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Lettera d’informazione 2008-3

Roma, 25 luglio 2008

Care Socie e cari Soci,

Una breve lettera per ricordarvi che è in rete il programma del nostro Convegno nazionale, “Le regioni multilingui come faglia e motore della storia europea nel XIX-XX secolo”, che come sapete si terrà quest’anno dal 16 al 18 settembre a Napoli, dove spero verrete numerosi.
Al ritorno dalle vacanze, che mi auguro tutti passiate nel miglior modo possibile, saremo chiamati a confrontarci col problema del futuro dell’Università, un problema già esistente—almeno in molte facoltà l’Università italiana è in crisi da anni—ma che i nuovi provvedimenti del governo hanno reso ineludibile. Personalmente ritengo che il nostro modello di Università non possa essere difeso. Fatte le dovute eccezioni e le isole felici, che pure esistono, esso è da tempo obsoleto, non competitivo, poco attento al merito, incapace di reggere il confronto con le migliori Università straniere. La paura è che i nuovi provvedimenti lo affondino, senza nemmeno a provare a fargli partorire, magari con dolore, qualcosa di nuovo e migliore, lasciandoci con macerie da cui sarà difficile ripartire e un’Università ridotta, almeno nelle facoltà umanistiche, a un’istituzione di serie C, capace nel migliore dei casi di sfornare dignitosi professionisti. Da questo punto di vista mi auguro che il nostro dibattito, oltre a esprimere giustificate proteste, sappia indicare strade verso un futuro migliore, come alcuni di voi hanno già provato a fare.
La crisi della ricerca e del sostegno ad essa—malgrado le ripetute dichiarazioni di tutti i governi—è stata confermata in questi giorni dai risultati del finanziamento dei “Progetti di interesse nazionale”. In tutto la storia contemporanea, inteso come settore M-Sto/04, ha ottenuto 57.000 (dico cinquantasettemila) euro, meno di quanto distribuissero fino a pochi anni fa alla disciplina singole università (la somma cresce, ma non di molto, se contiamo come contemporaneisti, come sarebbe giusto, studiosi appartenenti ad altri settori scientifico-disciplinari). Se vi si somma la fine dei finanziamenti del CNR, la quasi scomparsa delle borse per l’estero ecc. c’è da chiedersi come possa oggi un giovane ricercatore assicurarsi quella formazione e quelle esperienze di ricerca internazionali pure indispensabili alla sua maturazione o come possa uno studioso lanciare un progetto di ricerca che travalichi i confini della sua regione per non dire del nostro paese.
Come sapete, le prospettive del sistema universitario sono inoltre aggravate dal blocco del turnover, che ha suscitato forti proteste, comprensibili alla luce dell’alta età media dei docenti –vi sono intere facoltà che perderanno nei prossimi anni il 20-30% dei loro docenti, senza poterli rimpiazzare.
Ciò però non deve farci scordare che siamo alla vigilia di una tornata concorsuale che vedrà la nostra disciplina—che ha bandito negli ultimi due mesi 10 posti di ordinario, 7 di associato e 3 di ricercatore (dati di per se significativi)—aumentare di circa il 10% il numero dei suoi docenti, in virtù del meccanismo della doppia idoneità. Come hanno ben scritto in passato i miei predecessori, la SISSCo eviterà anche questa volta di farsi coinvolgere in quelli che Raffaele Romanelli definì come “gli affari della corporazione” evitando, nelle parole di Tommaso Detti, “ogni indicazione che possa prefigurare questo o quell’interesse concorsuale e appaia suscettibile di fare della SISSCo – anche in minima parte – una delle tante lobbies accademiche”. Ma ciò non vuol dire ignorare il problema, anche morale, che questo ingresso straordinario di docenti ci pone. Proprio il suo essere forse l’ultima occasione di un tale reclutamento per alcuni anni fa sì che la disciplina sarà più che mai chiamata a rispondere delle sue scelte: l’auspicio non può che essere quello alla valorizzazione del merito e della qualità, magari facilitata in futuro dall’adozione di sistemi concorsuali diversi, basati o sulla selezione di una lista nazionale di idonei, o su meccanismi che premino e puniscano le facoltà per le loro scelte.
Se non sapremo rispettare questi principi sarà difficile difendersi dalle critiche e lamentarsi degli attacchi a un’istituzione che, quando è libera di scegliere, non segue i criteri che pure sa essere quelli giusti.

Andrea Graziosi