramma che il paese sta affrontando.

Né sembrano andare oltre la cronaca le informazioni riportate sulle giornate che la dinastia vive tra lí8 e il 10 settembre 1943. Così annota il diario:

“8 settembre 1943, ore 17.15 ñ S.A.R. accompagnato dagli ufficiali díordinanza parte in automobile per Roma; ore 18.10 ñ giunge al R. Palazzo del Qurinale; ore 19.00 ñ riceve S.E. il Duca díAcquarone; ore 21.20 ñ in seguito agli avvenimenti della giornata, accompagnato dal suo seguito si reca, con LL.MM., al Ministero della Guerra, ove pernotta”.

Nella schematicità della narrazione emerge uníaltra data drammatica della storia dinastica: il 4 giugno 1944, che segna il passaggio dei poteri dal re Vittorio Emanuele III al figlio Umberto. Tuttavia il diario non fa emergere alcun ruolo del principe nel grave cambiamento in atto.

Solamente il giorno 8 i documenti annotano una serie di incontri ufficiali legati alla luogotenenza assunta.

Così il testo del diario:

“8 maggio 1944, ore 14.45 ñ líomaggio del generale Bencivenga, governatore militare di Roma, che viene invitato a prendere posto nellíautomobile; ore 15,30 ñ entra nel palazzo del Quirinale, ricevuto dal generale Graziani, mastro delle cerimonie, dai Collari della SS. Annunziata S.E. Vittorio Emanuele Orlando e S.E. il grande ammiraglio Thaon di Revel; sono presenti altre autorità civili e militari; dalle ore 15.30 alle ore 18 ñ riceve le sottonotate personalità politiche e militari: S.E. il Nunzio Apostolico Mons. Borgoncini Duca, generale Clark, colonnello Fiske e concede udienze ad altre persone venute a rendergli omaggio; ore 18.45 ñ si reca in automobile in Vaticano, accompagnato dal Primo Aiutante di campo generale, dagli Ufficiali díordinanza, dal tenente díAddario e dal maggiore Stewart; ore 19 ñ è ricevuto in privata udienza dal Santo Padre; ore 20 ñ si reca a far visita al cardinale Maglione; ore 20.30 ñ si reca in San Pietro; ore 20.50 ñ rientra al Palazzo del Quirinale; ore 20.55 ñ riceve il maresciallo díItalia Badoglio e S.E. Bonomi”.

I diari si interrompono il 31 dicembre 1944 per riprendere negli anni 1959-1967 [25] quando annotano gli incontri del sovrano, i suoi spostamenti da Cascais, gli impegni ufficiali, le relazioni diplomatiche, ancora possibili per un sovrano in esilio.

Le molte e semplici lettere, ricevute da “fedeli sudditi” italiani, conservate nellíarchivio testimoniano líattenzione accordata da Umberto alla memoria documentaria. Tanto più stupisce dunque che manchino totalmente carte di carattere politico.

Il legato di Umberto II non sembra dunque aver aggiunto nuove fonti per la storia della dinastia a partire dallíUnità díItalia.

Le aspettative son rimaste deluse, né si profilano elementi utili per una futura completezza delle fonti.

Gli stessi atti patrimoniali conservati a Torino, nel fondo Casa di Sua Maestà, non sembrano essere più eloquenti [26].

La storia della Monarchia nazionale, a partire dallíUnità díItalia, difficilmente potrà trovare le sue fonti nelle carte di quellíarchivio che lungamente ne ha assicurato la memoria.

NOTE

1- La vicenda è ricostruita in D. PERRERO, Sullo sventramento di un archivio pubblico a benefizio di un risorto archivio segreto, Torino, 1893. Per una recente lettura critica del caso si veda U. LEVRA, Fare gli Italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino, 1992.

2- Per la storia dellíArchivio torinese si veda Guida generale degli Archivi di Stato, vol. IV, Roma, pp. 363-641.

3- ASTo, Copia delle disposizioni testamentarie (24 luglio 1982 e 23 gennaio 1983). Cfr. Ibidem, pure Declaration et mandat par líhoirie 982 e 23 gennaio de sa Majesté Umberto de Savoie par Mitre Olivier Gampert, notaire. Le 25 mars 1983.

4- A tal riguardo si veda I. SOFFIETTI, I. MASSABÒ RICCI, Per lo stato e per la memoria: gli archivi sabaudi fra XIV e XX secolo, in I tesori degli archivi. LíArchivio di Stato di Torino, a cura di I. Massabò Ricci e M. Gatullo, Firenze, 1994, pp. 9-15.

5- Costituzione della Repubblica Italiana, Disposizioni transitorie e finali, Disposizione XIII.

6- Atto del notaio Olivier Gampert 25 marzo 1983.

7- Un atto notarile confermava con il consenso degli eredi i poteri degli esecutori testamentari individuati in: Simeone di Sassonia Coburgo, Moritz Landraf von Hessen, M. Charles Ghilbert díUdekem.

8- ASTo, Legato Umberto II, Verbale della Commissione il 21 maggio 1983

9- A tal proposito è emblematica la vicenda dei diari di Vittorio Emanuele III, scomparsi e dei quali si raccontano diversi e contrastanti percorsi.

10- Nei giorni 9-12 febbraio si poté svolgere la formale consegna per il tramite dellíambasciatore rappresentante permanente díItalia presso líUfficio delle Nazioni Unite a Ginevra.

11- ASTo, Legato Umberto II, “Verbale relativo allíesecuzione del lascito del Re Umberto II allíArchivio di Stato di Torino”, Ginevra, 9 novembre 1993

12- Una parte cospicua delle 88 cartelle della prima consegna del legato è costituita dagli archivi “aggregati”. “Cesare Trabucco Castagnetto”, “Monzani”, “Vimercati”, “Canna”, “Rattazzi”, “Bellà”, per un totale di 34 cartelle.

13- Così la sua biografia in A. MANNO, Il Patriziato Subalpino, Firenze, 1895-1906: “Giambattista Giulio Cesare Trabucco di Castagnetto (nato a Torino, S. Giovanni, 3 maggio 1802; morto a Moncalieri, 21 ottobre 1888). Sostituto Procuratore generale di Casa Carignano; maggiordomo e intendente generale in seconda di Casa Reale (1831, 19 marzo); segretario privato del Re (1834, 24 gennaio); intendente generale della Real Casa (1839, 2 marzo); intendente generale della lista civile (1849-50); tesoriere generale SS. Maurizio e Lazzaro e Gran Cordone; senatore del Regno (1848, 3 aprile); governatore del castello di Moncalieri; ministro di Stato (1877, dicembre). Amministratore del patrimonio di re Carlo Alberto e suo amico intimo, fidatissimo ed ascoltato consigliere. Uomo di grande pietà scrisse di ascetica. Sposa (12 febbraio 1831) Gabriella, dei marchesi Asinai di Bernezzo”.

14- A tale proposito si veda ad esempio il carteggio Chiala-Vayra nellíapposita sezione dellíArchivio di Stato di Biella, cass. 5, f. 65 (1886-1891)

15- ASTo, Miscellanea Quirinale. Il Versamento “Carteggio di S.M. il re Vittorio Emanuele II”, bb. 19-22.

16- A seguito delle consegne del lascito di Umberto II anche tali documenti sono stati consegnati allíArchivio di Stato di Torino nel mese di aprile 1994.

17- Cfr. ASTo, Corte, “Restituzione delle Carte Quirinale” “Elenco del Carteggio Reale contenuto in ogni cassa” firmato Adriano Alberti (direttore della Biblioteca Reale) Torino, 26 ottobre 1942.

18- ASTo, Legato Umberto II, prima parte, cart. 89.

19- Ibidem.

20- Ugo DíAndrea affermava nel 1951 di aver fotografato con il permesso del re Umberto II, alcune pagine del diario di Vittorio Emanuele III, pubblicate in La fine del Regno. Grandezza e decadenza di Vittorio Emanuele III, Torino, 1951.

21- ASTo, Legato Umberto II, seconda parte, mazzo 91/1.5 “Relazione sullo svolgimento delle operazioni alla frontiera occidentale fronte Quarta Armata”; “Osservazioni e conclusioni alla relazione sulle operazioni svolte dal IV Corpo díArmata dal 10 al 25 giugno 1940, XVIII”; “Stralcio delle conclusioni e osservazioni sullíattività e le operazioni svolte nel periodo 10 maggio ñ 25 giugno 1940, XVIII”; “Relazione sulle operazioni alla frontiera occidentale” 1940.

22- ASTo, Legato Umberto II, seconda parte, “dattiloscritto dei diari di Umberto” (1943-1944), cart. 90 (numerazione provvisoria)

23- Tra il luglio e il dicembre 1943 si susseguono nella carica il maggiore pilota Francesco di Campello, il maggiore di cavalleria Gaetano Litta Modignani, il tenente colonnello Riccardo deí Sangro, il capitano di corvetta Giovanni Brandolini díAdda.

24- ASTo, Legato Umberto II, “Copia dattiloscritta dei diari di Umberto II”, 1943, luglio p.15.

25- Ibid., cart. 80 e 82 (numerazione provvisoria).

26- ASTo, Casa di Sua Maestà, Casa del Principe di Piemonte.