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Rapporto di fine mandato

sottoposto dal presidente uscente Raffaele Romanelli all’assemblea ordinaria dei soci. Lecce, settembre 2003

Giunto al termine del mio mandato di presidente, che secondo statuto è durato 4 anni, dalla primavera del 1999 al settembre 2003, sento il dovere di ringraziare i molti soci che hanno lavorato accanto a me in questo periodo. Penso ai due segretari che si sono succeduti nell’incarico, Enrico Francia e Emmanuel Betta, a chi in questi anni ha svolto il compito di consigliere: prima Paolo Macry e Bruno Tobia (in carica 1997-2000), poi Giovanni Sabbatucci e Carlotta Sorba (1998-2001), Pierluigi Ballini e Silvio Lanaro (1999-2002), Gia Caglioti e Tommaso Detti (2000-2003), Agostino Giovagnoli e Marco Palla (2001-), Andrea Graziosi e Maura Palazzi (2002-); ai vari soci che si sono succeduti nelle redazioni di questo Annale – oltre a quelli che appaiono oggi nella seconda di copertina, anche Luisa Azzolini, Luca Baldissara, Michele Battini, Nicola Labanca, Daniela Saresella e Paolo Pezzino – e del sito Web – a cominciare da Serge Noiret, che per primo l’ha impostato –, a chi ha redatto i “dossier” del sito (particolarmente puntuale Giuseppe Bosco), o le rassegne stampa (tra i vari redattori un ringraziamento particolare ad Angelo Bitti, per la sua costanza), e poi a quanti hanno assunto l’incarico di organizzare dodici tra incontri e convegni, o di assegnare i premi Sissco e Anci-storia, e ancora alle centinaia di soci e di non soci che hanno firmato articoli e recensioni, o hanno parlato nei convegni. Se potessi nominarli tutti non farei altro che esaltare la forte collegialità con la quale la Sissco ha lavorato e lavora, una collegialità, una circolazione di idee e di esperienze, una ampiezza di riferimenti e di contatti che della Sissco disegnano il profilo e costituiscono l’essenza. Fin dalla sua fondazione infatti la Sissco si è proposta di coltivare l’informazione, la trasparenza, lo scambio, il “dialogo senza intolleranze fra indirizzi e scuole diverse”, come si legge nella lettera circolare inviata ai soci nel luglio 1990 dal Comitato direttivo provvisorio (Cfr. Bollettino n. 1). Avendo tra l’altro partecipato a quella prima costituzione dell’associazione e condividendone le linee ispiratrici, ad esse ho cercato di attenermi anche nel mio lavoro di presidente. Per questo non v’è nulla di rituale nell’affermare che i successi che la Sissco ha ottenuto nei quattro anni passati sono successi di molti, moltissimi soci, e idealmente di tutti.
Sono stati quattro anni intensi per la nostra associazione. Prima di rammentarne le fasi salienti, eventualmente per cogliervi qualche indicazione per il futuro, ricorderò che in questo periodo la Sissco ha avuto sede presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze. E’ dunque il momento di ringraziare e di salutare il presidente dell’Iue e il personale del Dipartimento di Storia e Civiltà. E’ infatti nostro costume che con il rinnovo della presidenza, l’associazione cambi sede. La Sissco è una associazione itinerante, che non ha sede fisica stabile, ed è via via ospitata dal suo presidente. Già in altre occasioni ho sottolineato i vantaggi, oltre che i costi, che derivano da questa situazione. Il fatto che la Sissco sia un carro di Tespi sottolinea la sua totale autonomia istituzionale e la sua leggerezza. Lo dice anche il fatto che la Sissco non ha finanziamenti di sorta, ha un bilancio magro, e procede con il lavoro gratuito dei suoi soci, che una volta pagata la tassa d’ingresso e la quota sociale sono ammessi a dare il loro tempo e il loro entusiasmo all’impresa comune (e semmai a rimetterci molte spese giornaliere). Nel bilancio della Sissco peraltro non figurano i contributi delle sedi universitarie o degli enti territoriali che attraverso i buoni uffici dei soci finanziano interamente i suoi convegni. Da qui le virtù della mancanza di centro, che se vi fosse, in un paese come l’Italia, lungo e stretto, fatto di tanti centri, finirebbe col dare una connotazione territoriale-culturale troppo marcata all’associazione. La quale, mi preme ripeterlo, è italiana anche perché si incarna di volta in volta in luoghi e sedi diversi, e mobilita diverse energie. Da qui la cura particolare con la quale durante la mia presidenza abbiamo ottenuto che i convegni e le assemblee si svolgessero ogni volta in una città differente: Padova, Roma, Firenze, Bologna, Siena, Torino, Urbino, Perugia, Milano, Pisa e Lecce. Tutte città universitarie, come si vede. Ma sul rapporto tra associazione e mondo dell’insegnamento e della ricerca dovrò tornare.
Veniamo dunque alle realizzazioni di questi quattro anni e ai progressi compiuti. Dopo dieci anni e venti numeri abbiamo deciso di abbandonare il vecchio “Bollettino d’informazione”, e di sostituirlo con periodiche lettere d’informazione – per lo più inviate elettronicamente – e con l’Annale “Il mestiere di storico” il cui quarto numero, di dimensioni esorbitanti, avete sotto gli occhi nel leggere questo mio rapporto.
Non meno vivace è stato in questo periodo il sito Web. Basti dire che nel 1999 aveva solo due anni di vita – un tempo peraltro già consistente per un sito attivo – , ed era nato per iniziativa di un socio che lo redigeva praticamente da solo. Oggi ha una redazione di 12 persone – tutte fluttuanti, volontarie e non retribuite –, ospita circa 3.000 documenti ed è visitato mediamente da 18.000 ingressi ogni mese.
Va da sé che l’attività normale di associazioni come la nostra è quella di promuovere incontri, convegni, giornate di studio. Noi ne svolgiamo normalmente due all’anno, l’uno più professionale e l’altro più accademico e scientifico. Nel 2001 per la prima volta si è tenuto un tipo di convegno del quale più volte si era parlato senza mai trovare le energie per realizzarlo, nel quale si confrontassero tematiche molteplici proposte dalla comunità scientifica, anche esterna all’associazione. E’ la formula che oggi si replica qui a Lecce, e che per la prima volta è stata adottata a Urbino, dove sono state presentate 144 relazioni, e si sono avute circa 345 presenze. L’idea è quella di rendere questa formula stabile, ripetendola ogni due anni, e così di farne una ideale vasta agorà, aperto luogo di incontro e dove nel contatto e nel confronto si fissano anche i criteri di giudizio storiografico, le scale delle priorità e dei valori.
E’ questa, in realtà, la finalità ultima ed essenziale di tutte le attività della Sissco, che dunque ha ispirato anche le altre iniziative di questi anni. Così è per la lista di discussione riservata ai soci e senza moderatore, avviata nella primavera del 2000. Così è per il conferimento del premio Sissco, che nel quadriennio ha premiato i volumi di Barbara Curli, Daniela Adorni, Sandro Bellassai e Anna Treves. Grazie ad una intesa con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani a partire dal 2002 il premio si è potuto dotare di un modesto ma significativo contributo in denaro, mentre si è affiancato un secondo premio, Anci-Storia, di pari entità, inteso a “valorizzare scritti riguardanti aspetti, vicende e problemi di storia locale, delle identità territoriali e delle autonomie locali”, e che nel 2002 è stato assegnato a Vittorio Vidotto.
L’idea di costituire un libero spazio di confronto si ritrova poi nel fatto che le attività scientifiche della Sissco sono aperte – libero è ad esempio l’accesso ai convegni o al sito Web – e che la pubblicizzazione dei suoi materiali è incoraggiata in ogni modo, con scarso esercizio di copyright. Non solo infatti la consultazione del sito è libera, ma abbiamo curato che vi fossero riversati i materiali dei nostri convegni e le nostre pubblicazioni. Per diversi anni la Sissco non ha avuto la forza di pubblicare autonomamente i propri materiali, ed ha peraltro incoraggiato la larga disseminazione in riviste o volumi. Non diversamente ha operato negli ultimi quattro anni, quando non senza fatica ha saputo avviare anche alcune pubblicazioni cartacee proprie. Nel 2001 e nel 2002 sono già apparsi due speciali Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, il n. 98 e il n. 101 – curati rispettivamente da Daniela L.Caglioti e Enrico Francia e da Carlotta Sorba – , costituenti una specifica sottoserie di “Quaderni della Sissco”, nati da un accordo raggiunto con la Direzione Generale degli Archivi dal mio predecessore Claudio Pavone. E’ ora in preparazione il terzo quaderno, curato da Giuseppe Bosco e Claudia Mantovani, che raccoglie i materiali di due nostri convegni tenuti a Perugia e a Pisa sull’insegnamento della storia contemporanea. Nel 2001 è stato anche pubblicato un primo “Quaderno” della Sissco, apparso per la cura di Carlo Spagnolo e i tipi di European Press Academic Publishing di Fucecchio con il titolo Segreti personali e segreti di stato. Privacy, archivi e ricerca storica ed è in preparazione un altro volume, curato da Agostino Giovagnoli per i tipi di Guerini e Associati di Milano, che conterrà i materiali del convegno di Milano su “Il mondo visto dall’Italia”.
Tutta questa attività editoriale su carta si integra con quella elettronica, e non solo in quanto le nostre pubblicazioni sono consultabili anche on line. Un lavoro complesso (e a volte lacunoso, lo sappiamo) viene svolto per non limitarci a mettere in rete dei testi, ma per organizzarli in delle banche dati. Così accade per le recensioni apparse sull'”Annale”, che con l’edizione 2003 supereranno le 1250, per i curricula dei soci, o per la “Rassegna stampa”, ovvero per la raccolta di articoli apparsi su quotidiani e segnalati a cura della apposita redazione del sito. Alla data del 15 maggio 2003 la banca dati conteneva 1.800 articoli circa per il periodo 2001-2003, mentre 1300 degli anni 1999-2001 erano in corso di inserimento. I quotidiani consultati – non sempre i medesimi e con continuità negli anni – sono oggi “La Stampa”, “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Il Messaggero”, “Il Manifesto”, “Le Monde”, “The New York Times”. Una banca dati per ora non inserita nel programma di ricerca automatica è poi quella degli incontri di storia contemporanea: 150 documenti circa dal gennaio 2003 ad oggi, oltre a 850 circa del periodo 1998-2002 che sono in corso di inserimento nel database.
A permettere e a premiare questo fervore di attività è stato l’incremento del numero dei soci. Confesso che al momento di assumere la presidenza, nel 1999, mi ero posto l’ideale obiettivo di vedere in quattro anni raddoppiato il numero dei soci, che fino ad allora aveva sempre oscillato attorno alla cifra dei 185 esistenti in quel momento. Ebbene, l’obiettivo è stato largamente raggiunto; mentre scrivo, ai primi di luglio 2003, i soci registrati sono 429 ed ogni giorno giungono nuove adesioni.
**
Proprio perché la Sissco altro non è che l’insieme dei suoi soci, credo sia utile tracciare un loro profilo. Come ben sanno i soci, del resto, la Sissco chiede loro di fornire un curriculum vitae et studiorum, insistendo che si tratta di un strumento essenziale di conoscenza reciproca. Il 77% dei soci ha fin’ora risposto a questo invito. La nostra comunità è dunque costituita da 429 soggetti, per circa il 60% uomini e il 40% donne:

Tab. 1. I soci della Sissco al 27 giugno 2003. Nnumero e composizione di genere

Numero

%

Donne

164

38,4%

Uomini

260

60,9%

Istituzioni

3

0,7%

Totale

427

100,0%

Una tabella ci mostra poi la collocazione professionale dei nostri soci:

Tab. 2. Statuto lavorativo dei soci Sissco (dati estrapolati dai curricula e dal Cineca)

STATUTO

Donne

Uomini

Istituzioni

Totale

Num.

%

Prima fascia

26

69

95

22,2%

Seconda Fascia

32

45

77

18,0%

Ricercatore

18

29

47

11,0%

Docente estero

2

13

15

3,5%

Precariato postdoc

27

34

61

14,3%

Dottorando

30

25

55

12,9%

Fuori ruolo

1

7

8

1,9%

(Totale universitari

136

222

358

83,8%)

Ricercatore enti

5

6

11

2,6%

Archivista

1

2

3

0,7%

Bibliotecario

1

3

4

0,9%

Funzionario AP

1

5

6

1,4%

Informazione-editoria

2

3

5

1,2%

Insegnante medio

11

8

19

4,4%

Altro

4

7

11

2,6%

Istituzioni

3

3

0,7%

n.d.

3

4

7

1,6%

Totale

164

260

3

427

100,0%

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Come è prevedibile, la maggior parte dei soci studia e lavora nell’università, con diverse collocazioni (e con una diversa distribuzione di uomini e donne nei diversi ruoli). La massima concentrazione è nella categoria dei docenti di prima fascia (ordinari e straordinari), nonché della seconda e, in misura assai inferiore, dei ricercatori. Assai corposa è però anche la presenza della vasta costellazione dei “precari postdoc” e dei dottorandi. E’ questo un primo dato a mio giudizio assai lusinghiero: la Sissco è capace di costituirsi come punto di incontro tra generazioni; è una corporazione di “baroni” che dialoga intensamente con le nuove leve universitarie (o viceversa). Ma la stessa tabella comunica un altro dato confortante, e cioè che quest’universo di storici professionisti, se così si può dire, attraverso l’interesse per la storia contemporanea dialoga a sua volta con professionalità diverse, anche se mi piacerebbe e mi auguro che aumenti in futuro il numero dei docenti medi (oggi solo 19), di archivisti, bibliotecari, funzionari, e così via.
Modesta è invece la proiezione internazionale della Sissco. Su 18 soci che abitano fuori d’Italia, 4 sono in Francia, 3 rispettivamente nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Svizzera, due in Germania, gli altri tre in Canada, Giappone e Olanda.
Esaminando la regione di lavoro dei nostri soci si conferma la distribuzione territoriale che prima vantavo come un elemento positivo: solo tre regioni non hanno soci (Val d’Aosta, Molise e Basilicata).

Tab. 3. Regione di lavoro dei soci Sissco

REGIONE

Donne

Uomini

Istituzioni

Totale

%

Abruzzo

1

1

2

0,5%

Basilicata

1

1

0,2%

Calabria

2

2

0,5%

Campania

8

10

18

4,2%

Emilia Romagna

24

30

54

12,6%

Estero

4

14

18

4,2%

Friuli Venezia Giulia

3

6

9

2,1%

Lazio

29

50

2

81

19,0%

Liguria

9

3

12

2,8%

Lombardia

16

24

40

9,4%

Marche

1

5

6

1,4%

Piemonte

13

19

32

7,5%

Puglia

3

5

8

1,9%

Sardegna

1

4

5

1,2%

Sicilia

2

11

13

3,0%

Toscana

36

52

88

20,6%

Trentino Alto Adige

2

4

1

7

1,6%

Umbria

4

5

9

2,1%

Veneto

8

14

22

5,2%

Totale

164

260

3

427

100,0%

REGIONE

Donne

Uomini

Istituzioni

Totale

%

Abruzzo

1

1

2

0,5%

Basilicata

1

1

0,2%

Calabria

2

2

0,5%

Campania

8

10

18

4,2%

Emilia Romagna

24

30

54

12,6%

Estero

4

14

18

4,2%

Friuli Venezia Giulia

3

6

9

2,1%

Lazio

29

50

2

81

19,0%

Liguria

9

3

12

2,8%

Lombardia

16

24

40

9,4%

Marche

1

5

6

1,4%

Piemonte

13

19

32

7,5%

Puglia

3

5

8

1,9%

Sardegna

1

4

5

1,2%

Sicilia

2

11

13

3,0%

Toscana

36

52

88

20,6%

Trentino Alto Adige

2

4

1

7

1,6%

Umbria

4

5

9

2,1%

Veneto

8

14

22

5,2%

Totale

164

260

3

427

100,0%

Come si vede, la presenza dei soci è maggiore in alcune regioni, e in particolare nell’Italia centrale – ma anche lungo l’arco alpino e la dorsale tirrenica: chi ricorda le cartine pubblicate da Robert Putnam sulla distribuzione dell’associazionismo in Italia noterà alcune concordanze, e forse sarà portato ad affermare anche nel nostro caso che in futuro, per avere una più fitta sociabilità storiografica basterà procurarsi un passato medievale più rigoglioso….* In verde le tre regioni nelle quali non risultano lavorare soci Sissco (Basilicata, Molise, Valle d’Aosta)
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fonte: R.D. Putnam, La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano 1993, p. 114.
Tredici anni or sono, nei documenti costitutivi della Sissco, si affermava una duplice finalità – che i fondatori consideravano in gran parte coincidente: il rifiuto della logica delle appartenenze (per lo più ideologico-partitiche) e il superamento di una certa insularità disciplinare: si affermava che la storia contemporanea, per essere in tanta parte storia politica politicamente orientata aveva anche scarso commercio con le scienze umane. Chi guardasse alla realtà di oggi in quella prospettiva vedrebbe un panorama diverso, dove la rigidità politico-ideologica è minore e l’apertura disciplinare maggiore. Chissà se in piccola, minima parte la Sissco non abbia contribuito a questo ri-orientamento. E’ comunque di conforto constatare che alla Sissco aderiscono studiosi di varie discipline. Limitandoci per necessità di cose a registrare il settore disciplinare dei docenti di ruolo delle tre fasce, si constata che, ferma restando la assoluta centralità del settore M-STO/04 (storia contemporanea), sono rappresentati molti altri raggruppamenti disciplinari:

Tab. 4. Settore scientifico-disciplinare dei docenti di ruolo iscritti alla Sissco

(rif. Dati Cineca 27 giugno 2003)

SETTORE [1]

Prima fascia

Seconda Fascia

Ricercatori

Totale

CHIM/03

1

1

IUS/09

1

1

IUS/19

1

1

L-ART/06

1

1

M-GGR/01

1

1

M-PED/01

1

1

M-PED/02

1

1

2

4

M-STO/02

2

2

4

M-STO/03

2

2

1

5

M-STO/04

75

58

30

163

M-STO/07

1

1

SECS-P/12

3

3

1

7

SPS/02

2

2

SPS/03

5

3

8

SPS/05

3

5

4

12

SPS/06

1

1

1

3

SPS/07

1

1

SPS/13

1

1

SPS/14

1

1

2

Totale

95

77

47

219

Constatato dunque che la distribuzione generazionale, geografica o professionale dei soci conferma la vitalità della Sissco come luogo di incontro e di scambio, resterebbe da stabilire quale sia la rappresentatività della Sissco nello specifico ambito accademico-disciplinare della storia contemporanea italiana e da qui nel “discorso pubblico” che si svolge attorno ad essa. Inutile dire che negli ultimi anni la storia contemporanea ha acquistato una particolare centralità nel confronto politico italiano ed è stata spesso oggetto del discorso e di attenzione mediatica. Verrebbe da aggiungere al riguardo che alcune delle voci che sono intervenute in questo dibattito, o che regolarmente commentano i fatti politici sui quotidiani italiani, da Giovanni Sabbatucci a Claudio Pavone, da Paolo Pombeni a Ernesto Galli della Loggia, da Fulvio Cammarano a Giovanni Belardelli, sono soci della Sissco, così come lo sono i dirigenti o responsabili delle maggiori istituzioni attorno alle quali è organizzato il dibattito storico-politico, come le Fondazioni Gramsci, Sturzo, Turati, o Feltrinelli. D’altra parte si suppone che questi numerosi personaggi pubblici siano iscritti alla Sissco in quanto storici accademici. Resta allora da capire fino anche se e fino a che punto la Sissco può rappresentare una voce significativa nel settore accademico di riferimento anche quando sono gli affari della corporazione ad esser chiamati in causa.
Occorre innanzi tutto descrivere l’odierna consistenza e la distribuzione dei docenti di ruolo afferenti al nostro settore disciplinare, che oggi è definito M-STO/04.

Tab. 5. Docenti M-STO/04 in Italia (rif. dati Cineca aggiornati al 27 giugno 2003)

Uomini

%

Donne

%

Totale

%

Prima fascia

140

42,6%

28

18,5%

168

35,0%

Seconda fascia

105

31,9%

59

39,1%

164

34,2%

Ricercatori

82

24,9%

61

40,4%

143

29,8%

Assistenti r.e.

2

0,6%

3

2,0%

5

1,0%

Totale

329

100,0%

151

100,0%

480

100,0%

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Vediamo allora quanti e quali, tra i 480 docenti del raggruppamento, sono nostri soci:
Tab. 6. Docenti M-STO/04 in Italia iscritti alla Sissco (rif. Dati Cineca 27 giugno 2003)

Uomini

Di cui iscritti Sissco

%

Donne

Di cui iscritte Sissco

%

Totale

Totale iscritti Sissco

% totale iscritti

Prima fascia

140

52

37,1%

28

23

82,1%

168

75

44,6%

Seconda fascia

105

19

18,1%

59

11

18,6%

164

30

18,3%

Ricercatori

82

31

37,8%

61

27

44,3%

143

58

40,6%

Assistenti r.e.

2

0

0,0%

3

0

0,0%

5

0

0,0%

Totale

329

102

31,0%

151

61

40,4%

480

163

34,0%

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Ne risulta che circa un terzo di tutti i ruoli è iscritto alla Sissco, percentuale peraltro assai più consistente tra gli ordinari e i ricercatori e che tocca un vertice tra le donne della prima fascia docente (considerando le sole ordinarie si raggiungerebbe il 100%). Naturalmente mi auguro che queste percentuali crescano ancora. Ma se si considera il carattere del tutto volontario, extraistituzionale e ben poco retributivo (o gratificante) dell’appartenenza allo Sissco, mi sembra che i numeri attuali corrispondano già a quella soglia fisiologica di interesse per il fatto associativo che è lecito aspettarsi dalla comunità (una volta eccettuata l’espressa ostilità di una minoranza verso una associazione non politica come la nostra). Ciò che conta, del resto, è non solo il fatto che la Sissco rappresenta una significativa porzione di tutti i ruoli universitari del settore, ma che li mette in collegamento con molti studiosi che nei ruoli non sono, o che sono in altri e diversi ruoli professionali, primo fra tutti il ruolo dei docenti medi, ai quali la Sissco ha prestato fin qui molta attenzione, e che mi auguro acquistino anche maggiore rilievo in futuro.

**
Tutto ciò conferma, se mai ce ne fosse bisogno, l’interesse dell’associazione per la sorte dell’Università, delle strutture di ricerca e dell’insegnamento della storia contemporanea. La Sissco ha sempre seguito con attenzione questi problemi. Ma lo ha fatto con un atteggiamento analitico e distaccato che i profondi cambiamenti istituzionali in atto – e l’aumentata rappresentatività dell’associazione – forse chiedono di superare.
Nel 1990 i sette soci appartenenti al già citato “comitato direttivo provvisorio” (si trattava di Luciano Cafagna, Ernesto Galli della Loggia, Claudio Pavone, Paolo Pezzino, Paolo Pombeni, Raffaele Romanelli e Mariuccia Salvati: a rimarcare gli elementi di continuità che hanno caratterizzato la storia dell’associazione si può notare che quel comitato ha fornito i quattro presidenti del decennio successivo) scrivevano “benché tutti docenti universitari, non intendiamo costituirci in gruppo accademico o per scopi accademici”. E così è stato negli anni seguenti: la Sissco non è mai intervenuta in quanto tale, come “gruppo di pressione”, o d’opinione, nemmeno indirettamente o informalmente, nei processi di cooptazione accademica, nemmeno quando i suoi esponenti erano impegnati in prima linea. Può darsi che così si trasferisse sul piano accademico quel rifiuto delle appartenenze ideologiche e partitiche – dell’“antica timidezza verso meccanismi ideologici e di partito”, così ci esprimevamo nel 1990 – che era all’origine della nostra iniziativa, indipendentemente – è ovvio – dalle convinzioni e dalle milizie di ciascuno. Così, comunque è stato: la Sissco ha solo insistentemente, puntigliosamente, ostinatamente informato su quanto avveniva nel campo del reclutamento accademico e del finanziamento della ricerca, nella convinzione che quell’informazione, quel “mettere sotto gli occhi di tutti” operasse in maniera virtuosa insieme alle mille iniziative societarie nell’attivare meccanismi di controllo, nel creare un costume, nel fissare degli standards.
A tredici anni di distanza da quelle prime dichiarazioni, e al termine del mio mandato, io rimango personalmente convinto della giustezza di quelle posizioni, pur conoscendo bene le critiche di irenismo, di presunzione e di ingenuità che esse attirano. Non c’è dubbio però che i tempi lunghi e quieti che una simile azione etico-politica richiedono sono stati sconvolti, proprio nel quadriennio del mio mandato, da una accelerazione senza precedenti che ha mutato composizione e profilo del nostro “gruppo culturale”, nonché l’atmosfera e l’ambiente in cui ci muoviamo. Il fenomeno va molto al di là del nostro limitato spazio societario, questo è ovvio. Ma non c’è praticamente alcun luogo del nostro mondo che non sia stato riformato, o sconvolto: sono mutati i sistemi – e non solo i sistemi, ma la stessa filosofia che li regge – di finanziamento della ricerca (un tema che la Sissco ha sempre seguito con attenzione); sono cambiati gli ordinamenti didattici, nella scuola come nell’università, i curricula, perfino le cronologie di riferimento. Ne è stato di conseguenza influenzato il mondo dell’editoria e della manualistica, e forse perfino la nostra scrittura. E’ stato modificato, e forse sta per esser modificato nuovamente, l’intero sistema della formazione e del reclutamento, il rapporto tra università, dottorati, formazione degli insegnanti ai vari livelli, scolastici e universitari. Nel settore universitario, il meccanismo del reclutamento non solo è stato cambiato – il che è successo altre volte nel corso degli anni – ma ne è stata riformulata alla radice la ragione che vi presiedeva da più di un secolo, e contemporaneamente è cambiato il profilo, la dimensione e la conformazione interna dei ruoli universitari.
Non è qui in discussione la bontà di questo o quel sistema (anche su ciò la Sissco è intervenuta tante volte). Non c’è dubbio però che i nuovi ordinamenti (nuovi, ma non perciò stabili) non sono immediatamente coerenti con le logiche culturali e scientifiche che ispirano l’azione della Sissco se per sua stessa natura la Sissco vorrebbe premiare prima d’ogni altra cosa il merito, il dialogo e il confronto delle idee, la trasparenza, la tensione alla ricerca, e così via. Basti dire che, lasciata per il momento sullo sfondo l’idea di selezione per merito, il nuovo sistema ha investito ingenti risorse nella promozione interna dei quadri, ispirandosi ad un singolare connubio tra criteri burocratico-sindacali e di affiliazione personale. [2] Ciò ha pressoché annullato ogni circolazione geografica dei quadri accademici, e ha ristretto ancor più gli accessi delle nuove leve.
Ovviamente il problema non è passato inosservato alla corporazione, o all’insieme del “raggruppamento”. Nel giorno stesso in cui fu convocata a Bologna l’assemblea sociale che nel maggio 1999 mi elesse presidente della Sissco, un gruppo di professori ordinari del settore contemporaneistico si era autoconvocato nella stessa Bologna proprio per discutere come comportarsi di fronte alla riapertura delle procedure di reclutamento, che si annunciava impetuosa. Erano Giuseppe Barone, Maurizio Degl’Innocenti, Tommaso Detti, Ernesto Galli Della Loggia, Agostino Giovagnoli, Francesco Malgeri, Nicola Tranfaglia e Angelo Varni. Nominarono un comitato, una “consulta”, che convocò diverse riunioni e poi chiese all’intero raggruppamento di eleggere una commissione ad hoc. Il 1 febbraio 2000 si svolsero le votazioni; risultarono eletti Simona Colarizi, Tommaso Detti, Agostino Giovagnoli, Francesco Malgeri e Paolo Pombeni, che però ritennero di non avere ricevuto abbastanza sostegno e non proseguirono nell’impresa. Dopo di allora, tutti i convenuti – e praticamente tutti i docenti di prima fascia [3] – hanno preso parte alle varie procedure di reclutamento senza che vi fosse alcun confronto preventivo, alcun coordinamento, o alcuna intesa sui criteri da seguire. Di recente, nel momento in cui la prima ondata dei docenti immessi nella prima fascia ha compiuto il triennio di prova e attende il giudizio di conferma, una ventina di docenti – anch’essi in larga parte soci della Sissco – ha proposto di fissare un minimo di standards comuni per l’ordinariato [4]. Il consiglio direttivo della Sissco, a sua volta, ha chiesto a una piccola commissione di quattro membri (che intenzionalmente comprende alcuni di coloro che avevano partecipato alla “Consulta” e/o avevano avuto voti nella consultazione che ne seguì, ovvero Tommaso Detti, Agostino Giovagnoli, Paolo Macry e Ilaria Porciani) di riflettere sulle posizioni da prendere in merito alla riforma sul reclutamento.
Mentre scrivo siamo in attesa che la nostra commissione ci comunichi le sue riflessioni, che questa assemblea potrà eventualmente discutere. A mio parere, quali che siano le concrete proposte sul terreno – in una fase tutt’altro che stabile, giacché si annunciano nuove riformulazioni del sistema –, la Sissco non potrà che battersi perché si ricostituisca una qualche leva nazionale, perché quando viene bandito un posto di ruolo agli studiosi sia data la possibilità di candidarsi ad un confronto scientifico pubblico, onesto e trasparente; perché si discuta di specifici settori di ricerca e di singole ricerche, di livelli di qualità e di pubblicazione dei risultati raggiunti. In breve, di persone, senza timidezze. Come sono solito fare, anche in questa relazione ho dato un volto e un nome alle persone alle quali mi riferivo. Così continuo a fare, accompagnando le mie annotazioni conclusive con alcune esemplificazioni. Spero che gli interessati mi perdonino se faccio uso del loro nome, e che ciò non li danneggi. Dopotutto, siamo persone che pubblicano le proprie ricerche, e che dunque le sottopongono ad una aperta valutazione. Ed è per questo che la Sissco, senza commenti né interventi, incoraggia la pubblicazione dei curricula di tutti, perché ciascuno di noi si renda noto/a, perché i nostri scritti circolino, perché i nostri profili siano sottratti ai circuiti delle protezioni notabilari o, all’opposto, delle maldicenze.
A quegli scritti in effetti faccio riferimento, giacché molti dei loro autori non li conosco personalmente, né loro conoscono me. Alcuni però li conosco, più o meno bene. Di recente mi è ad esempio capitato di leggere scritti e di ascoltare seminari (in varie lingue) di due studiose che hanno pubblicato vari volumi in vari settori d’indagine vicini ai miei interessi: come Patrizia Dogliani e Giuliana Gemelli. Ho constatato che nessuna delle due è nei ruoli della prima fascia. Penso che dovrebbero entrarvi. Ma può darsi che il mio parere sia errato, soprattutto in sede comparativa. E allora mi domando: quale è il luogo, quali sono le pratiche per i quali io possa confrontare queste mie opinioni, e la comunità possa arrivare ad una valutazione largamente condivisa? E cosa ha a che fare questa – spero lecita, almeno in via di principio – istanza di ascoltare valutazioni condivise con quanto sta avvenendo in questi giorni nelle quattro o cinque sedi che hanno bandito delle cattedre e dove sono al lavoro delle commissioni – ovviamente formate anche da soci della Sissco, e/o da persone che si sono espresse a favore di libere competizioni di merito?
Ho nominato due studiose con le quali mi è capitato di entrare in contatto di recente. Scorrendo le tabelle Cineca ho constatato che esse sono professori associati non confermati. Può dunque esser prematuro immaginare che esse vincano una idoneità di prima fascia prima di aver superato la conferma nel ruolo, tanto più se si condivide l’opinione, di per sé impeccabile, per la quale tali conferme in ruolo, o ordinariati, devono avere la serietà di una valutazione effettiva. Ecco dunque un criterio generale che potremmo discutere: quello di ridare senso ad una scansione progressiva delle carriere, di evitare salti improvvisi e ingressi furtivi. Anche se va osservato che la promozione dei docenti alla seconda fascia è stata anch’essa così intensa e rapida che sono moltissime le persone di valore a non avere ancora compiuto il triennio di prova. Mi accorgo anzi di trovare nell’elenco dei 107 professori associati non confermati del settore M-STO/04 (i confermati sono invece 57) diversi studiosi che secondo le mie conoscenze meriterebbero di passare alla prima fascia. Mi riferisco ad esempio a Mauro Moretti, Nicola Labanca, Guido Formigoni, Alessandro Polsi, Giovanni Gozzini, Michele Battini, Maurizio Ridolfi, Roberto Balzani, Fulvio Conti e a vari altri. Non credo che sia il caso che di ciascuno rediga un profilo; molti di loro del resto hanno mandato alla Sissco il loro curriculum, che è sempre un buon punto di partenza per chi voglia conoscere o accetti di farsi conoscere.
La mia lista è breve, parziale e meramente esemplificativa. Un attimo dopo averla mandata in stampa ne vedrò le lacune, o altri me le segnaleranno. E sia. Ma non sarebbe allora utile che correzioni, commenti e integrazioni avvenissero apertamente, in una franca discussione scientifica che facesse breccia nel chiuso delle conventicole e degli accordi personali? In effetti ignoro se vi sia, tra i nomi appena fatti, chi ha presentato domanda alle varie prove o intende farlo, oppure chi è già in dirittura d’arrivo in qualche combine. So però che vi sono altri studiosi che per vari motivi da tempo non partecipano più alle varie gare, per i più svariati motivi. Siamo schietti. Vi è chi, come Franco Andreucci, è rimasto ferito da antichi incidenti politici, o chi, come Giovanni Contini, dopo essere stato più d’una volta respinto ha continuato a studiare e a pubblicare con successo costruendo una carriera fuori dell’Università italiana. Contini, che quest’anno ha insegnato all’Università di Tokio, mentre scrivo è distaccato dalla direzione degli archivi presso la Shoah Visual History Foundation di Los Angeles. Siamo sicuri, cari colleghi del settore M-STO/04, di volergli preferire altri candidati, magari molto meno produttivi? Quanti sono in effetti gli studiosi lasciati fuori dell’università che hanno i titoli e il desiderio di entrarvi? Quanti sono gli archivisti, o gli insegnanti medi che toccherebbe a noi che siamo “dentro” “recuperare” al mondo dell’insegnamento universitario?
Mi è stato detto che Marco Soresina, insegnante medio, ha di recente vinto un posto di ricercatore e prenderà servizio nel 2004. Me ne rallegro, anche se avendo letto alcuni suoi scritti lo avrei piuttosto ritenuto meritevole di concorrere ad una seconda fascia. La stessa cosa penso di Costanza D’Elia, che invece è nei ruoli del Cnr, di Massimo Mastrogregori, che è funzionario parlamentare, di Patrizia Guarnieri, che insegna in università straniere in Italia (una outsider che costituisce una variante ulteriore della casistica, perché ha già ottenuto una idoneità di seconda fascia, ma fin’ora non è stata chiamata in ruolo). E chissà quanti altri studiosi a me ignoti sono nelle stesse condizioni. Cari colleghi che siete così attivi nelle commissioni di valutazione, e che sollecitate il nostro voto, permettete anche noi conosciamo qualcosa dei vostri progetti, e volete eventualmente ascoltare anche la nostra opinione? Ma vi sono altri che riterrei meritevoli del ruolo, tra i ricercatori anziani o di recente ingresso dei ruoli (si riproporrebbe anche in questo il caso il quesito se si dovrebbe attendere la conferma nel ruolo). Penso ad esempio a Luca Baldissara, a Renato Camurri, a Antonello Venturi, a Elisabetta Tonizzi, che sono ricercatori nel settore M-STO/04. Ma ve ne sono altri, alcuni dei quali a me meno noti perché appartenenti a raggruppamenti diversi (e che non so nemmeno se vorrebbero “trasferirisi”), come Adolfo Scotto di Luzio, pedagogista, Teodoro Tagliaferri, storico della storiografia oggi ricercatore di Storia della Filosofia, Alberto Masoero, ricercatore di storia dell’Europa orientale, e così via.
Non oso nemmeno proporre una esemplificazione del genere nel caso di giovani (ma, sia chiaro, niente affatto giovanissimi) che sopravvivono coraggiosamente in quella zona grigia delle eterne attese, delle borse post-doc, dei lavori precari, dei contratti a termine. Ne conosco troppi, e troppi sicuramente non ne conosco. Ma è quella la generazione-chiave del rinnovamento accademico e scientifico, una generazione ricchissima di talenti e di passione alla quale il grande rush seguito al 1999 non ha dato nulla. Nella gara all’autopromozione la corporazione ha lasciato solo le briciole al ruolo di ricercatore, e i non molti posti sono stati spesso occupati da studiosi ben poco giovani. Del resto, il ruolo di ricercatore pare destinato a scomparire. Scelta inevitabile se non si vuole ammettere che esistano gli assistenti veri, e si fa della terza fascia un ruolo docente eguale agli altri. Nei progetti governativi la prima tappa del lavoro universitario dovrebbe essere costituita da quei contratti di ricerca a medio-lungo termine già previsti dalla legge e di fatto non utilizzati dall’accademia se non parcellizandoli in più brevi periodi di apprendistato e sudditanza. Una filosofia privatistica tende dunque a riformulare la vecchia accezione negativa dell’aggettivo “precario” valorizzandolo in “flessibile”. Ci potrebbe essere del buono, come in tutte le cose. Ma un sistema che non ha trovato modo di fissare dei criteri di valore e di giudizio condivisi farebbe di tale flessibilità solo la definitiva sottrazione dell’istruzione superiore allo spazio pubblico e la sua consegna alla dimensione privatistico-contrattuale, clientelare e localistica. Cari amici e colleghi, la storiografia italiana non se lo merita.
Nel salutarvi, orgoglioso di consegnarvi una associazione robusta e in buona salute, auguro alla Sissco e ai suoi nuovi organi direttivi non solo di proseguire lungo una strada di realizzazioni e di successi, ma anche di compiere un salto di qualità, dando nuova dignità e nuova forza all’iniziale ragione che spinse a fondare l’associazione e dando la soddisfazione che meritano ai molti giovani talenti che – bontà loro – guardano alla nostra comunità con fiducia.

Note

1- Sigle dei settori scientifico-disciplinari: CHIM/03 Chimica generale e inorganica; IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico; IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno; M-GGR/01 Geografia; M-PED/02 Storia della pedagogia; M-STO/02 Storia moderna; M-STO/03 Storia dell’Europa orientale; M-STO/04 Storia contemporanea; M-STO/07 Storia del cristianesimo e delle chiese; SECS-P/12 Storia economica; SPS/02 Storia delle dottrine politiche; SPS/03 Storia delle istituzioni politiche; SPS/05 Storia e istituzioni delle Americhe; SPS/06 Storia delle relazioni internazionali; SPS/07 Sociologia generale; SPS/13 Storia e istituzioni dell’Africa; SPS/14 Storia e istituzioni dell’Asia.
2- Mi riferisco alla logica attuale per la quale una sede stanzia in bilancio le risorse per la promozione di un proprio docente, e ai commissari che vi si recano per perfezionare la pratica si concede come personale mercede per l’incomodo una idoneità supplementare. Normalmente, la prevedibilità dell’esito scoraggia le candidature e ratifica il carattere non competitivo della procedura.
3- Cfr. D.L.Caglioti e R.Romanelli, Il reclutamento dei docenti di storia contemporanea, 1999-2002. Qualche dato e qualche commento in “Il mestiere di storico”. Annale Sissco III, 2002, pp. 43 e ss.
4- Ecco il testo della dichiarazione e le firme apposte: “Cari colleghi, il Ministero ha iniziato da qualche settimana la procedura di attivazione delle Commissioni giudicatrici per il passaggio dei professori straordinari di prima e di seconda fascia al ruolo di professori ordinari e di professori associati. Considerato quanto sia delicato il compito di valutare colleghi e onde evitare vistose disparità di giudizi tra commissione e commissione, riteniamo importante fissare preventivamente anche un solo criterio minimo, ma condiviso sulla base del quale esaminare la produzione triennale dei candidati. 1. La presentazione di almeno un saggio quantitativamente consistente, basato su una ricerca documentaria o sull¹analisi di fonti, che offra spunti originali al dibattito storiografico.”
Elena Aga Rossi, Aldo Agosti, Franco Barbagallo, Antonio Cardini, Valerio Castronovo, Roberto Chiarini, Simona Colarizi, Piero Craveri, Elio D’Auria, Maurizio Degl’Innocenti, Tommaso Detti, Carlo Lacaita, Emilio Papa, Regina Pozzi, Romain Rainero, Alceo Riosa, Mario G. Rossi, Giovanni Sabbatucci, Mariuccia Salvati, Salvatore Sechi, Nicola Tranfaglia, Francesco Traniello, Stefano Trinchese, Angelo Varni, Maurizio Vaudagna, Angelo Ventura, Stuart J.Woolf.
Una breve discussione ne è seguita nella lista della Sissco, diove si possono leggere i commenti di Paolo Macry e di chi scrive, che non hanno sottoscritto la dichiarazione. Cfr. [https://liste.racine.ra.it/pipermail/sissco/], 14 luglio 2003.
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