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Modello A

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Schede di valutazione

 

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)


PROGRAMMA DI RICERCA – MODELLO AAnno 2004 – prot. 2004110783
PARTE I

1.1 Programma di Ricerca di tipo
Interuniversitario

Area scientifico disciplinare Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (100%) 
 

1.2 Titolo del Programma di Ricerca

Per una genealogia della violenza: guerra e modernità tra Otto e Novecento

1.3 Abstract del Programma di Ricerca

Il progetto si propone di indagare da diverse prospettive metodologiche questioni fondamentali della violenza di guerra in età contemporanea. Si offrirà una ampia ricognizione della letteratura disponibile, sia italiana che straniera. Si farà il punto della ricca produzione in argomento, non solo storiografica, per rendere disponibile un utile strumento di lavoro agli studiosi, e per trarre da questa ricognizione-censimento una bussola storiografica di orientamento nella ricerca, per desumere interrogativi e questioni che contribuiscano ad una interpretazione globale del fenomeno “guerra”, ad una migliore definizione concettuale della “violenza di guerra”. Si procederà poi ad una rassegna critica del dibattito storiografico, e, attraverso seminari e momenti di discussione interna al gruppo, ad una selezione delle rilevanze e dei principali assi di approfondimento dell’indagine.

Quattro sono i principali indirizzi di lavoro ipotizzati:

1) la riflessione sugli elementi di lunga durata, sulle persistenze che connettono le guerre del Novecento a fenomeni politici e culturali tipici della società del XIX secolo, e consentono di rintracciare nella seconda metà dell’Ottocento fattori genetici della “guerra totale”. Si indagheranno i nessi tra guerra e razzismo, in particolare gli schemi culturali e le retoriche della guerra, nonché i canoni di giustificazione che si formano in Europa a margine delle prime guerre coloniali; il processo di ‘estetizzazione’ e ‘nobilitazione’ della violenza bellica compiuto dalla cultura europea ottocentesca di ispirazione nazional-patriottica; l’apporto delle religioni alla cristallizzazione e diffusione di una “cultura del nemico” (l’ebreo, l’altro).

2) le modalità di governo amministrativo e politico, sociale e militare dei sistemi d’occupazione (sia quelli militari che quelli coloniali), sulla base di una impostazione comparativistica, che preveda un raffronto sia tra esperienze nazionali che tra periodi storici differenti. Si confronteranno le modalità d’occupazione a seconda delle circostanze, dei luoghi e dei tempi, del tipo di società cui si sono applicate. Settori cruciali delle politiche d’occupazione – e dunque oggetti privilegiati di indagine – sono: lo sfruttamento del potenziale produttivo; il saccheggio di manodopera, risorse, prodotti alimentari; i progetti e le strategie dei gruppi di pressione, sia industriali, che bancari ed agrari; le politiche di spostamento delle popolazioni, di snazionalizzazione, di pulizia etnica; la dialettica tra considerazioni politiche ed economiche e fattori etnico-razziali nelle strategie d’occupazione; il contrasto delle forme di guerriglia contro gli eserciti occupanti. L’asse principale di comparazione sarà quello tra le due guerre mondiali, ma verrà indagata anche la guerra franco-prussiana del 1870-71 come momento anticipatore di sviluppi futuri, e si proporrà un confronto con alcune esperienze di guerre post 1945.

3) la ricostruzione delle tappe che hanno condotto alla definizione di “crimine di guerra” e all’elaborazione di un diritto nazionale e internazionale che ne stabilisce i criteri di punibilità. Si procederà ad individuare i principali filoni culturali del diritto internazionale ed a rintracciare i nessi e i legami della discussione giuridica che si svolge fuori d’Italia con quella che viene condotta nel paese.

4) l’approfondimento di importanti aspetti antropologici e storici della violenza di guerra, con particolare riferimento alla violenza di massa, alle nevrosi di guerra, agli effetti dei bombardamenti sulle popolazioni civili, agli stupri ed alle sistematiche violenze ai danni delle donne. Si indagheranno inoltre le trasformazioni dei conflitti tra Seconda guerra mondiale e Guerra fredda attraverso lo studio comparato delle forme della violenza militare ai danni della popolazione civile, con l’obiettivo di mettere a confronto il comportamento militare dei fascismi e quello delle democrazie.


1.4 Durata del Programma di Ricerca    24 Mesi  


1.5 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca

M-STO/04 – Storia contemporanea 
M-DEA/01 – Discipline demoetnoantropologiche 
M-STO/07 – Storia del cristianesimo e delle chiese 
SPS/13 – Storia e istituzioni dell’Africa 

1.6 Parole chiave

GUERRA ; GUERRA TOTALE ; RAZZISMO ; VIOLENZA DI GUERRA ; MEMORIA ; CRIMINI DI GUERRA ; NEVROSI DI GUERRA ; COLONIALISMO ; SISTEMI DI OCCUPAZIONE MILITARE


1.7 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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PEZZINO  PAOLO   
Professore Ordinario  07/08/1948  PZZPLA48M07G482U 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università di PISA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di STORIA      
050525492
(Prefisso e telefono) 
0502215537
(Numero fax) 
p.pezzino@unipi.it
(Email) 

1.8 Curriculum scientifico

Paolo Pezzino è professore ordinario dal 1° gennaio 2003. Insegna Storia Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa; dal 1° novembre 2000 al 28 febbraio 2003 è stato direttore del Dipartimento di storia moderna e contemporanea dell’Università di Pisa. Dal febbraio 2003 è Prorettore ai rapporti con il territorio della stessa Università. Si occupa di storia del Mezzogiorno d’Italia e mafia, di massacri di civili nella seconda guerra mondiale, di insegnamento della storia, di storia dell’Italia repubblicana. Coordinatore di un progetto 4O% (sedi di Pisa, Catania, Messina e Palermo) su “Mafia e criminalità nella Sicilia ottocentesca”, per gli anni 1986-1990, e coordinatore dell’unità pisana in un progetto diretto dal prof. Galli della Loggia su “La crisi dell’identità nazionale nella vicenda storica dell’Italia repubblicana, 1943-1968: collocazione ed immagine internazionale, classe dirigente e cultura di massa”, finanziato per il triennio 1993-1995, coordinatore nazionale di un programma cofinanziato dal Murst per il periodo novembre 1999/novembre 2001 dal titolo “Guerra ai civili. Per un atlante delle stragi naziste in Italia”, i cui risultati sono stati presentati in un Convegno internazionale tenutosi a Bologna nel giugno 2002. E’ stato socio fondatore e membro del Direttivo dell’IMES, Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali e della SISSCO – Società italiana per lo studio della storia contemporanea. Dal 1995 al febbraio 2003 ha fatto parte del comitato di Direzione della rivista storica “Passato e Presente”. Fa parte dell’Editorial Advisory Committee della rivista “Modern Italy. Journal of the Association for the Study of Modern Italy”, fin dal primo numero (Autumn 1995). Dal 2000 fa parte del comitato editoriale della rivista “Crime, law and order”. E’ stato direttore de “Il mestiere di storico”, annale della Sissco, nel 2000 e 2001.

1.9 Pubblicazioni scientifiche più significative del Coordinatore del Programma di Ricerca

1. PEZZINO P. (2002). SENZA STATO. LE RADICI STORICHE DELLA CRISI ITALIANA ROMA-BARI: LATERZA (ITALY)  
2. PEZZINO P. (2001). Storie di guerra civile. L’eccidio di Niccioleta. BOLOGNA: Il Mulino (ITALY)  
3. PEZZINO P. (2001). Sui mancati processi in Italia ai criminali di guerra tedeschi STORIA E MEMORIA. (vol. n. 1)  
4. PEZZINO P. (1997). Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca ISBN: 88-15-06054-5 Bologna, Il Mulino, pp. 243.  
5. PEZZINO P.; BATTINI M. (1997). Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944 ISBN: 88-317-6773-9 Venezia, marsilio, pp. XXIV-556.  

1.10 Elenco delle Unità di Ricerca

nº Responsabile Scientifico Qualifica Settore Disc. Università Dipartimento Mesi Uomo
1.

CORNI GUSTAVO 

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  M-STO/04  TRENTO  SCIENZE UMANE E SOCIALI  12 
2.

GIBELLI ANTONIO

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  M-STO/04  GENOVA  STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA  16 
3.

GRIBAUDI MARIA GABRIELLA 

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  M-STO/04  NAPOLI “Federico II”  SOCIOLOGIA  18 
4.

MELLONI ALBERTO 

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  M-STO/04  MODENA e REGGIO EMILIA  SCIENZE SOCIALI, COGNITIVE E QUANTITATIVE  22 
5.

PEZZINO PAOLO

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  M-STO/04  PISA  STORIA  22 
6.

TRIULZI ALESSANDRO

(Documento non disponibile)

Professore Ordinario  SPS/13  “L’Orientale” di NAPOLI  STUDI E RICERCHE SU AFRICA E PAESI ARABI  12 

1.11 Mesi uomo complessivi dedicati al programma

Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca    16  123  124  247 
Personale universitario di altre Università    61  65  126 
Titolari di assegni di ricerca    23  15  38 
Titolari di borse  Dottorato  35  35  70 
  Post-dottorato  33  33  66 
  Scuola di Specializzazione       
Personale a contratto  Assegnisti       
  Borsisti  37  37  74 
  Dottorandi       
  Altre tipologie  47  44  91 
Personale extrauniversitario    53  53  106 
TOTALE     58  412  406  818 

PARTE II

2.1 Obiettivo del Programma di Ricerca

Il progetto di ricerca si propone una concettualizzazione delle forme di violenza connesse al fenomeno bellico in età contemporanea. Nonostante la copiosa produzione storiografica sul tema “guerra”, manca ancora nel panorama internazionale una ricognizione che legga i modi di espressione della violenza in relazione ai più tradizionali fatti “militari”. Alla luce di una nuova sensibilità storiografica tesa a rintracciare – senza porre rigidi rapporti causa/effetto – le matrici politiche, ideologico-culturali ed antropologiche della violenza, si vuole reinterpretare il fenomeno bellico entro una più ampia cornice diacronica, geografica, problematica, e soprattutto tentare tale riconsiderazione in una prospettiva comparata. In questo senso abbiamo fatto ricorso al termine “genealogia”: perchè intendiamo calare la singolarità degli eventi di cui di volta in volta ci occuperemo entro la complicata trama di nessi, continuità e viceversa fratture con i tempi lunghi della storia. Ciò che è apparsa come una delle caratteristiche storiche del XX secolo – la violenza su larga scala, il “di più” di violenza nei fatti d’arme – necessita di uno sforzo storiografico di rintracciarne le premesse in una più ampia durata, che travalichi i confini tematici e cronologici tradizionali.
A questo fine, e in questa prospettiva genealogica, si seguiranno precisi filoni di ricerca:

1) l’approccio culturale allo studio di guerra e violenza è una chiave analitica importante per individuare alcuni aspetti che nel Novecento definiscono il concetto di “guerra totale”, e per inseguire quelle tracce evolutive che ne fissano il momento genetico nel XIX secolo. Si tratta di indagare alcuni parametri che spieghino la “predisposizione alla violenza” che è venuta a maturazione nelle guerre mondiali e negli scontri ideologici del Novecento, ponendo al centro dell’analisi la dinamica della “nazionalizzazione delle masse”. Da un lato, nella seconda metà dell’Ottocento le elaborazioni nazional-patriottiche (romanzi, memorie, apparati iconografici) hanno insistito su di una configurazione fortemente bellicistica delle identità nazionali e individuali, ricostruendo il passato delle “comunità immaginate” all’insegna della guerra e dell’eroe. Allo stesso tempo, emerge un nesso sempre più stretto tra guerra e razzismo. La politicizzazione e massificazione dei conflitti nel corso delle grandi lotte nazionali hanno definito quegli schemi noi/altri e amico/nemico – in un processo nel quale merita di essere valutato anche l’apporto delle religioni e del linguaggio religioso alla cristallizzazione e diffusione di una “cultura del nemico” – ai quali si sono saldate teorie e correnti culturali di ampia diffusione (social-darwinismo, eugenetica). Si è così sedimentato un “sentire comune” che da un lato ha considerato in maniera crescente la guerra uno strumento legittimo di esercizio di superiorità e risoluzione dei conflitti, e dall’altro si è intrecciato con una “ideologia del dominio europeo” declinata in termini razzistici, premessa ideologico-culturale alle guerre coloniali.

2) Particolarmente ricca in riferimento alla seconda guerra mondiale, la ricerca sulla violenza in territori occupati e colonie è più frammentaria in ordine al funzionamento di sistemi di occupazione e regimi coloniali nel XIX secolo, nel primo conflitto mondiale, nonché per gli anni successivi al 1945.
Seguendo dal punto di vista metodologico un approccio di tipo comparativistico (tra diverse esperienze nazionali e differenti periodi storici e eventi bellici, a partire dalla guerra franco-prussiana del 1870-1871 sino ai conflitti dell’età della Guerra Fredda), si perseguirà l’obiettivo di uno studio della specifica forma di violenza legata all’occupazione militare e della memoria elaborata dalle popolazioni assoggettate.
La ricerca tratterà degli aspetti istituzionali – quelli che hanno riguardato le specifiche modalità di organizzazione delle occupazioni e di governo dei territori occupati, nonché le amministrazioni militari – intrecciandoli con gli aspetti della violenza che hanno coinvolto le popolazioni locali, lo sfruttamento delle risorse materiali ed umane, il ruolo egemonico ricoperto dalle potenze occupanti, giustificate spesso sulla base di presunte gerarchie razziali. La riconsiderazione dell’esperienza coloniale risulterà di particolare interesse anche per il ruolo da essa rivestito nella definizione delle nuove identità nella società africana contemporanea.

3)Le violenze di guerra. Le forme della violenza militare perpetuate ai danni della popolazione civile subiscono trasformazioni fondamentali tra il primo e il secondo conflitto mondiale. Oltre ad uno studio comparato tra i due differenti eventi bellici, si tenderà a raggiungere l’obiettivo di una più precisa ed articolata definizione del concetto di “guerra ai civili”. A tal fine, si propongono ulteriori approfondimenti in merito ai temi della legittimità della violenza “preventiva” adottata nei confronti dei civili, alle funzioni di deterrente ricoperte dalle stragi contro civili inermi, al problema dei confini tra responsabilità individuale e responsabilità collettiva. In questo contesto, particolare attenzione sarà dedicata – nel quadro di una più ampia riflessione sulle caratteristiche della “guerra totale” – alle strategie di controguerriglia impostate dagli eserciti regolari in differenti casi nazionali ed alle campagne di bombardamento aereo cui vengono sottoposte con crescente intensità le popolazioni civili. In riferimento a questo secondo aspetto, si tratta di avviare una ricognizione dei danni inferti, delle vittime, degli effetti economici, delle misure di soccorso, e di indagare anche la memoria individuale e collettiva dell’evento “bombardamento”.

4) Gli aspetti antropologici della violenza. Tra le caratteristiche della violenza di massa proprie del XX secolo spicca la declinazione etnica: molte pratiche di genocidi dalla forte connotazione simbolica rendono espliciti, oltre che aspetti intrinseci di forme rituali ed efferate di violenza, processi sociali legati alla fondazione/difesa di comunità “immaginate” proprio sulla base di precise dinamiche di inclusione/esclusione e di costruzione dell’alterità etnica. Questi aspetti non possono peraltro restare scissi dalla memoria delle vittime di queste specifiche forme di violenza. Per quanto concerne questo aspetto, l’approccio antropologico si concentra sulle modalità di elaborazione collettiva del lutto e delle perdita, nonché sulle strategie di ricostituzione della comunità e dei legami sociali spezzati dagli eventi traumatici. L’indagine sui traumi e le patologie mentali legate alle esperienze di guerra, oltre ad illuminare aspetti più squisitamente intimi e soggettivi della violenza bellica, permette di illuminare aspetti particolari del mondo psicologico e degli orizzonti mentali delle generazioni che si imbattono in queste esperienze.

5)i crimini di guerra. Un ambito che ancora una volta tiene insieme taluni aspetti legati alla violenza di guerra con quelli più politici e giuridici è rappresentato dai crimini di guerra. Al riguardo, chiaro obiettivo della ricerca è ripercorrere l’itinerario culturale che ha portato alla definizione nella cultura giuridica più recente del “crimine di guerra”. Tale percorso consente di ricostruire le caratteristiche e le modalità di sviluppo del processo di globalizzazione politica e giuridica del mondo, di andare alle origini dell’attuale sensibilità per il tema della punizione del crimine di guerra, di rileggere dalla prospettiva del diritto l’evoluzione delle forme della guerra in età contemporanea.

Tra gli obiettivi principali del presente progetto resta quindi prioritario quello di riprendere e sistematizzare filoni d’indagine già avviati come studi su singoli casi o specifici aspetti e ricondurli in un quadro comparativo al fine di giungere ad una riflessione genealogica sulle radici e sulle forme della violenza di guerra in età contemporanea.


2.2 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale

La ricerca storica si rivolge oggi con sempre maggiore attenzione allo studio del fenomeno “guerra” in età contemporanea. Non si tratta di un interesse rivolto solo ad approfondire gli aspetti squisitamente militari dei conflitti, quanto soprattutto di uno sforzo verso la reinterpretazione del fenomeno bellico alla luce di una nuova sensibilità storiografica, tesa a rintracciare le origini culturali e ideologiche del modo di condurre la guerra ed a valutarne gli effetti e le ricadute soprattutto sulle popolazioni civili. La guerra in epoca contemporanea infatti si trasforma progressivamente in “guerra totale”, con i civili assurti a protagonisti dell’evento bellico, quando non addirittura a principali vittime, e con il potenziale distruttivo a disposizione degli eserciti che cresce esponenzialmente, via via conducendo al rischio di una guerra “definitiva”, tale da condurre alla scomparsa dell’umanità stessa. Un fenomeno che non sarebbe comprensibile senza considerare la contemporanea evoluzione tecnologica degli armamenti. L’accresciuto potenziale di devastazione, la capacità di movimento e mobilità degli eserciti, l’estensione sempre maggiore del raggio d’azione delle armi offensive hanno reso sempre più labile la distinzione tra fronte (la “prima linea”) e fronte interno (la società che sostiene i combattenti), hanno condotto al sempre più massiccio coinvolgimento dei civili, con la dilatazione dei territori sottoposti alla pressione militare indiretta. La società è dunque sottoposta ad una mobilitazione totale delle energie umane e delle risorse economiche disponibili a sostenere lo sforzo bellico: la guerra diviene quindi un fattore di riorientamento complessivo della vita civile ed economico-sociale, prima ancora del coinvolgimento diretto del territorio nelle operazioni belliche.
La trasformazione della guerra in guerra totale ha dunque posto agli studiosi numerose domande: quali sono le radici storiche del mutato comportamento bellico, in particolare della propensione a coinvolgere sempre più massicciamente le popolazioni civili, sino a farne un fattore importante delle stesse strategie militari? Come si modifica l’atteggiamento verso queste forme di distruzione di massa assunte dalla guerra, sia sul piano delle stesse concezioni militari che di quelle etico-religiose, culturali, giuridiche? Quali sono gli effetti della guerra su militari e civili, sia nell’immediato, durante lo svolgimento dei fatti bellici, sia nel tempo, nella sedimentazione del ricordo e nella rielaborazione della memoria? Nel tentativo di dare risposta a questi ed altri numerosi interrogativi si sono moltiplicati in questi ultimi anni – sia in Italia che all’estero – gli studi e le ricerche su singoli episodi bellici ovvero sulla comparazione tra diversi eventi militari, si sono formati gruppi di ricerca e si sono organizzati convegni e seminari, sono apparsi in numero crescente volumi di sintesi e studi monografici. Alcuni degli stessi proponenti il presente progetto di ricerca già hanno condotto ricerche in tal senso, accumulando importanti esperienze di lavoro e misurandosi con i risultati e le elaborazioni interpretative della storiografia italiana e internazionale.
Ora, però, appare giunto il momento di realizzare un salto di qualità nell’indagine storiografica. La moltiplicazione delle ricerche e dei contributi disponibili ha difatti reso disponibile un rilevante patrimonio di conoscenze, ha condotto ad una accumulazione originaria di riflessioni che ha permesso di porre nuove domande e di affinare le interpretazioni. In particolare, si è posta in termini nuovi la questione della dialettica dei tempi in rapporto al cambiamento delle stesse forme della violenza di guerra: l’affermazione della guerra totale e delle forme di estesa e diffusa violenza ad essa connesse è infatti ascrivibile, per un verso, ad una trasformazione dei modi di pensare e condurre la guerra che hanno riguardato fattori di breve durata; per un altro verso, invece, anche ad elementi di maggiore radicamento e di più lungo periodo. Se è lo sviluppo tecnologico e industriale a consentire nel XX secolo il salto di qualità della violenza di guerra, se la prima guerra mondiale rappresenta la porta d’accesso alla “modernità” e ne sintetizza il carattere nella produzione di morte su scala industriale, se la seconda guerra mondiale porta tragicamente iscritto nel suo orizzonte di distruzione di massa l’intreccio tra guerra totale e guerra ideologica, vi sono anche nessi e persistenze che legano le guerre del Novecento alla cultura del XIX secolo, alle guerre coloniali combattute dall’Europa nell’Ottocento. L’esperienza della fabbrica fordista che si applica nella trincea del 1914-18, l’innovazione tecnologica che diviene un fattore determinante delle politiche degli armamenti e delle scelte strategiche dei governi in guerra, il processo di conquista coloniale e il rapporto con altre popolazioni e altri continenti, l’incontro tra ideologia e scienza, le due guerre mondiali e la loro natura “costituente” del mondo contemporaneo, non sono pienamente comprensibili senza considerare le ascendenze culturali e materiali collocate nel secolo precedente. Allo stesso modo, è impossibile comprendere gli sviluppi più recenti del fenomeno guerra, gli atteggiamenti verso di essa, senza misurarsi con le eredità culturali e le memorie collettive sedimentatesi in riferimento al secondo conflitto mondiale. Ciò è particolarmente evidente nell’ambito dell’elaborazione del diritto internazionale e della discussione sulla definizione di “crimine di guerra” (e dei criteri per la sua punibilità), nonché nel mutare delle concezioni di “guerra giusta”, nella sua delegittimazione come mezzo per la risoluzione delle controversie tra stati, e viceversa nella sua rilegittimazione come forma “poliziesca” di mantenimento dell’ordine internazionale e come dissuasione all’aggressione militare.
In questo senso, lo studio della guerra diventa lo studio della società che l’ha prodotta; dunque, indagare il fenomeno della violenza di guerra significa interrogarsi su quali elementi della società di pace la preparano e la incubano. Filoni diversi d’indagine confluiscono quindi in questo sforzo di ricerca in prospettiva monografica delle caratteristiche della società contemporanea: dall’antropologia della morte alla storiografia militare sulla guerra totale, dalla storiografia sociale sulle forme della violenza e sulle psicosi di guerra alla storia della cultura e delle idee, dei modi di elaborazione degli stereotipi razzisti, delle ideologie politiche, del senso comune intorno alla guerra. Sono al centro dell’interesse storiografico temi quali: i meccanismi di governo e di amministrazione dei sistemi d’occupazione (con particolare riferimento alla seconda guerra mondiale, a causa delle enormi conquiste territoriali della Germania nazista e dei suoi alleati); gli effetti della guerra sulle popolazioni civili, oggetto della violenza in virtù delle strategie antiguerriglia e del tentativo di fiaccare l’opinione pubblica del paese avversario (ad esempio attraverso il ricorso a massicci bombardamenti aerei); le memorie dell’esperienza bellica sedimentatesi nelle comunità locali, in determinati gruppi sociali e/o politico-culturali, nelle donne che vivono e subiscono in modo specifico la violenza; la rielaborazione di queste memorie in una narrazione pubblica e nazionale delle vicende di guerra; l’accresciuta sensibilità culturale e giuridica sui “limiti” della guerra, sulla definizione di ciò che è consentito e ciò che deve essere bandito dai conflitti, sulla legittimità stessa del ricorso allo scontro armato tra stati. E ancora si potrebbe continuare nell’elencazione dei temi di ricerca e discussione che si sono venuti moltiplicando in questi ultimi anni e che solo in parte sono restituiti dalle indicazioni bibliografiche che seguono. Ciò che è comunque evidente è che assistiamo ad un tentativo della storiografia contemporanea di rendere più complessa l’interrogazione dei fenomeni storici, di restituire ad essi la necessaria caratura storiografica al fine di conseguire una migliore intelligenza del fenomeno “guerra” e della violenza che in essa si esercita.
Il presente progetto di ricerca intende essere parte attiva in questo tentativo. Intende soprattutto ricongiungere filoni d’indagine che sinora si sono spesso mossi senza dialogare tra loro, che si sono occupati di singoli casi di studio non ricondotti ad una quadro comparativo, che si sono incentrati su determinati periodi e episodi bellici senza sviluppare una riflessione d’insieme sulle radici e sulle forme della violenza di guerra. Sulla base della convinzione che l’accumulo di ricerche e l’affinamento dei metodi d’indagine può oggi consentire l’avvio di una riconsiderazione complessiva del fenomeno “guerra” in età contemporanea.
 

2.2.a Riferimenti bibliografici

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2.3 Numero di fasi del Programma di Ricerca:    2


2.4 Descrizione del Programma di Ricerca

Fase 1
Durata e costo previsto

Durata   Mesi  12  Costo previsto   Euro  244.100 

Descrizione

Il progetto di ricerca si propone nella prima fase di condurre una riflessione da diverse prospettive metodologiche su questioni e aspetti fondamentali della violenza di guerra in età contemporanea. Preliminarmente, si intende proporre una ampia ricognizione bibliografica sulla letteratura disponibile – italiana e straniera – in tema di guerra. Si vuole fare il punto della ricca produzione in argomento, non solo storiografica, sia per rendere disponibile un utile strumento di lavoro agli studiosi, sia per trarre da questa ricognizione-censimento una bussola storiografica con cui orientarsi nella ricerca, per desumere una mappa di interrogativi e questioni che contribuiscano ad una interpretazione globale del fenomeno “guerra”, ad una migliore definizione concettuale della “violenza di guerra”. Tra gli obiettivi primari del progetto vi è dunque l’elaborazione di una bibliografia ragionata e organizzata tematicamente (da rendere disponibile su supporto informatico e all’interno di un sito web, di modo da poter essere fruibile dal massimo numero possibile di ricercatori, insegnanti, studenti). Sulla base di questo scavo bibliografico si procederà poi ad una rassegna critica che faccia il punto del dibattito storiografico, e, attraverso seminari e momenti di discussione interna al gruppo di ricerca interuniversitario, contribuisca a selezionare le rilevanze e i principali assi di approfondimento dell’indagine.

A questo momento istruttorio farà seguito l’avvio del vero e proprio lavoro di ricerca, che il programma complessivamente (cioè in entrambe le fasi) prevede articolato in quattro ambiti principali d’indagine: 1) lo studio dei presupposti ideologici e culturali della guerra totale che tra Ottocento e Novecento; 2) le modalità di governo politico, sociale e militare dei sistemi d’occupazione (sia quelli tradizionalmente connessi alle campagne militari che quelli tipici del colonialismo); 3) la ricostruzione delle tappe storiche che hanno condotto alla definizione di “crimine di guerra” e all’elaborazione di un diritto nazionale e internazionale che ne stabilisce i criteri di punibilità; 4) l’approfondimento di importanti aspetti antropologici e storici delle forme di violenza di guerra, con particolare riferimento alla violenza di massa, alle nevrosi di guerra, agli effetti dei bombardamenti sulle popolazioni civili, agli stupri ed alle sistematiche violenze condotte ai danni delle donne.

In particolare, in questa prima fase il gruppo di ricerca concentrerà i propri sforzi sui tre primi cantieri di lavoro, conducendo – a latere del richiamato censimento bibliografico preliminare – una intensa campagna di raccolta di documentazione archivistica (in Italia e all’estero) e di testimonianze scritte e orali sulla base di quanto previsto dai progetti delle singole unità, ciò che giustifica la rilevante quota di risorse economiche da impiegare.

I tre assi tematici principali d’indagine di questa prima fase sono:

1) Le origini culturali della violenza e dei sui linguaggi. Le ricerche di Gorge L. Mosse e, in ambito italiano, di Emilio Gentile, hanno apportato un contributo rilevante allo studio delle “origini culturali” dei regimi fascisti. Si tratta adesso di applicare analoghi modelli di ricerca al tema più generale della violenza e della diffusione di una “cultura del nemico” che ha favorito la predisposizione all’esercizio della violenza tipica del Novecento.
Le tendenze di crescente politicizzazione e ideologizzazione dei conflitti nascono già con le guerre napoleoniche, che assistono alla comparsa della figura dei “patrioti in armi” e alla polarizzazione degli schieramenti entro lo schema “amico-nemico”, variamente declinato. Di qui in avanti, nel corso dei processi di formazione degli Stati nazionali, di nazionalizzazione delle masse e di espansione nei contesti extra-europei, si vengono definendo quegli schemi di interpretazione e legittimazione della guerra, di diffusione dei miti nazionali all’insegna della superiorità nazionale, civile, razziale, che renderanno possibile a cavallo tra otto e novecento la diffusione di una crescente disponibilità ad uccidere ed essere uccisi per la patria, per la realizzazione di un dominio nazionale o di civiltà, “contro” nemici inferiori e barbari (sia in Europa che fuori d’Europa).
La ricerca sarà imperniata intorno ad alcuni campi d’indagine principali.
In primo luogo, si esamineranno quei materiali culturali (saggi politici, romanzi, opere storiografiche, elaborazioni iconografiche, memorie) di ispirazione nazional-patriottica, che hanno dato un contributo fondamentale alla estetizzazione e alla nobilitazione della violenza bellica. I materiali testuali ottocenteschi (dai lavori storici di Thierry ai romanzi di Scott alle poesie di Berchet e Manzoni) impongono una immagine bellicista della comunità nazionale e il passato storico delle nazioni è intessuto di guerre. Un ruolo di primo piano spetta alla figura dell’eroe, di cui si enfatizza soprattutto la natura sacrificale: la morte o la sconfitta dell’eroe sono componenti essenziali per la sacralizzazione della sua figura, un processo molto ben visibile in una delle icone assolute del nazionalismo bellicista ottocentesco, Giuseppe Garibaldi.
Un secondo elemento di indagine sarà relativo ai nessi tra guerra e razzismo, nei termini di una analisi delle retoriche di guerra e dei meccanismi di legittimazione della violenza che si attivano nel corso delle guerre coloniali. Attraverso l’analisi di fonti a stampa, memorialistica, letteratura dei reduci, si cercherà di mettere in evidenza gli orizzonti mentali e culturali ed i lemmi semantici usati sia per giustificare ideologicamente queste imprese che per legittimarne le manifestazioni violente, mettendo in evidenza alcune coppie di significato (civiltà vs barbarie, progresso vs arretratezza, razze superiori vs razze inferiori) destinate a rifluire e acquistare rilevanza e drammaticità nel Novecento. Strettamente legato a questo filone, verrà dedicata attenzione al contributo dato dalle religioni e dal linguaggio religioso alla costruzione di una “cultura del nemico”, prendendo spunto dallo studio della polemica “intransigentismo-modernità” e dall’analisi degli aspetti tipici dell’antisemitismo cattolico rifluiti poi nel secolo successivo come substrato culturale al quale si sono appellati i regimi politici fautori della Soluzione Finale.
Infine, si cercherà di sottoporre a verifica il risultato di questa “analisi culturale della violenza e dei linguaggi della violenza”, cercando di cogliere come e quanto gli elementi individuati nel loro momento genetico ottocentesco, rifluiscono poi nel Novecento, ed in particolare nei conflitti mondiali, facilitando i meccanismi di interiorizzazione dell’esperienza bellica.
Anche in questo caso le fonti saranno di natura letteraria, iconografica, memorialistica, ma anche pittorica e letteraria, insomma tutti quei momenti di rielaborazione (e giustificazione) pubblica ma anche privata dell’esperienza bellica. Tra gli altri, la produzione pittorica, la memorialistica dei reduci, le testimonianze scritte dei civili in contesto bellico (donne, infermiere, padri e madri di combattenti, bambini e ragazzi, internati, profughi, ricoverati in ospedali ecc.).

2) Sistemi e regimi d’occupazione. La ricerca sulle occupazioni militari è stata e continua ad essere molto ricca per quanto riguarda la Seconda guerra mondiale, anche a causa delle enormi conquiste territoriali da parte della Germania. Assai più ridotta è stata finora l’attenzione della storiografia su quanto è avvenuto durante la Prima guerra mondiale. Certo, in quest’ultimo caso le occupazioni militari hanno riguardato porzioni molto più ridotte di territorio, ed un numero assai più basso di civili. Considerazioni non dissimili si potrebbero svolgere per altri importanti periodi bellici, così come – anche se in questo caso cominciamo a disporre di ricchi contributi (si pensi nel caso italiano al recente lavoro di Nicola Labanca, Oltremare) – per l’esperienza coloniale. Mentre invece l’età contemporanea – e specificamente il Novecento – assiste all’intreccio di politiche di occupazione coloniale sia in ambito europeo (si pensi alle esperienze nazista e sovietica) che extraeuropeo, nonché di massicci spostamenti di popolazione, spesso coatti. Si tratta di un processo complesso e variegato di governo del territorio, di ridefinizione della “Nazione”, di affermazione da parte delle potenze occupanti di un ruolo egemonico (spesso sulla base di presunte gerarchie razziali). Un processo che ha importanti ricadute, sia di breve che di lungo periodo, sulle società che lo subiscono.
Il presente progetto si propone quindi di studiare con attenzione i meccanismi che regolano il funzionamento dei sistemi d’occupazione. E per meglio rispondere alle esigenze di sistemazione concettuale e di interpretazione storiografica del problema si intende ricorrere ad una impostazione fortemente comparatistica, sia tra esperienze nazionali che tra periodi storici differenti.
Innanzitutto, si ricostruiranno e confronteranno (in primo luogo per i due conflitti mondiali), le specifiche modalità di organizzazione delle occupazioni nelle loro svariate forme, a seconda delle circostanze, dei tempi in cui l’occupazione ha avuto luogo, del tipo di società cui si è applicata, delle finalità specifiche che si intendevano perseguire di volta in volta: amministrazioni militari, governatorati civili, annessioni vere e proprie. Ai fini di questa ricostruzione ci si avvarrà della produzione legislativa e delle ordinanze; di opuscoli e pamphlet, ma anche di discorsi e memorie di protagonisti.
Dall’ambito istituzionale l’analisi si trasferirà verso settori cruciali delle varie politiche d’occupazione: lo sfruttamento del potenziale produttivo esistente, il saccheggio di manodopera, di risorse, di prodotti alimentari, le contraddizioni fra razionalità e saccheggio; due categorie che non sono fisse, ma che cambiano di forma e di incisività a seconda dei contesti specifici e dei momenti specifici. Si studieranno qui in particolare i progetti, le richieste, le strategie elaborate da gruppi di pressione, sia industriali, che bancari ed agrari. Verranno prese in esame fonti in parte edite, in parte da reperire in archivi pubblici e privati, con l’obiettivo di illuminare le modalità dei processi decisionali tra sfera della politica e dimensione economica.
Infine, un nodo determinante nella valutazione dell’orizzonte e degli effetti delle politiche di occupazione sarà quello delle politiche “etniche”. Verranno messe a fuoco le politiche di spostamento etnico, di snazionalizzazione, di vera e propria pulizia etnica verificatesi durante le occupazioni militari; e si prenderà in esame la dialettica tra considerazioni politiche ed economiche e fattori etnico-razziali nella determinazione delle strategie d’occupazione. Ciò in riferimento soprattutto a due assi principali di studio: la comparazione tra l’esperienza tedesca nelle due guerre mondiali e la rivisitazione dell’esperienza coloniale italiana. Riguardo al primo punto, si approfondiranno la questione del trattamento delle comunità germanofone o “germanizzabili”, l’atteggiamento verso le comunità ebraiche, gli atteggiamenti soggettivi degli occupanti (civili e militari) rispetto al territorio occupato, i nessi (culturali, strategici, politici, economici, ideologici) fra le politiche d’occupazione realizzate dal Reich nel corso della Prima guerra mondiale con ciò che poi venne attuato nel 1939-45. In riferimento al secondo, l’esperienza coloniale italiana verrà ricostruita attraverso un percorso d’indagine volto a esaminare, da un lato, la violenza dell’occupazione coloniale sulle popolazioni eritree ed etiopiche (tra “politica delle razze” come strumento interno di assoggettamento e di dominio, e “polizia coloniale”, come forma di repressione e controllo della resistenza anticoloniale); dall’altro, la memoria del periodo coloniale. Con l’intenzione di riconsiderare criticamente alcuni aspetti fondanti e tuttora poco esplorati del colonialismo italiano, e di assumere il fenomeno dell’occupazione coloniale come fase di fondazione delle nuove identità nell’Africa contemporanea. Il caso etiopico-eritreo assume in tale riesame una valenza esemplare perché coniuga in se la complessità della formazione di identità individuali e collettive a contrasto o in parallelo a presenze coloniali esterne o indigene, e l’ambiguità della violenza di guerra come momento di fondazione della nuova unità nazionale e della sua contrastata memoria.

3) Crimini di guerra e diritto internazionale. Come arriva la cultura giuridica a definire il “crimine di guerra”? Per rispondere si tenterà di individuare i principali filoni culturali del diritto internazionale e di rintracciare i nessi ed i legami della discussione giuridica che si svolge fuori d’Italia con quella che al contempo viene condotta nel paese. Si tratta di ricostruire le caratteristiche e le modalità di sviluppo del processo di globalizzazione politica e giuridica del mondo, di andare alle origini dell’attuale sensibilità per il tema della punizione del crimine di guerra, di rileggere dalla prospettiva del diritto l’evoluzione delle forme della guerra in età contemporanea. Ma questa ricerca si prefigge anche di ricondurre il diritto ai lacci che lo legano sempre più strettamente negli ultimi cinquant’anni al potere politico ed all’esercizio della forza per via militare. Si spingerà dunque la riflessione storiografica verso l’intricata e storicamente variabile relazione tra diritto e potere, tra teoria giuridica e pratica politica. Per fare questo si ricorrerà alla analitica ricerca negli archivi italiani (Archivio centrale dello Stato, Archivio del Ministero degli Affari esteri) e stranieri (in primo luogo il PRO, Public Record Office di Londra, e i NARA, National Archives di Washington, nonché l’archivio della United Nations War Crimes Commission conservato presso la sede Onu di New York) della documentazione concernente i rapporti tra i governi e le istituzioni giuridiche internazionali, dei carteggi tra cancellerie e ministeri degli esteri dei vari paesi, delle discussioni in sede di Nazioni unite. Inoltre, si ricostruiranno alcuni specifici episodi processuali relativi ad azioni militari di rappresaglia e strage condotti in Italia durante la seconda guerra mondiale (in particolare si intende ricostruire il processo agli alti ufficiali tedeschi – Kesselring, von Mackensen, Maeltzer, Crasemann, Simon, Student – operanti in Italia, i cui atti sono conservati presso il PRO di Londra). A questi processi si affiancheranno quelli condotti in Italia nel dopoguerra, da quelli contro Reder (per Marzabotto) e Kappler (per le Ardeatine) sino a quelli contro Priebke e Hass (ancora per le Ardeatine) e contro Engel (per l’eccidio della Benedicta), i cui atti sono conservati presso le procure militari competenti e il Tribunale militare di Roma. Con l’intenzione dunque di ricondurre la teoria del diritto al diritto in azione, di verificare l’orizzonte entro cui la punizione dei crimini di guerra viene realmente praticata, o almeno tentata.

Risultati parziali attesi

La prima fase del programma si propone di conseguire un doppio ordine di risultati: da una parte, svolgere un preliminare ma importante e ineludibile censimento bibliografico e archivistico della documentazione fondamentale per l’avvio della ricerca secondo gli assi di approfondimento previsti; dall’altra parte, sulla base di quel censimento e di una serie di incontri seminariali volti a discuterne i riscontri, ad istruire le fasi immediatamente successive del lavoro.

Ci si aspetta dunque di disporre in tempi brevi di una vasta e criticamente ragionata bibliografia, di modo da predisporre un ricco database di schedature della letteratura italiana e straniera sui temi oggetto dell’indagine. Questo database dovrà servire come strumento di lavoro delle unità di ricerca e poi della comunità degli studiosi, ai quali sarà reso disponibile anche on line in un sito appositamente predisposto. Ma questa bibliografia, discussa e vagliata in sessioni seminariali, consentirà anche l’affinamento delle ipotesi di lavoro.

Analogamente, si provvederà ad un censimento documentario grazie a numerose missioni archivistiche in Italia e all’estero, nonché a spogli e rassegne della vasta letteratura “grigia” disponibile nelle biblioteche. Accanto al lavoro bibliografico, il sondaggio e lo scavo archivistico (con l’avvio dell’acquisizione dei materiali riprodotti) consentiranno una mappatura delle fonti a disposizione e la verifica delle possibili direttrici di approfondimento dell’indagine. Tutto il materiale così raccolto verrà messo a disposizione degli studiosi in un fondo ad hoc che verrà predisposto in corso d’opera dal gruppo di ricerca.

Nel frattempo, su tre nodi di primaria importanza della presente ricerca – le retoriche di guerra, i i sistemi d’occupazione e la definizione dei crimini di guerra – si procederà ad avviare la ricerca in profondità, puntando a discuterne i primi risultati già entro la chiusura del primo anno d’attività del gruppo.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 
Unità n. 5 
Unità n. 6 

 


Fase 2
Durata e costo previsto

Durata   Mesi  12  Costo previsto   Euro  190.000 

Descrizione

Sulla base del lavoro di scavo e di censimento archivistico-bibliografico condotto nella prima fase del programma, si procederà nella seconda all’approfondimento di importanti aspetti antropologici e storici delle forme di violenza di guerra ed all’esplorazione comparativa di diversi episodi bellici. In questa seconda fase verrà anche assegnato maggiore rilievo ai singoli segmenti di ricerca, soprattutto in riferimento ai casi locali di studio, così come previsto dai progetti specifici delle unità di ricerca, cui rinviamo per una più dettagliata articolazione.
In questa seconda fase la ricerca verterà sullo studio delle forme e dei problemi della violenza di guerra, e si articolerà in diversi filoni d’indagine.

Il primo riguarda le trasformazioni dei conflitti tra le guerre mondiali e la Guerra fredda attraverso lo studio comparato delle forme della violenza militare ai danni della popolazione civile, con l’obiettivo di mettere a confronto il comportamento militare dei fascismi e quello delle democrazie. La ricerca e la riflessione ruoteranno attorno ad alcuni concetti chiave della “guerra ai civili”, elaborati dalla metà degli anni novanta in avanti nel corso di una stagione storiografica alla quale alcuni dei proponenti hanno apportato contributi di rilievo: la legittimità della violenza “preventiva” adottata nei confronti dei civili; il principio della responsabilità collettiva e le sue diverse declinazioni (dalla repressione in armi, alla politica del taglio dei rifornimenti alimentari, alla guerra alla distruzione delle infrastrutture); la strage di civili inermi in funzione di deterrente nei confronti della guerriglia, in relazione anche alle diverse tecnologie del massacro (dalla rappresaglia, alla guerra aerea all’uso di armi chimiche).
L’indagine volgerà la propria attenzione ancora alla Prima guerra mondiale, nel tentativo di cogliere in che misura le tendenze della “guerra ai civili” divenute sistemiche tra 1939 d 1945, sono già presenti anche nel primo conflitto mondiale. In seguito, si cercherà di cogliere continuità e rotture nei modi e nei fini della violenza di guerra esercitata sui civili nel corso di alcuni dei conflitti più tragici avvenuti dopo il 1945. Dapprima, al centro dell’analisi sarà il caso greco, dove il decennio 1940-50 fu scandito dalla drammatica transizione dalla guerra alla guerra civile e dalle opposte esperienze dell’occupazione militare fascista e nazista e, poi, dell’intervento militare anglo-americano. La Grecia divenne il laboratorio per la sperimentazione di nuove strategie militari finalizzate alla stabilizzazione politica di conflitti regionali nel nuovo quadro internazionale della Guerra fredda. Per il tipo e la qualità dei provvedimenti adottati l’intervento americano in Grecia è stato considerato il precedente immediato della guerra di Corea e, soprattutto, della guerra in Vietnam. Per questo, le medesime chiavi analitiche su enunciate saranno quindi applicate nel tentativo di costruire una comparazione tra la violenza nazista sui civili tipica del Secondo conflitto mondiale e aspetti analoghi, anche se meno sistemici, che emergono nel corso della guerra del Vietnam, secondo una indicazione di ricerca espressa con forza già nel 1970 da Telford Taylor (presidente americano del collegio d’accusa presso il Tribunale militare di Norimberga) che sollecitava il confronto tra queste due distinte esperienze di violenza contro i civili. La comparazione vuole individuare alcuni elementi comuni che hanno agito come presupposto dei massacri: le caratteristiche del governo di occupazione; l’ideologizzazione del conflitto; la presenza di stereotipi razziali; le specificità della “guerra di guerriglia”; il confronto tra le differenti culture militari. L’ampia letteratura e le fonti documentarie edite sui crimini di guerra commessi dall’esercito americano in Vietnam, ed i documenti conservati presso gli archivi nazionali tedeschi, il PRO ed i NARA di Washington rappresentano la base documentaria per questa comparazione.

Il secondo filone di ricerca riguarda gli aspetti antropologici della violenza di massa nel XX secolo, con particolare riferimento a due aspetti: a) la declinazione etnica della violenza; b) la memoria di crimini ed eccidi nelle comunità locali colpite. Per il primo punto, l’interesse si concentra sui processi sociali di “immaginazione di comunità”, di inclusione/esclusione e di costruzione dell’alterità etnica. In particolare, si tratta di studiare le modalità di inscrizione della differenza etnica nei corpi delle categorie sociali escluse: processo che si rende visibile nelle discipline amministrative del moderno stato nazione come, su tutt’altro piano, nelle efferate violenze dalla forte connotazione simbolica che caratterizzano molte pratiche genocide contemporanee, dal Ruanda alla Jugoslavia. Per quanto riguarda la memoria della violenza, l’approccio antropologico si concentra: sulle modalità di elaborazione collettiva del lutto e delle perdita; sulle strategie di ricostituzione della comunità e dei legami sociali spezzati dagli eventi traumatici; sulla costruzione (quasi sempre conflittuale e negoziata) di narrazioni in grado di conferire “significato” alla violenza subita; sulla incorporazione di un tale significato in apparati simbolici, quali monumenti e rituali celebrativi; sulla trasmissione intergenerazionale della memoria traumatica. Centrale appare in questa prospettiva metodologica il problema della definizione dei rapporti tra la comprensione antropologica e quella storiografica della violenza di massa nella contemporaneità.

Il terzo filone di lavoro si riferisce ai disturbi mentali causati dalle esperienze di guerra, che costituiscono un aspetto centrale della violenza bellica. Il tema delle nevrosi di guerra è stato affrontato in modo particolare in riferimento alla prima guerra mondiale, anche in ragione del fatto che la letteratura psichiatrica di guerra conosce i suoi esordi nel corso della guerra russo-giapponese e soprattutto in occasione del primo conflitto mondiale. Il tema verrà invece in questa ricerca affrontato sul lungo periodo: dalle prime esperienze coloniali fino alla seconda guerra mondiale, senza ignorare le più recenti elaborazioni in argomento sviluppatesi a partire dall’intervento psichiatrico nelle tragiche esperienze del Vietnam e della Bosnia. Una specifica concettualizzazione in ambito psichiatrico dei traumi causati dalle esperienze belliche e il nesso tra partecipazione alla guerra e patologia mentale si delineano con molta evidenza fin dalle prime spedizioni coloniali, in modo particolare a muovere dalla guerra di Libia e quindi durante la Prima guerra mondiale. In riferimento al secondo conflitto mondiale le pratiche di internamento manicomiale subiscono accelerazioni e cambiamenti del tutto macroscopici; essi sono ancora ignorati dalla storiografia, che ha peraltro prestato poca attenzione agli effetti degli stessi eventi bellici sulle popolazioni civili. Si cercherà pertanto di esaminare diversi campioni di cartelle cliniche (conservate presso gli archivi storici degli ex-ospedali psichiatrici di Trieste, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Siena, Roma, Aversa, Palermo) relative a queste specifiche categorie di ricoverati, cercando di mantenere costante il nesso con le riflessioni e le evoluzioni del pensiero medico e le esperienze soggettive contenute in diari e scritti di gente comune. Testimonianze di medici e di psichiatri, cartelle cliniche, saggi nelle riviste scientifiche, memorialistica colta e di individui comuni costituiranno quindi le fonti principali per esplorare non tanto gli aspetti traumatici e la portata distruttiva dei conflitti, quanto per cogliere le più ampie implicazioni culturali ed antropologiche legate all’esperienza bellica.

Un quarto filone di scavo è rappresentato dai bombardamenti su città e villaggi. Un tema dapprima rimosso, giacché i vincitori rifiutarono di mettere in discussione le loro responsabilità, e che va inquadrato tuttavia nel processo attraverso cui discorso pubblico e senso comune giunsero a presentare e a percepire i bombardamenti e l’annientamento dei civili, come un frutto perverso ma necessario della guerra: un “danno collaterale”. Un processo che parte dalla prima guerra mondiale con i cannoneggiamenti delle città e dei paesi sulle linee dei fronti e arriva fino alla seconda con i bombardamenti a tappeto la morte di massa di uomini, donne e bambini non armati. Il pensiero militare e i modi di rappresentazione della gente marciano incredibilmente all’unisono. Ci si propone quindi di ricostruire – alla luce di una prospettiva comparatistica con quanto prodotto in altri contesti nazionali – un’immagine d’insieme del fenomeno dei bombardamenti, nonché di passare alla verifica di casi locali (in primis quello napoletano). Si tratta quindi di: 1) individuare le strategie militari generali – e indagarne tanto le ragioni tattiche quanto quelle “culturali” – entro cui prendono corpo le campagne di bombardamenti; 2) mappare analiticamente gli episodi di bombardamento recuperando informazioni sui danni inferti, sulle vittime, sugli obiettivi colpiti, al contempo tentando di fornirne una tipologia (campagne mirate alla distruzione di determinati obiettivi strategici, bombardamenti indiscriminati, ovvero per errore, ecc.); 3) verificare quali contromisure vengono prese per fronteggiare questi attacchi dal cielo, sia sul terreno più propriamente militare, che soprattutto su quello della protezione antiaerea (approntamento rifugi, organizzazione dei soccorsi, allestimento dell’assistenza a sfollati, senza casa, ecc.); 4) valutare gli effetti economici e sociali dei bombardamenti sui centri industriali e sulle infrastrutture (in vista soprattutto della ripresa postbellica); 5) valutare gli effetti militari, l’efficacia dei bombardamenti nell’ostacolare le scelte e le operazioni del nemico al suolo; 6) valutare gli effetti sul piano dello spirito e dell’ordine pubblico, cogliendo per quanto possibile gli esiti della propaganda contro i “liberatori” e viceversa l’ostilità verso le classi dirigenti che hanno portato il paese in guerra; 7) ripercorrere i mutamenti dei modi e delle condizioni di vita in presenza del rischio costante di bombardamenti; 8) indagare le modalità della fissazione nella memoria individuale e collettiva dell’evento bombardamento; 9) rileggere il dibattito politico, giuridico e storiografico del dopoguerra intorno al bombardamento inteso come “crimine di guerra”.

Infine, è di fondamentale interesse mettere al centro dell’attenzione le donne e il loro rapporto con i soldati, lungo un continuum che va dalle spose di guerra alla prostituzione, alla violenza. Le donne rappresentano un punto di osservazione particolare sulla guerra e specificamente sui periodi di occupazione militare, perché portano alla luce i conflitti come i rapporti più intimi di collaborazione con gli occupanti o con i liberatori. Sono, inoltre, un tipo particolare di vittima: vittime come bersagli di bombe e di armi da fuoco, ma vittime anche in quanto preda sessuale.

Risultati parziali attesi

Sulla base del lavoro condotto nella prima fase, nella seconda ci si attende di potere condurre approfondimenti di rilievo su un altro nodo del programma di ricerca, relativo alle molteplici forme della violenza di guerra. In questa fase si porteranno a compimento le indagini sui casi specifici di studio così come sono stati indicati dai singoli gruppi proponenti: il caso campano che interseca manifestazioni della violenza di guerra estremamente diversificate in un arco cronologico e geografico delimitato; la comparazione tra diverse manifestazioni della “guerra ai civili” in contesti e tempi diversi; i diversi modelli di sistemi di occupazione militare e coloniale.

Tappe intermedie di discussione garantiranno la presentazione dei risultati di questa fase di lavoro e la più raffinata rielaborazione delle riflessioni condotte in quella precedente. Inoltre, si avvierà l’edizione critica di alcuni gruppi di fonti, con lo scopo di contribuire alla discussione sul fenomeno guerra e di mettere a disposizione dei ricercatori importanti strumenti di lavoro.

Al termine di questa seconda fase di lavoro, si giungerà infine all’organizzazione di un convegno internazionale di studio nel quale i risultati del programma di ricerca verranno presentati al pubblico ed alla comunità degli studiosi italiani e stranieri. Anzi, saranno soprattutto gli studiosi esterni al gruppo ad essere chiamati a discutere ed a verificare i risultati della ricerca.

In chiusura di questo percorso di lavoro si ipotizza di dar vita ad un “centro studi sulla guerra e sulla violenza in età contemporanea”, che consenta di proseguire nella ricerca e nella discussione, e che garantisca la fruizione permanente e l’ulteriore raccolta di documenti e materiali e la creazione di forme stabili di collaborazione con i vari operatori della didattica della storia.
La digitalizzazione dei documenti e delle fonti individuate nel corso del biennio di ricerca dovrà confluire in un sito internet dinamico che consenta una formalizzazione del gruppo di ricerca ad un più facile interscambio di informazioni con studiosi, analoghi centri di ricerca, operatori della didattica, enti locali.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 
Unità n. 5 
Unità n. 6 

2.5 Criteri suggeriti per la valutazione globale e delle singole fasi

La valutazione globale del progetto può essere condotta attraverso:

1) la verifica della realizzazione del censimento bibliografico e della sua rielaborazione su supporto informatico al fine della maggior circolazione possibile nella comunità degli studiosi e degli interessati, in primis insegnanti e studenti (con la disponibilità in linea dei materiali e delle schede bibliografiche);

2) la verifica della entità e della rilevanza del censimento documentario condotto soprattutto nella prima fase della ricerca presso i numerosi archivi italiani e stranieri previsti dal programma di lavoro (con la possibilità di costituire un fondo documentario permanente che renda disponibile agli studiosi l’accesso ai materiali raccolti in Italia ed all’estero durante lo svolgimento della ricerca);

3) la verifica di come il quadro di sintesi storiografica e problematizzazione concettuale elaborato nella prima fase della ricerca effettivamente si declinino nel concreto approfondimento dell’indagine realizzato attraverso l’analisi e la comparazione di casi specifici, tematici e territoriali;

4) l’organizzazione di tappe seminariali intermedie di discussione (sia interne ai gruppi di ricerca che pubbliche, con il più ampio coinvolgimento possibile di studenti e ricercatori, anche stranieri), tese alla verifica dello stadio di avanzamento del lavoro, dei problemi eventualmente emersi, del confronto tra ipotesi di ricerca;

5) l’organizzazione di un convegno internazionale di studi alla conclusione del progetto di ricerca (con la conseguente pubblicazione degli atti), per soddisfare la necessità di misurarsi con l’elaborazione storiografica condotta al di fuori del paese e di inserire in un circuito internazionale di dibattito i risultati del programma di lavoro;

6) la pubblicazione di più monografie che raccolgano i risultati del lavoro condotto dai singoli gruppi di ricerca;

7) l’edizione critica di fonti documentarie organizzate tematicamente su singoli nodi di rilievo della ricerca e/o di singoli documenti di particolare rilievo.

8) la digitalizzazione dei documenti reperiti nel corso della ricerca negli archivi italiani e stranieri e il loro riversamento in un database dinamico che possa essere gestito e consultato attraverso un sito Internet.

PARTE III

3.1 Spese delle Unità di Ricerca

Unità di Ricerca  Voce di spesa  TOTALE Materiale inventariabile  Grandi Attrezzature  Materiale di consumo e funzionamento  Spese per calcolo ed elaborazione dati  Personale a contratto  Servizi esterni  Missioni  Partecipazione / Organizzazione convegni  Pubblicazioni  Altro  
Unità nº 1  3.000  4.000  10.500  11.000  2.500  4.000  35.000
Unità nº 2  6.000  2.000  4.000  12.000  8.000  3.000  8.000  43.000
Unità nº 3  11.500  2.000  28.000  10.000  26.000  10.000  10.000  97.500
Unità nº 4  6.000  1.000  1.000  22.000  5.000  16.000  23.000  74.000
Unità nº 5  12.000  12.000  43.000  10.000  35.000  23.000  25.000  160.000
Unità nº 6  3.500  300  15.000  1.200  2.600  2.000  24.600
TOTALE  42.000  21.300  5.000  115.500  25.000  111.000  39.700  72.600  2.000  434.100

 


3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

Unità di Ricerca  Voce di spesa  RD  RA  RD+RA  Cofinanziamento di altre amministrazioni  Cofinanziamento richiesto al MIUR  Costo totale del programma 
Unità n. 1  5.300  5.200  10.500  24.500  35.000 
Unità n. 2  18.000  18.000  25.000  43.000 
Unità n. 3  19.500  10.000  29.500  68.000  97.500 
Unità n. 4  2.500  20.000  22.500  51.500  74.000 
Unità n. 5  38.000  10.000  48.000  112.000  160.000 
Unità n. 6  5.600  1.800  7.400  17.200  24.600 
TOTALE  70.900  65.000  135.900  298.200  434.100 

 

  Euro  

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Costo complessivo del Programma   434.100 
   
Fondi disponibili (RD)   70.900 
   
Fondi acquisibili (RA)   65.000 
   
Cofinanziamento di altre amministrazioni  
   
Cofinanziamento richiesto al MIUR   298.200 

 

(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________  

 

Data 31/03/2004 ore 17:57 

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)

PROGETTO DI UNA UNITÀ DI RICERCA – MODELLO B
Anno 2004 – prot. 2004110783_001

PARTE I

1.1 Tipologia del programma di ricerca

Interuniversitario 

Aree scientifico disciplinari

Area 11: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (100%) 
 
 

1.2 Durata del Programma di Ricerca

24 Mesi  

1.3 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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PEZZINO  PAOLO  p.pezzino@unipi.it 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università di PISA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di STORIA      

1.4 Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

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PEZZINO  PAOLO   
Professore Ordinario  07/08/1948  PZZPLA48M07G482U 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università di PISA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di STORIA      
050525492
(Prefisso e telefono) 
0502215537
(Numero fax) 
p.pezzino@unipi.it
(Email) 

1.5 Curriculum scientifico del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

Paolo Pezzino è professore ordinario dal 1° gennaio 2003. Insegna Storia Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa; dal 1° novembre 2000 al 28 febbraio 2003 è stato direttore del Dipartimento di storia moderna e contemporanea dell’Università di Pisa. Dal febbraio 2003 è Prorettore ai rapporti con il territorio della stessa Università. Si occupa di storia del Mezzogiorno d’Italia e mafia, di massacri di civili nella seconda guerra mondiale, di insegnamento della storia, di storia dell’Italia repubblicana. Coordinatore di un progetto 4O% (sedi di Pisa, Catania, Messina e Palermo) su “Mafia e criminalità nella Sicilia ottocentesca”, per gli anni 1986-1990, e coordinatore dell’unità pisana in un progetto diretto dal prof. Galli della Loggia su “La crisi dell’identità nazionale nella vicenda storica dell’Italia repubblicana, 1943-1968: collocazione ed immagine internazionale, classe dirigente e cultura di massa”, finanziato per il triennio 1993-1995, coordinatore nazionale di un programma cofinanziato dal Murst per il periodo novembre 1999/novembre 2001 dal titolo “Guerra ai civili. Per un atlante delle stragi naziste in Italia”, i cui risultati sono stati presentati in un Convegno internazionale tenutosi a Bologna nel giugno 2002. E’ stato socio fondatore e membro del Direttivo dell’IMES, Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali e della SISSCO – Società italiana per lo studio della storia contemporanea. Dal 1995 al febbraio 2003 ha fatto parte del comitato di Direzione della rivista storica “Passato e Presente”. Fa parte dell’Editorial Advisory Committee della rivista “Modern Italy. Journal of the Association for the Study of Modern Italy”, fin dal primo numero (Autumn 1995). Dal 2000 fa parte del comitato editoriale della rivista “Crime, law and order”. E’ stato direttore de “Il mestiere di storico”, annale della Sissco, nel 2000 e 2001.

1.6 Pubblicazioni scientifiche più significative del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

1. PEZZINO P. (2002). SENZA STATO. LE RADICI STORICHE DELLA CRISI ITALIANA ROMA-BARI: LATERZA (ITALY)  
2. PEZZINO P. (2001). Storie di guerra civile. L’eccidio di Niccioleta. BOLOGNA: Il Mulino (ITALY)  
3. PEZZINO P. (2001). Sui mancati processi in Italia ai criminali di guerra tedeschi STORIA E MEMORIA. (vol. n. 1)  
4. PEZZINO P. (1997). Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca ISBN: 88-15-06054-5 Bologna, Il Mulino, pp. 243.  
5. PEZZINO P.; BATTINI M. (1997). Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944 ISBN: 88-317-6773-9 Venezia, marsilio, pp. XXIV-556.  

1.7 Risorse umane impegnabili nel Programma dell’Unità di Ricerca

1.7.1 Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca

Personale docente

nº Cognome  Nome  Dipartimento   Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1. PEZZINO  Paolo  Dip. STORIA  Prof. Ordinario  M-STO/04  11  11 
2. BANTI  Alberto Mario  Dip. STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA  Prof. Ordinario  M-STO/04  10  10 
3. RANZATO  Gabriele  Dip. STORIA  Prof. Ordinario  M-STO/04 
4. BALDISSARA  Luca  Dip. STORIA  Ricercatore Universitario  M-STO/04  11  11 
  TOTALE              36  36 

Altro personale

Nessuno


1.7.2 Personale universitario di altre Università

Personale docente

nº Cognome  Nome  Università  Dipartimento  Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1. DEI  Fabio  ROMA “La Sapienza”  Dip. STUDI GLOTTOANTROPOLOGICI E DISCIPLINE MUSICALI  RU  M-DEA/01  11 
  TOTALE                 11 

Altro personale

nº Cognome  Nome  Università  Dipartimento   Qualifica  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1. Nani  Michele  Università degli Studi di PADOVA  Dipartimento di storia  Borsista post-dottorato 
2. Selva  Simone  Università degli Studi di MILANO  Dipartimento di storia, società e istituzioni  Dottorando 
3. Santarelli  Lidia  Università degli Studi de L’AQUILA  Dipartimento di storia  Contrattista 
  TOTALE              22  22 

1.7.3 Titolari di assegni di ricerca

nº Cognome  Nome  Dipartimento  Data di inizio del contratto  Durata
(in anni)  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1. FIORINO   Vinzia     01/01/2003  
TOTALE               

1.7.4 Titolari di borse

nº Cognome  Nome  Dipartimento  Anno di inizio borsa  Durata
(in anni)  Tipologia  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1. Cerrai  Sondra  Dip. STORIA  2004  Dottorato 
2. Liuzzi  Giorgio  Dip. STORIA  2004  Dottorato 
  TOTALE                 14  14 

1.7.5 Personale a contratto da destinare a questo specifico programma

nº Qualifica  Costo previsto  Mesi Uomo  Note  1° anno  2° anno 
1. Altre tipologie  18.000  11  11  Contratto di collaborazione a laureati o dottori di ricerca per ricerche archivistiche 
2. Altre tipologie  18.000  11  11  Contratto di collaborazione a laureati o dottori di ricerca per ricerche archivistiche 
3. Altre tipologie  7.000  Contratto di collaborazione a laureati per schedatura bibliografica o documentaria 
  TOTALE  43.000  28  28    

1.7.6 Personale extrauniversitario indipendente o dipendente da altri Enti

Nessuno

PARTE II

2.1 Titolo specifico del programma svolto dall’Unità di Ricerca

 
Per una genealogia della violenza in età contemporanea. Crimini di guerra e diritto, nevrosi di guerra, razzismo e retoriche della violenza

2.2 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca

M-STO/04 – Storia contemporanea 
M-DEA/01 – Discipline demoetnoantropologiche 

2.3 Parole chiave

GUERRA ; GUERRA TOTALE ; CRIMINI DI GUERRA ; VIOLENZA ; NEVROSI DI GUERRA ; MEMORIA ; RAZZISMO

2.4 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale

La ricerca storica si rivolge oggi con sempre maggiore attenzione allo studio del fenomeno “guerra” nell’età contemporanea. Non si tratta di un interesse rivolto solo ad approfondire gli aspetti squisitamente militari dei conflitti, quanto soprattutto di uno sforzo verso la reinterpretazione del fenomeno bellico alla luce di una nuova sensibilità storiografica, tesa a rintracciare le origini culturali e ideologiche del modo di condurre la guerra ed a valutarne gli effetti e le ricadute sulle popolazioni civili. La guerra in epoca contemporanea infatti si trasforma progressivamente in “guerra totale”, con i civili assurti a protagonisti dell’evento bellico, quando non addirittura a principali vittime, e con il potenziale distruttivo a disposizione degli eserciti che cresce esponenzialmente, via via conducendo al rischio di una guerra “definitiva”, tale da condurre alla scomparsa dell’umanità stessa. Un fenomeno che non sarebbe comprensibile senza considerare la contemporanea evoluzione tecnologica degli armamenti. L’accresciuto potenziale di devastazione, la capacità di movimento e mobilità degli eserciti, l’estensione sempre maggiore del raggio d’azione delle armi offensive hanno reso sempre più labile la distinzione tra fronte (la “prima linea”) e fronte interno (la società che sostiene i combattenti), hanno condotto al sempre più massiccio coinvolgimento dei civili, con la dilatazione dei territori sottoposti alla pressione militare indiretta. La società è dunque sottoposta ad una mobilitazione totale delle energie umane e delle risorse economiche disponibili a sostenere lo sforzo bellico: la guerra diviene quindi un fattore di riorientamento complessivo della vita civile ed economico-sociale, prima ancora del coinvolgimento diretto del territorio nelle operazioni belliche.

La trasformazione della guerra in guerra totale ha dunque posto agli studiosi numerose domande: quali sono le radici storiche del mutato comportamento bellico, in particolare della propensione a coinvolgere sempre più massicciamente le popolazioni civili, sino a farne un fattore importante delle stesse strategie militari? Come si modifica l’atteggiamento verso queste forme di distruzione di massa assunte dalla guerra, sia sul piano delle stesse concezioni militari che di quelle etico-religiose, culturali, giuridiche? Quali sono gli effetti della guerra su militari e civili, sia nell’immediato, durante lo svolgimento dei fatti bellici, sia nel tempo, nella sedimentazione del ricordo e nella rielaborazione della memoria? Nel tentativo di dare risposta a questi ed altri numerosi interrogativi si sono moltiplicati in questi ultimi anni – sia in Italia che all’estero – gli studi e le ricerche su singoli episodi bellici ovvero sulla comparazione tra diversi eventi militari, si sono formati gruppi di ricerca e si sono organizzati convegni e seminari, sono apparsi in numero crescente volumi di sintesi e studi monografici (di cui solo in parte le indicazioni bibliografiche di seguito riportate rendono conto). Alcuni degli stessi proponenti il presente progetto di ricerca già hanno condotto ricerche in tal senso, soprattutto in ordine alla “guerra ai civili” posta in essere dall’esercito tedesco sul suolo italiano durante il secondo conflitto mondiale.

Ora, però, appare giunto il momento di realizzare un salto di qualità nell’indagine storiografica. La moltiplicazione delle ricerche e dei contributi disponibili ha difatti reso disponibile un rilevante patrimonio di conoscenze, ha condotto ad una accumulazione originaria di riflessioni che ha permesso di porre nuove domande e di affinare le interpretazioni. In particolare, si è posta in termini nuovi la questione della dialettica dei tempi nel mutare le forme in cui si manifesta la violenza di guerra. Se esistono cioè fattori ascrivibili alla breve durata nella trasformazione dei modi di pensare e condurre la guerra, esistono anche elementi di lunga durata che agiscono nel consentire l’affermazione della guerra totale e delle forme di estesa e diffusa violenza ad essa connesse. Se è lo sviluppo tecnologico e industriale a consentire nel XX secolo il salto di qualità della violenza di guerra, se la prima guerra mondiale rappresenta la porta d’accesso alla “modernità” e ne sintetizza il carattere nella produzione di morte su scala industriale, se la seconda guerra mondiale porta tragicamente iscritto nel suo orizzonte di distruzione di massa l’intreccio tra guerra totale e guerra ideologica, vi sono anche nessi e persistenze che legano le guerre del Novecento alla cultura del XIX secolo, alle guerre coloniali combattute dall’Europa nell’Ottocento. L’esperienza della fabbrica fordista che si applica nella trincea del 1914-18, l’innovazione tecnologica che diviene un fattore determinante delle politiche degli armamenti e delle scelte strategiche dei governi in guerra, l’esperienza del processo di conquista coloniale e del rapporto con altre popolazioni e altri continenti, l’incontro tra ideologia e scienza: le cesure del Novecento, le due guerre mondiali e la loro natura “costituente” del mondo contemporaneo, non sono pienamente comprensibili senza considerarne le ascendenze culturali e materiali, collocate nel secolo precedente. Allo stesso modo, è impossibile comprendere gli sviluppi più recenti del fenomeno guerra, gli atteggiamenti verso di essa, senza misurarsi con le eredità culturali e le memorie collettive sedimentatesi in riferimento al secondo conflitto mondiale. Ciò è particolarmente evidente nell’ambito dell’elaborazione del diritto internazionale e della discussione sulla definizione di “crimine di guerra” (e dei criteri per la sua punibilità), nonché nel mutare delle concezioni di “guerra giusta”, nella sua delegittimazione come mezzo per la risoluzione delle controversie tra stati, e viceversa nella sua rilegittimazione come forma “poliziesca” di mantenimento dell’ordine internazionale e come dissuasione all’aggressione militare.

In questo senso lo studio della guerra diventa lo studio della società che l’ha prodotta, lo studio dei fenomeni e dei processi costitutivi di essa; dunque, indagare il fenomeno della violenza di guerra significa interrogarsi su quali elementi della società di pace la preparano e la incubano. Filoni diversi d’indagine confluiscono quindi in questo sforzo di ricerca in prospettiva monografica delle caratteristiche della società contemporanea: dall’antropologia della morte alla storiografia militare sulla guerra totale, dalla storiografia sociale sulle forme della violenza e sulle psicosi di guerra alla storia della cultura e delle idee, dei modi di elaborazione degli stereotipi razzisti, delle ideologie politiche, del senso comune intorno alla guerra. E’ da questo tentativo in corso di rendere più complessa l’interrogazione dei fenomeni storici, di restituire ad essi la necessaria caratura storiografica, che può discendere una migliore intelligenza del fenomeno “guerra” e della violenza che in essa si esercita. Il presente progetto di ricerca intende essere parte attiva in questo tentativo.


2.4.a Riferimenti bibliografici

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N. Scheper-Hughes, Death Without Weeping. The Violence of Everyday Life in Brazil, Berkeley, California University Press, 1992;
B.E. Schmidt, I.W. Schröder (eds.) Anthropology of Violence and Conflict, London, Routledge, 2002;
A.J.P. Taylor, Storia della seconda guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1990;
T. Taylor, The Anatomy of the Nuremberg Trials, New York, Knopf, 1992 (ed. it. Rizzoli, Milano 1993);
Telford Taylor, Nuremberg and Vietnam. An American Tragedy, New York Times Books (NY), 1971.
S.J. Tambiah, Sri Lanka: Ethnic Fratricide and the Dismantling of Democracy, Chicago, University of Chicago Press, 1991;
M. Taussig, Shamanism, Colonialism, and the Wild Man, Chicago, Chicago University Press, 1987;
E. Traverso, La violenza nazista. Una genealogia, Bologna, Il Mulino, 2002;
Vaccarino G., La Grecia tra Resistenza e Guerra civile, Milano, Franco Angeli editore, 1988;

2.5 Descrizione del programma e dei compiti dell’Unità di Ricerca

Il progetto di ricerca si propone di condurre una riflessione da diverse prospettive metodologiche su aspetti fondamentali della violenza di guerra in età contemporanea. Preliminarmente, si intende proporre una ampia ricognizione bibliografica sulla letteratura disponibile – italiana e straniera – in tema di guerra. Si vuole fare il punto della ricca produzione in argomento, non solo storiografica, sia per rendere disponibile un utile strumento di lavoro agli studiosi, sia per trarre da questa ricognizione-censimento una bussola storiografica con cui orientarsi nella ricerca, per desumere una mappa di interrogativi e questioni che contribuiscano ad una interpretazione globale del fenomeno “guerra”, ad una migliore definizione concettuale della “violenza di guerra”. Tra gli obiettivi primari del progetto vi è dunque l’elaborazione di una bibliografia ragionata e organizzata tematicamente (da rendere disponibile su supporto informatico, di modo da poter essere fruibile dal massimo numero possibile di ricercatori, insegnanti, studenti). Sulla base di questo scavo bibliografico si procederà poi ad una rassegna critica che faccia il punto del dibattito storiografico, e, attraverso seminari e momenti di discussione interna al gruppo di ricerca interuniversitario, contribuisca a selezionare le rilevanze e i principali assi di approfondimento dell’indagine.

A questa fase istruttoria farà seguito il vero e proprio lavoro di ricerca, che è schematicamente riconducibile a tre ambiti principali d’indagine: l’esame del processo di estetizzazione e nobilitazione della violenza bellica, compiuto dalla cultura europea ottocentesca di ispirazione nazional-patriottica, con riferimento anche agli schemi di legittimazione ideologica e culturale delle esperienze coloniali all’insegna del razzismo; la ricostruzione delle tappe storiche che hanno condotto alla definizione di “crimine di guerra” e all’elaborazione di un diritto nazionale e internazionale che ne stabilisce i criteri di punibilità; l’approfondimento di importanti aspetti antropologici e storici delle forme di violenza di guerra, con particolare riferimento alla violenza di massa ed alle nevrosi di guerra.

Per quanto concerne il primo ambito di lavoro dell’unità di ricerca, si esamineranno quei materiali culturali (saggi politici, romanzi, opere storiografiche, elaborazioni iconografiche, memorie) di ispirazione nazional-patriottica, che hanno dato un contributo fondamentale alla estetizzazione e alla nobilitazione della violenza bellica. Ad una prima ricognizione, tale processo sembra animato da alcuni particolari dispositivi narrativi: (a) la descrizione della storia delle nazioni nei materiali testuali ottocenteschi sembra imporre un’immagine necessariamente bellicista della comunità nazionale, poiché incessantemente il passato storico delle nazioni è intessuto di guerre che le comunità nazionali sono costrette a combattere non certo per offendere, o per opprimere, ma per difendere o riconquistare le proprie libertà (il modello è presente in una incredibile varietà di materiali, dai lavori storici di Thierry, ai romanzi di Scott, di d’Azeglio, di Sue, di Barrès, alle poesie di Koerner, Berchet, Manzoni); (b) all’interno di questa immagine un ruolo di primo piano spetta alla figura dell’eroe, di cui si enfatizza soprattutto la natura sacrificale; le narrazioni patriottiche preferiscono elaborazioni prive di happy end: la morte o la sconfitta dell’eroe sono componenti essenziali per la sacralizzazione della sua figura, un processo molto ben visibile in una delle icone assolute del nazionalismo bellicista ottocentesco, Giuseppe Garibaldi; (c) la strutturazione delle storie nazionali comporta una forte scansione dei ruoli di genere: alle componenti maschili spetta il compito di saper combattere, alle componenti femminili di sopportare con compostezza e dedizione i sacrifici che le guerre nazionali possono dover imporre, e tra essi un ruolo di primo piano – anche nelle narrazioni ottocentesche – hanno le storie delle brutalizzazioni cui esse possono essere sottoposte da parte dei nemici. Accanto a questo lavoro volto a ricostruire i nodi semantici intorno ai quali il pensiero nazionalista ha “legittimato” l’esperienza bellica anche a livello di massa, si cercherà di seguirne l’evoluzione e la ridefinizione indagando la comparsa di nuovi lemmi e canoni culturali, e l’attivazione di nuovi meccanismi di legittimazione e giustificazione nel corso delle guerre coloniali. Attraverso l’analisi di fonti a stampa, memorialistica, letteratura dei reduci, si cercherà di mettere in evidenza gli orizzonti mentali e culturali usati sia per giustificare ideologicamente queste imprese coloniali che per legittimarne le manifestazioni violente, mettendo in evidenza alcune coppie di significato (civiltà vs barbarie, progresso vs arretratezza, razze superiori vs razze inferiori) destinate a rifluire e acquistare rilevanza e drammaticità nel Novecento.

Per quanto riguarda il secondo ambito di lavoro, si intende ripercorrere l’accidentato percorso della cultura giuridica nella definizione di “crimine di guerra”, a partire dalle prime riflessioni che condussero all’approvazione delle Convenzioni de l’Aja del 1899 e del 1907 ed a quella di Ginevra del 1929, per poi giungere all’accordo di Londra del 1945 ed al processo di Norimberga del 1946, sino all’istituzione del Tribunale internazionale dell’Aja. Si provvederà dunque allo spoglio delle principali riviste e della pubblicistica di ambito giuridico, con lo scopo di individuare i principali filoni culturali del diritto internazionale e di rintracciare i nessi ed i legami di questa discussione con quella che al contempo viene condotta in Italia. Si tratta di ricostruire le caratteristiche e le modalità di sviluppo del processo di globalizzazione politica e giuridica del mondo, di andare alle origini dell’attuale sensibilità per il tema della punizione del crimine di guerra, di rileggere dalla prospettiva del diritto l’evoluzione delle forme della guerra in età contemporanea. La ricerca si prefigge anche di ricondurre il diritto alle forme di esercizio del potere politico e della forza per via militare, all’intricata e storicamente variabile relazione tra teoria giuridica e pratica politica. Per fare questo si ricorrerà alla analitica ricerca negli archivi italiani (Archivio centrale dello Stato, Archivio del Ministero degli Affari esteri) e stranieri (in primo luogo il PRO, Public Record Office di Londra, e i NARA, National Archives di Washington, nonché l’archivio della United Nations War Crimes Commission conservato presso la sede Onu di New York) della documentazione concernente i rapporti tra i governi e le istituzioni giuridiche internazionali, dei carteggi tra cancellerie e ministeri degli esteri dei vari paesi, delle discussioni in sede di Nazioni unite. Inoltre, si ricostruiranno alcuni specifici episodi processuali relativi ad azioni militari di rappresaglia e strage condotti in Italia durante la seconda guerra mondiale (in particolare si intende ricostruire il processo agli alti ufficiali tedeschi – Kesselring, von Mackensen, Maeltzer, Crasemann, Simon, Student – operanti in Italia, i cui atti sono conservati presso il PRO di Londra). A questi processi si affiancheranno quelli condotti in Italia nel dopoguerra, da quelli contro Reder (per Marzabotto) e Kappler (per le Ardeatine) sino a quelli contro Priebke e Hass (ancora per le Ardeatine) e contro Engel (per l’eccidio della Benedicta), i cui atti sono conservati presso le procure militari competenti e il Tribunale militare di Roma. Con l’intenzione dunque di ricondurre la teoria del diritto al diritto in azione, di verificare l’orizzonte entro cui la punizione dei crimini di guerra viene realmente praticata, o almeno tentata.

Per quanto concerne il terzo ambito d’indagine, quello della violenza di guerra e delle psicosi ad essa riconducibili, il progetto prevede tre filoni principali di lavoro.
Il primo riguarda le trasformazioni dei conflitti e dei sistemi di occupazione tra Seconda guerra mondiale e Guerra fredda attraverso lo studio comparato delle forme della violenza militare ai danni della popolazione civile, con l’obiettivo di mettere a confronto il comportamento militare dei fascismi e quello delle democrazie. La ricerca e la riflessione ruoteranno attorno ad alcuni concetti chiave della “guerra ai civili”: la legittimità della violenza “preventiva” adottata nei confronti dei civili; il principio della responsabilità collettiva e le sue diverse declinazioni; la strage di civili inermi in funzione di deterrente nei confronti della guerriglia, in relazione anche alle diverse tecnologie del massacro (dalla rappresaglia alla guerra aerea all’uso di armi chimiche). L’indagine volgerà la propria attenzione verso il caso greco, scandito nel decennio 1940-50 dalla drammatica transizione dalla guerra alla guerra civile e dalle opposte esperienze dell’occupazione militare fascista e nazista e, poi, dell’intervento militare anglo-americano. Le fonti principali saranno reperite presso gli archivi nazionali inglesi (PRO di Londra) e statunitensi (NARA di Washington), nonché presso i fondi del Parlamento, del Ministero degli Esteri greco, del Partito comunista nazionale depositati ad Atene.
Per il tipo e la qualità dei provvedimenti adottati, il caso greco è stato considerato il precedente immediato della guerra di Corea e, soprattutto, della guerra in Vietnam. Le stesse chiavi analitiche saranno quindi applicate nel tentativo di costruire una comparazione tra la violenza nazista sui civili tipica del Secondo conflitto mondiale e aspetti analoghi, anche se meno sistemici, che emergono nel corso della guerra del Vietnam, secondo una indicazione di ricerca espressa con forza già nel 1970 da Telford Taylor (presidente americano del collegio d’accusa presso il Tribunale militare di Norimberga) che sollecitava il confronto tra queste due distinte esperienze di violenza contro i civili. La comparazione vuole individuare alcuni elementi comuni che hanno agito come presupposto dei massacri: le caratteristiche del governo di occupazione; l’ideologizzazione del conflitto; la presenza di stereotipi razziali; le specificità della “guerra di guerriglia”; il confronto tra le differenti culture militari. In particolare, si cercherà di mettere a confronto alcuni casi di crimini di guerra commessi durante la guerra del Vietnam – facendo ricorso ad un’ampia bibliografia e ponendo particolare attenzione al caso del massacro di My Lai, dove nel marzo 1968 un plotone di soldati americani uccise oltre 500 civili, in maggioranza donne e bambini – e il comportamento violento tenuto dall’Esercito tedesco durante la sua guerra d’occupazione in Italia – volgendo particolare attenzione ai massacri compiuti dalla 16a divisione “Reichsfuhrer” delle SS, comandata dal generale Max Simon: la base documentaria saranno le carte conservate presso il Pro di Londra, i Nara di Washington e gli archivi nazionali tedeschi di Friburgo e Coblenza.

Il secondo filone riguarda gli aspetti antropologici della violenza di massa nel XX secolo, con particolare riferimento a due aspetti: a) la declinazione etnica della violenza; b) la memoria di crimini ed eccidi nelle comunità locali colpite. Per il primo punto, l’interesse si concentra sui processi sociali di “immaginazione di comunità”, di inclusione/esclusione e di costruzione dell’alterità etnica. In particolare, si tratta di studiare le modalità di inscrizione della differenza etnica nei corpi delle categorie sociali escluse: processo che si rende visibile nelle discipline amministrative del moderno stato nazione come, su tutt’altro piano, nelle efferate violenze dalla forte connotazione simbolica che caratterizzano molte pratiche genocide contemporanee, dal Ruanda alla Jugoslavia. Per quanto riguarda la memoria della violenza, l’approccio antropologico si concentra sulle modalità di elaborazione collettiva del lutto e della perdita; sulle strategie di ricostituzione della comunità e dei legami sociali spezzati dagli eventi traumatici; sulla costruzione (quasi sempre conflittuale e negoziata) di narrazioni in grado di conferire “significato” alla violenza subita; sulla incorporazione di un tale significato in apparati simbolici, quali monumenti e rituali celebrativi; sulla trasmissione intergenerazionale della memoria traumatica. Centrale appare in questa prospettiva metodologica il problema della definizione dei rapporti tra la comprensione antropologica e quella storiografica della violenza di massa nella contemporaneità.

Il terzo filone di lavoro si riferisce ai disturbi mentali causati dalle esperienze di guerra, che costituiscono un aspetto centrale della violenza bellica. Il tema delle nevrosi di guerra è stato affrontato in modo particolare in riferimento alla prima guerra mondiale, anche in ragione del fatto che la letteratura psichiatrica di guerra conosce i suoi esordi nel corso della guerra russo-giapponese e soprattutto in occasione del primo conflitto mondiale. Il tema verrà invece in questa ricerca affrontato sul lungo periodo: dalle prime esperienze coloniali fino alla seconda guerra mondiale, senza ignorare le più recenti elaborazioni in argomento sviluppatesi a partire dall’intervento psichiatrico nelle tragiche esperienze del Vietnam e della Bosnia. Una specifica concettualizzazione in ambito psichiatrico dei traumi causati dalle esperienze belliche e il nesso tra partecipazione alla guerra e patologia mentale si delinea con molta evidenza fin dalle prime spedizioni coloniali e in modo particolare a muovere dalla guerra di Libia e poi durante la Prima guerra mondiale. In riferimento al secondo conflitto mondiale le pratiche di internamento manicomiale subiscono accelerazioni e cambiamenti del tutto macroscopici; essi sono ancora ignorati dalla storiografia, che ha peraltro prestato poca attenzione agli effetti degli stessi eventi bellici sulle popolazioni civili. Si cercherà pertanto di esaminare diversi campioni di cartelle cliniche (conservate presso gli archivi storici degli ex-ospedali psichiatrici di Trieste, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Siena, Roma, Aversa, Palermo) relative a queste specifiche categorie di ricoverati, cercando di mantenere costante il nesso con le riflessioni e le evoluzioni del pensiero medico e le esperienze soggettive contenute in diari e scritti di gente comune. Testimonianze di medici e di psichiatri, cartelle cliniche, saggi nelle riviste scientifiche, memorialistica colta e di individui comuni costituiranno quindi le fonti principali per esplorare non tanto gli aspetti traumatici e la portata distruttiva dei conflitti, quanto per cogliere le più ampie implicazioni culturali ed antropologiche legate all’esperienza bellica.


2.6 Descrizione delle attrezzature già disponibili ed utilizzabili per la ricerca proposta con valore patrimoniale superiore a 25.000 Euro

 

nº anno di acquisizione Descrizione
1. 2002  Macchina fotografica digitale Canon PowerShot G1 

2.7 Descrizione delle Grandi attrezzature da acquisire (GA)

Nessuna


2.8 Mesi uomo complessivi dedicati al programma

Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca    36  36  72 
Personale universitario di altre Università    30  33  63 
Titolari di assegni di ricerca    18 
Titolari di borse  Dottorato  14  14  28 
  Post-dottorato       
  Scuola di Specializzazione       
Personale a contratto  Assegnisti       
  Borsisti       
  Dottorandi       
  Altre tipologie  28  28  56 
Personale extrauniversitario         
TOTALE     14  117  120  237 

PARTE III

3.1 Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

 

Voce di spesa  Spesa in Euro Descrizione Materiale inventariabile

Grandi Attrezzature

Materiale di consumo e funzionamento

Spese per calcolo ed elaborazione dati

Personale a contratto

Servizi esterni

Missioni

Pubblicazioni

Partecipazione / Organizzazione convegni

Altro 

12.000  Acquisto n. 2 computer portatili; acquisto n. 1 desktop fascia media; acquisto macchina fotografica digitale; acquisto stampante laser alta qualità e scanner digitale alta risoluzione; libri 
   
12.000  Fotocopie, cancelleria, ricambio cartucce stampante 
   
43.000  3 laureati per ricerche archivistiche e documentarie, censimento bibliografico e informatizzazione delle schede di ricerca 
10.000  Digitalizzazione documenti; progettazione e realizzazione database dinamico e sito web. 
35.000  Missioni di ricerca presso archivi italiani ed esteri (Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Grecia) 
25.000  Pubblicazione dei risultati della ricerca 
23.000  Organizzazione di seminari locali di discussione e presentazione primi risultati, convegno internazionale per la presentazione dei risultati della ricerca 
   
TOTALE 160.000    

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

    Descrizione Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

Fondi disponibili (RD)

Fondi acquisibili (RA)

Cofinanziamento di altre amministrazioni

Cofinanziamento richiesto al MIUR

160.000   
38.000  Finanziamento d’ateneo: 29000 euro di cofinanziamento d’ateneo + 5000 euro per coordinamento nazionale + 4000 fondi di dipartimento. 
10.000  Finanziamento d’ateneo: 5000 fondi dipartimento + 5000 garantiti dall’Ateneo. 
   
112.000   

3.3.1 Certifico la dichiarata disponibilità e l’utilizzabilità dei fondi di Ateneo (RD e RA)

SI

(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________   Data 30/03/2004 ore 15:20 

 

SCHEDA DI VALUTAZIONE

# Criteri di valutazione Punteggio Motivazione del punteggio

1 Originalità del Progetto e suo contributo al progresso delle conoscenze scientifiche  7 discreto
 
Il progetto è interessante e, per alcuni versi, originale, anche se privo di alcune articolazione che sarebbe stato lecito attendersi. Per esempio una qualche attenzione per chi la guerra la fa, cioè i militari, e per i rapporti tra questi, la società e il mondo della politica. Oppure per le guerre civili. Da questo punto di vista la bibliografia di riferimento presenta qualche lacuna. La giusta attenzione riservata agli aspetti giuridici non trova riscontri né tra le parole chiave né nella bibliografia. 
2 Chiarezza e verificabilità degli obiettivi  7 discreto
 
Gli obiettivi che vengono indicato sono la “concettualizzazione delle forme di violenza connesse al fenomeno belico” e la reinterpretazione del fenomeno bellico, principalmente come opera di sistemazione storiografica della letteratura esistente sull’argomento. Essi sono quindi chiarmaente indicati. Qualche dubbio permane invece sulla loro completa verificabilità, specie in riferimento alla scomposizione del progetto in diverse linee di ricerca. 
3 Appropriatezza dei metodi e delle tecniche da utilizzare  8 buono
 
Dall’esame del progetto si evince che i metodi di ricerca sono adeguati. 
4 Adeguatezza delle risorse umane e strumentali già disponibili e/o richieste  5 insufficiente
 
Il rapporto tra progetto e risorse umane appare sperequato, nel senso di un certo sovradimensionamendo delle effettive neccessità della ricerca. 

5 Competenza del coordinatore scientifico  8 buono
 
Si tratta di uno specialista di riconosciuta competenza proprio sugli argomenti inerenti il progetto di ricerca. 
6 Competenza dei gruppi proponenti  7 discreto
 
I gruppi proponenti sono, in linea di massima, composti di studiosi che risultano essere in alcuni casi tra i migliori specialisti nella materia.
L’articolazione del progetto prevede, però, anche alcune competenze che non trovano riscontro in quelle dei membri dei gruppi proponenti. 
7 Complementarità dei gruppi proponenti  7 discreto
 
I gruppi sono certamente complemetari anche se rispetto ad alcuni obiettivi previsti nel progetto non così interdisciplinari come sarebbe stato necessario. 

Commento generale

Progetto interessante e per alcuni versi originale anche se presenta alcune lacune nelle articolazioni tematiche (e quindi nelle piste di ricerca)e qualche incongruenza tra queste e i riferimenti bibliografici. Chiari gli obbiettivi, che in linea di massima risultano abbastanza verificabili. Appropriata la metodologia di ricerca.
Il numero di mesi-uomo richiesti appare eccessivo.

Il coordinatore del progetto è studioso di sicura competenza e completa affidabilità scientifica. Lo stesso dicasi per la maggior parte dei membri dei sei gruppi proponenti che risultano discretamente complementari.

Punteggio finale 49 / 70

Raccomanda il progetto per il finanziamento? SI

L’entità del finanziamento richiesto è: Eccessiva

 

SCHEDA DI VALUTAZIONE

# Criteri di valutazione Punteggio Motivazione del punteggio

1 Originalità del Progetto e suo contributo al progresso delle conoscenze scientifiche  8 buono
 
Benché il riferimento complessivo possa apparire generico e rituale (riorentar la gran parte della storia contemporanea attorno al tema della guerra), il progetto contiene però aspetti di notevole originalità. Molto apprezzabile la ricchiezza dei riferimenti, la serietà dell’impostazione, la densità delle problematiche. 
2 Chiarezza e verificabilità degli obiettivi  9 molto buono
 
Nei singoli suoi segmenti (alternativamente storiografici, storico-culturali, archivistico-documentari o evenemenziali) la chiarezza è massima, e la verificabilità possibile. 
3 Appropriatezza dei metodi e delle tecniche da utilizzare  9 molto buono
 
Una riflessione sofisticata, e la evidente esperienza pregressa dei proponenti nel settore fanno ritenere molto buona l’appropriatezza dei metodi e delle tecniche. 
4 Adeguatezza delle risorse umane e strumentali già disponibili e/o richieste  8 buono
 
I temi sono vasti, in alcuni casi suggerirebbero rilevamenti ponderosi. Si nota perciò un qualche squilibrio nella distribusione delle risorse, e nel rapporto uomini/risorse finanziarie. Vari gruppi sono dotati di risorse umane limitate (il n. 1 sembra di fatto costituito da un solo ricercatrore, anche se di notevole esperienza). Palesemente eccessive le risoerse finanziarie previste dai gruppi 4,5 e 6. 

5 Competenza del coordinatore scientifico  10 eccellente
 
Indiscutibile. Ha al suo attivo pubblicazioni e esperienza di ricerca che garantiscono lo svilgimento del progetto attuale. 
6 Competenza dei gruppi proponenti  10 eccellente
 
Lo stesso si può dire di tutti i proponenti 
7 Complementarità dei gruppi proponenti  10 eccellente
 
Ottima. Studiosi di impostazione diversa ma complementare, già in collegamento tra loro e capaci di dialogare scientificamente. E’ auspicabile che essi sappiamo allargare i singoli gruppi di ricerca, che appaiono oggi non mlto folti. 

Commento generale

L’insieme del progetto appare molto coerente e coeso, pur accostando prospettive e obiettivi diversi, che vanno dall’esigenza di operare una “ricognizione-censimento” della letteratura esistente a quella di raccogliere invece documenti originali o di operare vaste indagini su terreni in gran parte nuovi (come quello affrontato dal gruppo n. 7 sulla violenza coloniale). Poderose le risorse umane messe in campo, benché possano apparire perfino sottodimensionate rispetto alla vastità degli obiettivi. Un po’ squilibrata la richiesta di finanziamenti.

Come era lecito attendersi nel leggere i progetti, i proponenti sono studiosi di alto livello, già ben addentro alla materia. Il progetto costituisce una tappa ulteriore di un percorso di ricerca scientificamente avanzato.

Punteggio finale 64 / 70

Raccomanda il progetto per il finanziamento? SI

L’entità del finanziamento richiesto è: Congrua

 

PEZZINO PAOLO

COORDINATORE SCIENTIFICO DEL PROGRAMMA DI RICERCA

NON AMMESSO AL COFINANZIAMENTO
Richiesto: 298.200 Euro

    In base ai pareri espressi dai revisori, il programma da Lei coordinato, pur finanziabile, è risultato in graduatoria con punteggio inferiore alla media d’Area, pertanto in posizione non utile ai fini dell’effettivo finanziamento in relazione alle risorse disponibili   classe: A      scarto: -0.3661