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Risposta a Chiara Frugoni

di Antonio Brusa (mail alla lista di discussione sissco@racine.ra.it del 21 marzo 2001) Carissimi, su richiesta dell’autore, Vi trasmetto l’articolo che Antonio Brusa ha mandato a “Repubblica” in risposta alle note critiche di Chiara Frugoni (diffuso in rete qualche giorno fa da Giuseppe Bosco), nonchÈ un intervento dello stesso Brusa nel dibattito sulla riforma dell’insegnamento della storia nella scuola rinnovata, steso apposta per racine. Mi Ë parso opportuno accogliere la richiesta di Brusa per fornire ai soci, nel contesto di una discussione tanto accesa quanto cruciale, ulteriori elementi di riflessione. Molti cordiali saluti, Brunello Mantelli
PS: il pezzo che segue Ë stato pubblicato sulla “Repubblica” di 3 giorni fa (se non sbaglio la data).
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In un recente articolo apparso su questo giornale, Chiara Frugoni critica severamente il mio manuale per gli istituti professionali Le storie del mondo, che sarebbe “vicinissimo alle linee-guida della Commissione” incaricata di redigere i nuovi curricoli di storia (per inciso, Ë un testo pubblicato due anni fa e, quando la riforma entrerý a pieno regime, dovrý essere ritirato). La cosa merita, mi sembra, qualche riflessione di ordine anche generale. L’attacco al nuovo curricolo di storia Ë davvero ad ampio spettro: da destra molti lo osteggiano come programma di sinistra; e da sinistra, invece, si ritiene, pi˜ radicalmente, che distruggerebbe la coscienza storica dei cittadini italiani. Di un paio di settimane fa Ë la contrapposizione di due manifesti, entrambi firmati da un buon numero di storici, entrambi rigorosamente bipartisan, come Ë stato sottolineato, a rimarcare che c’Ë qualcosa di pi˜ di un curricolo a sollecitare gli interventi: l’idea stessa di storia da insegnare, del ruolo che questa svolge nella formazione collettiva e dei rapporti fra mondo della ricerca e della scuola. La svolta auspicabile, e probabilmente attesa da molti, sarebbe stata una discussione pi˜ pacata e distesa: com’Ë doveroso, quando la comunitý degli storici prende coscienza di un problema grave e importante. Segno non secondario di questa svolta Ë l’ingresso di alcuni storici “contro” nella Commissione ministeriale per i curricoli della nuova scuola.

Ma gli attacchi vanno al di lý dei toni pure accesi, di una contesa fra studiosi e giungono all’aggressione personale. Il ragionamento Ë il seguente: poichË dietro questo progetto si suppone che ci siano determinati studiosi, distruggendoli si pensa di guadagnare un altro buon argomento alla giusta causa. Che questo sia di gusto discutibile, lo valuteranno la sensibilitý e la cultura di ciascuno di noi. Il punto Ë che Ë un ragionamento infondato: i fatti sono che la Commissione, composta da una sessantina di studiosi (molti dei quali accademici) e di donne e di uomini di scuola, di diverse appartenenze culturali e politiche, ha elaborato – con appena due interventi contrari – un progetto di insegnamento, pensato per la scuola attuale. Una scuola molto diversa da quella di soli cinque-sei anni fa, perchË nel frattempo Ë diventata autonoma, e fa parte di un unico sistema integrato nazionale. E’ questa scuola, in questa sua novitý assoluta – peraltro sancita da leggi dello stato -, a richiedere insegnamenti diversi dal passato, e non solo per la storia. Che sia difficile e problematico scrivere tali programmi, il dibattito sorto lo sta a dimostrare; ma proprio la stessa difficoltý del compito costituisce il merito di una commissione, che Ë riuscito a portarlo a termine. Un merito, purtroppo, che non puÚ essermi attribuito, come dimostra una lunga bibliografia sull’argomento, dagli anni 80 ad oggi, e i numerosissimi convegni – nazionali e locali – che gli insegnanti hanno dedicato a questo tema: pubblici, e ai quali tutti, e in primo luogo i colleghi storici, hanno potuto avere accesso e diritto di parola.

Restano, dunque, del tutto gratuiti gli attacchi alla persona: e credo che appartengano a tale categoria le critiche rivolte da Chiara Frugoni al mio manuale. Il testo da lei criticato, a suo giudizio, presenta collegamenti arditi e distruttivi della conoscenza storica. La realizzazione di questo lavoro Ë frutto di anni di esperienza e di contatti con i docenti, di studi specifici, e di sperimentazioni nelle classi: con riscontri positivi, sia da parte degli insegnanti che degli alunni. Mi chiedo in base a quali esperienze Frugoni sia certa delle sue considerazioni didattiche. Mi sorprende, poi, che alla stessa appaiano strane la trattazione degli stereotipi, la scansione dei contenuti e la loro organizzazione. Evidentemente Frugoni ignora che tale scelta dipende dal rispetto di una legge dello stato, in vigore da qualche anno, che richiede fra l’altro, a chiunque voglia scrivere un primo volume per questo ordine di studi, di “correre” dalle origini al XVIII secolo. In questo contesto, il lettore deve leggere la mia avvertenza, credo di buon senso didattico, che un libro siffatto o Ë un condensato di notizie, o cerca di descrivere alcuni concetti di fondo in forma distesa.

Le accuse non si fermano all’aspetto didattico, ma mi coinvolgono in quanto medievista (dal momento che non sono un pedagogista, e peraltro non ritengo affatto offensivo svolgere questo mestiere all’Universitý). Alcuni rilievi riguardano l’apparato iconografico e le relative didascalie. Si tratta di pi˜ di mille immagini. E’ comprensibile che qualche svista redazionale possa capitare, e qualche diapositiva non essere letta bene, come nel caso di quelle relative alla tradizione medievale. Una correzione di bozze su immagini di pochi centimetri Ë problematica, anche avendo scritto un saggio sulla rappresentazione di s. Benedetto nelle cronache cassinesi: ma so che in occasioni come queste fra colleghi ci si corregge, soprattutto se si Ë forniti di una vista molto acuta. Ma non sono proprio d’accordo sulle accuse che Frugoni definisce di “esattezza marginale”. Federico II, infatti, ha effettivamente istituito una forma di Inquisizione centralizzata, nelle sue Costituzioni Melfitane (titolo 1b), che poi fu imitata qualche mese dopo dal papa Gregorio IX. E’questo dato di fatto che mi ha indotto a ritenere l’imperatore svevo uno degli autori decisivi di questo strumento antiereticale. L’altra questione interessante riguarda il racconto della societý “feudale”: in effetti, sono diversi anni che alcuni medievisti cercano una “vulgata” che sia allo stesso tempo precisa e facilmente comprensibile. Quelle che la Frugoni chiama pesantemente “strafalcioni”, sono opinioni diverse dalle sue, documentate in altre mie pubblicazioni, e argomentate ampiamente nella guida allegata al manuale, in modo che il docente sia avvertito dei rischi e delle alternative, e in modo che abbia alcune indicazioni bibliografiche per informarsi, e eventualmente criticarle. Su tali scelte storiografiche, come per tutte le altre questioni riguardanti l’insegnamento della storia, sono disposto al confronto, nelle sedi idonee della ricerca, e con gli strumenti degli storici, fra i quali non mi pare che ci siano le bacchettate.

Antonio Brusa