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L’identità conflittuale: miti locali e lotta politica nel mantovano

Maurizio Bertolotti

Maurizio Bertolotti

Se si chiedesse ai mantovani di presentare la loro città a chi non ne ha mai sentito parlare, la maggior parte di loro comincerebbe col dire che Mantova è la città dei Gonzaga. Questa identificazione appare di primo acchito naturale, quasi scontata. Nelle vie e nelle piazze della città e di molti paesi della provincia ogni giorno vengono incontro ai mantovani i documenti/monumenti che costituiscono l’eredità di tre secoli di signoria gonzaghesca: uno straordinario patrimonio storico e artistico che rende Mantova degna d’essere conosciuta in tutto il mondo.
Tuttavia, potrà obiettare qualche altro cittadino virgiliano, la fastosa signoria dei Gonzaga non è l’unica pagina di storia che illustri Mantova e a cui la sua immagine potrebbe essere associata. A metà dell’Ottocento, sugli spalti di Belfiore, caddero per mano del carnefice austriaco una decina di patrioti rei d’aver ordito una congiura contro il governo: uno degli episodi più significativi del Risorgimento italiano. Qualche decennio più tardi proprio nel Mantovano si formeranno i primi organismi del movimento contadino italiano. Proprio nel Mantovano, aggiungiamo, avranno i loro natali o intraprenderanno la loro azione alcuni dei più importanti e famosi dirigenti del movimento socialista. «Città dei martiri di Belfiore» e «culla del movimento contadino e del socialismo» sono state in effetti le altre due identificazioni più ricorrenti di Mantova da parte dei suoi cittadini. In quale modo e con quali esiti queste tre identità si sono contese il favore dei Mantovani negli ultimi due secoli? Quali implicazioni ideologiche, più o meno consapevoli, esse hanno avuto per chi le condivideva? Come la loro storia s’intreccia a quella delle lotte sociali e politiche? Questi alcuni degli interrogativi a cui l’intervento vorrebbe rispondere.