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Pombeni 2003

La costruzione e la crisi del discorso politico sull' "Occidente" nel Novecento.

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Coordinatore

   

PAOLO POMBENI

     

Titolo della Ricerca

   

LA COSTRUZIONE E LA CRISI DEL DISCORSO POLITICO SULL’ “OCCIDENTE” NEL NOVECENTO.

     

Finanziamento assegnato

   

24000 Euro

     

Rd+Ra

   

32500 Euro (dichiarata all’atto della domanda)   

     

Durata

   

24 mesi

     

 Obiettivo della Ricerca

Si tratta di una ricerca che vuole studiare l’impatto e la valenza che ebbe l’utilizzazione del termine “Occidente” (sia come “termine-concetto” sia come “idealtipo”) nella costruzione del “contesto” della nuova sistemazione politica che si ebbe nell’area rimasta sotto l’egida “imperiale” americana dopo i ben noti accordi di Yalta. La ricerca muove lungo tre direttrici: ricostruzione dei parametri sia intellettuali che istituzionali che producono il modello di “democrazia occidentale” e di “democrazia del benessere”; indagine delle dinamiche che portano alla costruzione di un sistema di alleanza (o forse: di alleanze) che unisce gli USA e la “vecchia” Europa; indagine delle dinamiche che presiedono all’utilizzo dei due precedenti modelli come sistemi per “democratizzare” le aree politiche africane che ottengono la sovranità col processo di decolonizzazione iniziato alla fine degli Anni Cinquanta.
Dalla comparazione fra quanto emergerà da questi tre filoni di ricerca, che verranno costantemente sviluppati in parallelo e in collaborazione dai tre gruppi di ricerca, si conta di produrre uno studio finale di sintesi che possa consentire un più maturo inquadramento di questo fenomeno politico-culturale ed una valutazione complessiva del suo impatto nell’improntare di sé la seconda parte del secolo Ventesimo
Il programma mira a ricostruire tre dinamiche parallele, ciascuna delle quali essenziale per valutare lo spessore assunto dall’idealtipo di “Occidente” come regolatore dello sviluppo politico e culturale di una parte del mondo dopo il 1945. La prima dinamica riguarda l’utilizzo del concetto per lo sviluppo di nuovi sistemi costituzionali che si andavano definendo come “democrazie occidentali”. La seconda dinamica ha per oggetto l’impiego di quel Termine-concetto nella costruzione di nuovi sistemi di alleanza. La terza dinamica punta alla verifica del successo e/o insuccesso della “esportazione” di questo idealtipo fuori del suo contesto storico (anche al prezzo di negare la storia autonoma di quel contesto peculiare, che è nel nostro caso il contesto africano).
Come specificato nelle presentazioni delle singole unità di ricerca, il programma si svilupperà per fasi successive, volte a determinare prima il quadro storico di partenza, poi ad esaminare la fase per così dire di “impianto” della nostra problematica; indi si passerà a quella che potrebbe essere definita la fase “matura”, per concludere con una valutazione generale. Ogni fase si articolerà in seminari specialistici delle diverse unità di ricerca, concluse da un seminario comune a tutto il gruppo. In conclusione verrà organizzato un convegno internazionale per confrontare ad ampio raggio i risultati della ricerca, che saranno in seguito pubblicati in volume.

Innovazione rispetto allo stato dell’arte nel campo

Il concetto di “Occidente” ha giocato un ruolo chiave nella storia del Novecento. Benché il suo primo tragico esordio, la “Grande Guerra” del 1914-18 non sia stata affatto percepita come uno scontro tra una dimensione occidentale ed una dimensione “altra”, fin dalla conclusione si era diffusa l’idea che il conflitto fosse in realtà un segno del “tramonto dell’Occidente”. In realtà l’emergere della peculiarità del bolscevismo, ben presto inquadrato in un modello “asiatico” da taluni polemisti, l’affermarsi della potenza imperiale giapponese, e la sempre più percepibile crisi della centralità europea portavano a riconsiderare le categorie di interpretazione di quella dinamica fra le civiltà che aveva affascinato in passato più di uno studioso di “storia universale” e che rilanciava l’idea della storia come “lettura dei cicli” (Toynbee). Un nodo importante della questione era la collocazione da dare alla nuova presenza egemonica americana: era essa parte di un modello europeo sia pure trasmigrato al di là dell’Atlantico e modificato dal differente “habitat” o si trattava di un qualcosa di nuovo e di diverso? La questione rimase aperta fino alla seconda guerra mondiale che vide da un lato riproporsi la dinamica “europea” della lotta per l’egemonia sul continente e dall’altro emergere la dimensione dello scontro fra “democrazie” e “totalitarismi”. La presenza fra le “Nazioni Unite” del colosso sovietico, sia pure come acquisizione tardiva, lasciava poco spazio ad una contrapposizione fra Occidente e Oriente. Questo panorama si modificò con gli accordi di Yalta, che dividevano chiaramente il mondo in due sfere, secondo una nuova declinazione tutta politica del vecchio principio cuius regio eius et religio, ma che con questo marcavano anche la dualità fra due modelli la cui collocazione geografica sembrava significativa: ad Ovest il modello della liberaldemocrazia derivata dal costituzionalismo illuminista che rinsaldava i legami storici fra la culla europea di quel pensiero e coloro che ne avevano cercato la realizzazione al di là dell’Atlantico; ad Est un modello “diverso”, che, pur derivando di fatto da una costola di questo con la dottrina marxista, si era inverato in un paese che non aveva le “sovrastrutture” da cui era nato e che pertanto tornava ad apparire come “diverso” e “antagonista” (perché era “asiatico”, perché era “totalitario”, perché era geopoliticamente alternativo o per tutti questi motivi che variamente si componevano nei diversi utilizzi che se ne venivano facendo). Nell’area che ormai si definiva “occidentale” divenne necessario “pensare” questa nuova dimensione, articolarla inserendola in una complessa storia intellettuale, renderla “esportabile”, poiché questo richiedeva la dinamica delle nuove proiezioni imperiali che la divisione del mondo in due zone d’influenza imponeva come necessaria. La ricerca, dopo aver effettuato una serie di verifiche sulla “preistoria” di queste categorie, intende analizzare tre snodi cruciali di queste problematiche: 1) la ridefinizione dei sistemi politici europei dopo il 1945 alla luce della loro collocazione nella “sfera occidentale” con la conseguente produzione di un idealtipo di “democrazia occidentale” e di sistemi costituzionali che la riflettessero; 2) lo sviluppo del concetto di “civiltà occidentale” come base di un sistema di alleanze che da un lato ha prodotto la NATO e dell’altro l’Unione Europea; 3) l’utilizzo contrastato ma in definitiva non troppo produttivo del concetto di “occidentalizzazione” nella fase post-coloniale in Africa.

Criteri di verificabilità

1) RILEVANZA DEL TEMA PER L’ATTUALE FASE DELLA RICERCA STORICA ITALIANA E INTERNAZIONALE ALLA LUCE DELLE NUOVE ACQUISIZIONI EMERSE DALLA RICERCA

2) QUALITA’ E COMPETENZA DELLE EQUIPE DI RICERCA IMPEGNATE

3) RESPIRO INTERNAZIONALE E COMPARATO DELLE RICERCHE

4) 

Unità di Ricerca

1]  Unità di       Università degli Studi di BOLOGNA

     Responsabile Paolo POMBENI

     Rd+Ra      16100 Euro (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   11900 Euro

 

     Compito

     

Il gruppo di ricerca indagherà l’affermarsi della nozione di “democrazia occidentale” come nuovo parametro di riferimento della legittimazione politica in Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania attraverso l’analisi di una serie di casi di studio, inquadrati dalla cornice generale del mutamento sociale e politico indotto dalla seconda guerra mondiale prima, dall’emergere della guerra fredda e dallo stabilizzarsi del sistema internazionale bipolare poi.
Ci si articolerà nelle seguenti ricerche:

– Dal Costituzionalismo liberale alla “democrazia occidentale”: le trasformazioni dei sistemi politici europei fra 1945 e 1968 (Paolo Pombeni e Fulvio Cammarano)
– Le nuove scienze sociali e il modello della “democrazia occidentale” (Maurizio Ricciardi)
– Uno scienziato politico dal “Parteienstaat” al modello americano: il caso di Otto Kirchheimer (Sandro Mezzadra)
– L’utilizzo del riferimento al “modello occidentale” nelle campagne elettorali in Italia, Francia e Gran Bretagna (Maria Serena Piretti)
– L’utilizzo del riferimento al “modello occidentale” nelle campagne elettorali in Germania (Stefano Cavazza)
– Politica e televisione: uno snodo della “democrazia occidentale”. Il caso italiano (Giulia Guazzaloca – borsista post dottorato)
– Nuovi parametri per la “democrazia occidentale” Il dibattito politico nelle nuove generazioni in Gran Bretagna 1958-1968 (Marzia Maccaferri, borsa dottorato)
– La via dell’SPD da partito socialista tradizionale a partito della democrazia sociale occidentale (Francesca Traldi, dottoranda, senza borsa)
– L’idea di “democrazia occidentale” nel pensiero degli intellettuali francesi fra Quarta e Quinta Repubblica, 1954-1964 (Antonio Schiavone, master in Relazioni internazionali)
– La Spagna fra nazional-cattolicesimo e “democrazia occidentale” (1945-1958) ( Loris Zanatta)
– Il modello della “democrazia occidentale” nel quadro della teoria delle relazioni internazionali (Raffaella Gherardi)

Il lavoro precederà per fasi successive basate su semestri di lavoro. Sono previste le seguenti fasi: 1) ricostruzione ed analisi del quadro generale; 2) Le peculiarità del primo periodo 1945-1958; 3) La svolta degli anni Sessanta (1958-1966); 4) Un sistema in crisi? 1966-1968.
Ogni fase sarà conclusa da un seminario di Dipartimento a cui prenderanno parte anche le altre unità del progetto ed in conclusione il lavoro confluirà nel Convegno di Dipartimento che vedrà il bilancio generale di tutti i gruppi di lavoro. E’ prevista una pubblicazione che raccolga i risultati della ricerca.

2]  Unità di       Università degli Studi di BOLOGNA

     Responsabile Annamaria GENTILI

     Rd+Ra      7100 Euro (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   5200 Euro

 

     Compito

     

I processi di trasformazione che hanno investito i paesi africani nel corso degli anni ’90 tanto a livello politico (processi di democratizzazione) quanto di tipo economico rendono necessario un riesame dei processi, politici e ideologici, per mezzo dei quali si è arrivati all’indipendenza e si sono organizzati gli stati-nazione nelle regioni ex coloniali. Lo stato e la nazione nelle colonie venivano rappresentati come morfologie ereditate o mutuate dall’esperienza europea, mentre per i leader politici africani la rivendicazione nazionale risiedeva in un principio di coesione e coerenza consolidato dall’oppressione coloniale. La liberazione nazionale non doveva creare un’identità modellata su quella proposta dall’Occidente, ma essere il prodotto di un’identità che doveva svelarsi ed esigeva di essere riconosciuta sia internamente che esternamente.
I processi di democratizzazione odierni tendono a riflettere tendenze largamente presenti nelle teorie della modernizzazione che erano state alla base dello sviluppo economico e politico dello stato-nazione nella fase della decolonizzazione. In questo senso il rapporto con l’Occidente e i concetti di democrazia e sviluppo di cui si fa portavoce diventato rilevanti nel comprendere e leggere i processi di transizione (spesso conflittuali) che hanno investito l’Africa. Tuttavia il contesto di partecipazione dell’Africa al sistema internazionale (occidentale) in maniera eccezionalmente tributaria resta un nodo di fondo della sua costituzione politica e del suo rapporto (dentro e fuori) con l’Occidente stesso. Il cosiddetto presentability game introduce una distorsione sul rapporto con l’Occidente che si intende investigare.L’unità di ricerca si pone, pertanto, l’obiettivo di ripensare il dibattito ideologico e politico dell’era della decolonizzazione evidenziandone la storicità in rapporto alla categoria di Occidente. I governi coloniali, in relazione ai loro interessi di dominio e estrazione di risorse così come di “civilizzazione”, prima, i governi dei paesi avanzati e le organizzazioni internazionali in nome di cooperazione, partnership per lo sviluppo o di principi di intervento umanitario, poi, hanno promosso una conoscenza articolata delle società “altre”, non occidentali. Questa conoscenza è necessariamente esposta in termini comparativi con il soggetto dominante e la sua realtà storica e politica, i suoi interessi, i suoi parametri concettuali. Il lavoro dell’unità di ricerca, partendo da questa conoscenza, vuole andare alla radice dell’elaborazione di concetti e categorie politiche che, pur riconoscendo la loro origine nell’Occidente, hanno ridefinito la nozione di nazione, stato, democrazia, cittadinanza sia pure in maniera contrastiva.
La ricerca si articolerà in due parti:
nella prima si procederà ad una ricostruzione e sistemazione degli studi e delle riflessioni elaborate da parte delle élite intellettuali e politiche della decolonizzazione (anni ’60) volte alla costruzione dello stato e del politico in Africa in un contesto di opposizione al sistema coloniale e all’esigenza di entrare a far parte della comunità internazionale; nella seconda si vedranno invece come le concettualizzazioni elaborate a livello globale con la fine della guerra fredda e l’avvio dei processi di globalizzazione siano criticamente interrogate e discusse a partire da situazioni specifiche nelle quali i parametri usati nei processi di transizione hanno evidenziato elementi di crisi e di difficile applicabilità ai contesti africani.

3]  Unità di       Università degli Studi di BOLOGNA

     Responsabile David William ELLWOOD

     Rd+Ra      9300 Euro (dichiarata all’atto della domanda)

     Finanziamento   6900 Euro

 

     Compito

     

Si focalizza sul ruolo dell’idea di ‘Occidente’ che emerge nel processo politico e culturale che procede dalla firma del Trattato del Nord Atlantico alla fondazione della NATO, e da quest’ultima allo sviluppo dell’Atlantismo. L’Atlantismo infatti viene inteso come progetto in continua costruzione dal 1949 – ma soprattutto dopo il 1951 a la creazione del Consiglio atlantico – per definire e consolidare un idea e un pratica di ‘Occidente’ basata su valori comuni, percezioni della realtà e linguaggi condivisi, poi obiettivi concordati.
Una particolare attenzione sarà dedicata alla politica comunicativa e propagandistica dell’alleanza negli anni della sua fondazione, per identificare le cause dell’impossibilità della NATO di trovare una strada comune per un’informazione di massa, e la conseguente scelta di un lavoro ‘d’élite’ attraverso la creazione di reti di contatti e di ‘simpatizzanti’ dentro le classi di governo dei paesi membri.”