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Note sul documento conclusivo elaborato dal gruppo di lavoro dell’aggregazione disciplinare storico-geografico-sociale della Commissione ministeriale per il riordino dei cicli

di Alberto De Bernardi (mail alla lista di discussione sissco@racine.ra.it del 19 febbraio 2001)

Da: “Antonino Criscione” crish@tiscalinet.it
A: sissco@racine.ra.it
Oggetto: [sissco] Note sul curricolo di storia
Data: lunedÏ 19 febbraio 2001 15.17

Cari amici,
Alberto De Bernardi [debernardi@biblio.cib.unibo.it] mi ha chiesto di far circolare nella mailing-list della SISSCO questo messaggio, cosa che faccio volentieri.
Antonino Criscione


NOTE SUL DOCUMENTO CONCLUSIVO ELABORATO DAL GRUPPO DI LAVORO DELL’AGGREGAZIONE DISCIPLINARE STORICO-GEOGRAFICO-SOCIALE DELLA COMMISIONE MINISTERIALE PER IL RIORDINO DEI CICLI Alberto De Bernardi Come spesso accade nel nostro paese la discussione sulla scuola italiana avviene episodicamente sulle pagine dei giornali tra quei pochi addetti ai lavori che riescono ad accedere ai mezzi di comunicazione di massa, nel generale disinteresse delle corporazioni accademiche che presidiano i diversi ambiti disciplinari. Sta accadendo anche questa volta nel momento in cui i gruppi di lavoro nominati dal ministro per definire i contenuti e gli obbiettivi formativi delle varie materie insegnate dopo mesi di lavoro sono riusciti a elaborare una sintesi compiuta, che delinea il nuovo volto culturale della scuola italiana. Questo documento finale – Ë bene che si sappia – esprime semplicemente una proposta di un organo consultivo, le cui conclusioni non sono state ancora recepite dagli organismi ministeriali, nË trasformate dal ministro in decisione politica, e riguarda esclusivamente la scuola di base, perchÈ questo era il mandato assegnato dal ministro alla commissione. Infatti solo con il mese di marzo la commissione, divisa nei suoi diversi gruppi di lavoro, comincerý l’esame dei curricola delle scuole superiori.
Come purtroppo era ovvio che fosse, data la centralitý che la memoria del passato ha assunto attualmente nel dibattito culturale e nella lotta politica in Italia, la discussione si Ë incentrata solo ed esclusivamente sulla storia, ma proprio per quella ragione, essa Ë giý iniziata con il piede sbagliato e rischia di precipitare in un pantano di banalitý e di fraintendimenti, che non giovano nÈ alla sforzo legittimo di quanti vogliono contribuire a emendare e migliorare il testo della commisssione, nÈ allo scopo encomiabile di informare con cognizione di causa le famiglie e i giovani su quale storia verrý insegnata nella nuova scuola italiana. Esempio fulgido di mala informazione Ë stato l’articolo di Giovanni Belardelli, apparso il 9 febbraio sul “Corriere della Sera”. Redatto evidentemente senza nemmeno avere letto il documento in questione, ma avendo solo maneggiato di fretta le anticipazioni di stampa, esso si concentra sull ‘insegnamento della storia nel triennio delle superiori, che come ho detto in precedenza, esula dall’elaborazione della commissione. Inoltre si spinge a improvvide lamentazione sul presunto abbandono della “cronologia” nel curricolo di storia, che non trovano riscontro in nessuna riga del documento, ma che servono solo per un gratuito attacco ad alcuni membri della commissione stessa, additati al pubblico ludibrio con l’accusa infamante di essere incompetenti e di sinistra. PoichÈ chiunque si occupi dei problemi dell’insegnamento della storia conosce benissimo le persone in questione, l’affondo di Belardelli si sarebbe solo rivelato un maldestro infortunio di chi parla di cose che non conosce; ma purtroppo due giorni dopo l’attacco personale Ë stato ripreso dal “Foglio”, che ha pubblicato una biografia di questi colleghi redatta con lo stile delle veline della questura e con i toni minacciosi di chi si sente incaricato di stilare liste di proscrizione degli intellettuali ritenuti “nemici”. La partenza della discussione Ë stata dunque pessima, subito inquinata di politicismo e maleodorante di cialtroneria intellettuale. Per fortuna Rosario Villari prima e Nicola Tranfaglia poi sulle pagine del “Corriere della sera” e della “Repubblica”, hanno elevato il tono del dibattito, facendo emergere nodi e questioni importanti, ma non fugando del tutto l’ impressione che vi sia un resistenza a discutere nel merito gli assi portanti della proposta e soprattutto che si faccia fatica ad abbandonare l’ equazione storia insegnata uguale “storia generale”. Queste note vogliono essere un contributo in questa direzione da parte di chi ha contribuito non poco alla elaborazione del curricolo di storia, nella speranza che esso possa favorire una discussione seria degli storici italiani sul futuro della loro disciplina.
Il punto saliente che ha informato l’attivitý del gruppo di lavoro sulla storia presieduto da Dario Antiseri Ë consistito nello sforzo di immaginare lo studio della storia nella scuola di base all’interno di un curricolo verticale unitario che delineasse gli indirizzi complessivi della formazione storica nella scuola italiana. Da questo punto Ë vero che l’ipotesi elaborata chiama in causa anche il biennio e il triennio, ma solo nel senso che punta a definire le competenze formative degli ordini superiori della formazione e suggerisce soprattutto per il triennio un approccio alla conoscenza storica non pi˜ descrittivo-narrativo, ma problematico, lasciando del tutto aperta la questione dei contenuti e degli assi culturali.
Questa scelta affonda le sue radici innanzitutto nella necessitý di superare la ciclicitý dell’insegnamento della storia, che come ha rilevato Tranfaglia, non ha dato buoni frutti formativi. Attualmente gli studenti e le studentesse italiane, come Ë noto, fanno per ben tre volte – alle elementari, alle medie e alla superiori – lo stesso programma di storia, che prevede l’insegnamento della cosiddetta “storia generale” dalla preistoria ai giorni nostri. Le differenze tra i diversi ordini e gradi dell’istruzione sono eminentemente di ordine quantitativo, perchÈ all’interno del medesimo approccio descrittivo-narrativo alla conoscenza della storia le differenze riguardano essenzialmente la mole di informazioni veicolate all’interno di argomenti ormai standardizzati. Ma abbandonare la ciclicitý non significa tralasciare lo strumento e il criterio della ricorsivitý nella formazione storica, che consente di graduare l’acquisizione di una visione d’insieme della storia dell’umanitý in funzione dell’evoluzione delle capacitý cognitive dei discenti. Da questo punto di vista il progetto divide il curricolo in quattro fasi: a) la prima, collocata nei primi due anni della scuola di base, prevede un primo contatto con la storia a partire dall’esperienza vissuta, enucleando i primi elementi del lessico e delle concettualizzazioni proprie della conoscenza storica dall’universo delle relazioni nelle quali Ë inserito. b) La seconda che riguarda i due anni successivi, ha come centro l’ acquisizione di una sorta di grammatica delle civiltý. L’alunno sarý guidato alla conoscenza delle forme storiche della civilizzazione umana dalla rivoluzione neolitica alla societý industriale, in modo da evidenziare attraverso elementari comparazioni la complessitý e la profonditý dei processi storici. c) La terza Ë quella sulla quale si Ë maggiormente rivolta l’attenzione del gruppo ed Ë stato prodotto il maggior sforzo d’innovazione e di discontinuitý rispetto al passato. Questa fase comprende un ampio ciclo di studi che va dal quinto anno della scuola di base al compimento dell’obbligo scolastico alla fine del biennio delle superiori. In questi cinque anni si colloca l’apprendimento della “storia generale”, che ho chiamato descrittivo-narrativa. Cinque anni, anche tendendo conto delle esperienze di altri paesi europei, sono la dimensione giusta per effettuare una ricognizione seria sulla storia dell’umanitý calibrando l’apprendimento dal mondo antico alla contemporaneitý senza dover ricorrere a salti e omissioni, che sono invece assai presenti nella situazione attuale. Le riflessioni degli psicologi dell’etý evolutiva sono concordi nel ritenere che in questo periodo studenti e studentesse siano nelle condizioni di affrontare uno studio sistematico e cronologico delle vicende storiche; l’ esperienza poi conferma che l’avvio dello studio della storia generale nella scuola media attuale (11 anni) non abbia presentato problemi cognitivi rilevanti, tali da giustificare eccessive preoccupazioni per l’anticipo di un anno. Inoltre il una maggiore ampiezza del tempo a disposizione favorirý procedure d’insegnamento adatte ai ritmi di apprendimento dei bambini e delle bambine. Ovviamente questa scelta ha una conseguenza rilevante: l’ abbandono dello studio della storia antica nel biennio dei licei e la sostituzione con la storia contemporanea. Su questo argomento la commissione ha discusso molto ma molti argomenti militano a favore di questa opportunitý. Innanzitutto va detto che la collocazione della storia nell’ area comune impone programmi omogenei per tutto questo ordine di studi, nella misura in cui Ë indispensabile ammettere la possibilitý degli studenti di muoversi trasversalmente da un tipo di scuola all’altro. Inoltre giý attualmente non solo gli istituti professionali svolgono il programma di storia sulla contemporanea, ma in molti istituti tecnici si effettuano sperimentazioni didattiche basate sulla storia contemporanea. Infine l’ argomento pi˜ forte Ë che non si puÚ immaginare l’obbligo scolastico per migliaia di adolescenti si concluda con la storia antica. L’obbiezione sollevata da pi˜ parti che la mancata coincidenza tra l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo da tutti auspicato alla fine del diciottesimo anno sia rapidamente superata e che quindi in tempi brevi la maggior parte degli studenti proseguiranno gli studi fino alla fine del triennio superiore, non Ë molto convincente. Infatti non solo non Ë alle viste nessun progetto per omogeneizzare obbligo scolastico e obbligo formativo, ma i dati a disposizione dicono che le iscrizioni alla scuola professionale sono in crescita e che la fine dell’obbligo comporterý una fuoriuscita dal sistema scolastico di molti giovani. Con il nostro progetto di curricolo a tutti i ragazzi e le ragazze italiane verrebbe garantita la stessa formazione storica seria e approfondita sulla quale fondare una educazione al pensare storicamente che costituisce l’apporto culturale fondamentale dell’ insegnamento della storia alla formazione del cittadino. d) Il triennio coincide con l’ultima fase della formazione storica. Qui lo studente verrý messo confronto la disciplina nelle sue dimensioni problematiche e metodologiche all’interno di un approfondimento delle conoscenze specifiche. Ovviamente i nuclei problematici non dovranno, nÈ potranno, essere disgiunti da un ossatura cronologica che consenta di recuperare la pienezza dell’evoluzione storica nelle sue lunghe durate. CiÚ non toglie che in questo ultimo segmento del percorso scolastico gli allievi dovranno saggiare la natura congetturale della disciplina e i nessi strettissimi tra storia come res gestae e la storia come discorso storiografico. Sono dunque infondate le preoccupazioni di quanti hanno intravisto dietro la “storia per temi” il rischio di una approccio alla storia ridotto a un caleidoscopio di argomenti svincolato da quadri generali di riferimento e affidato alle scelte soggettive di scuole e docenti. E vero invece esattamente il contrario nel senso che l’insegnamento della storia, svincolato dalla camicia di Nesso della “storia generale”, potrý dedicarsi all’approfondimento criticamente pi˜ avvertito del passato: del passato non solo recente, ma lontano e lontanissimo, perchÈ sono dell’avviso che in quest’ottica vada recuperata anche la storia antica, a cui si potrebbe dedicare buona parte del primo anno del ciclo triennale.
Credo che da queste rapide considerazioni emerga con chiarezza come siano del tutto pretestuose le considerazioni di quanti hanno voluto leggere in questa proposta curricolare una sorta di regressione culturale e una perdita di senso dell’insegnamento della storia. Si tratta invece di un progetto che consegna ai giovani e alle giovani gli strumenti conoscitivi per impossessarsi criticamente del passato e farne il baricentro della loro formazione culturale. Un obbiettivo che la scuola che per fortuna ci lasciamo alle spalle non aveva raggiunto.