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Sistema politico e reti notabilari: l’esperienza del trasformismo

Coordina: Giovanni Sabbatucci

Il trasformismo, inteso sia in senso proprio (in riferimento cioè alla politica dei governi Depretis fra il 1882 e il 1887) sia in senso lato, è da sempre un tema classico per la storiografia italiana. Il giudizio degli storici tende a oscillare fra due poli: quello giustificatorio (da Croce: il trasformismo come scelta di stabilità e di tutela delle istituzioni liberali, fino a Cafagna: il trasformismo come risorsa politica) e quello di condanna (da Salvemini a Vivarelli: il trasformismo come involuzione di un modello liberale originariamente sano, come fonte di corruzione e di malcostume). Nella pubblicistica e nell’opinione comune trasformismo è poi diventato sinonimo di assenza di princìpi, ma anche di disponibilità a voltar gabbana: da qui parte l’idea (fuorviante) del trasformismo come categoria antropologica, come carattere nazionale negativo. Il progredire degli studi sulla politica nell’Italia liberale, a livello nazionale e locale, consente ora di studiare il trasformismo soprattutto da un punto vista sistemico: come scelta “centrista” della classe dirigente, come tutela nei confronti di forze non legittimate, come versione italiana di un modello che, dal juste milieu guizotiano al connubio cavouriano fino a esperienze più recenti, ha avuto numerose e fortunate applicazioni, producendo per lo più il doppio effetto di stabilizzare i sistemi rappresentativi a medio termine e di logorarli nel lungo periodo causa il blocco di qualsiasi alternanza al potere. Si tratta ora da un lato di approfondire questo tema generale, dall’altro di verificare il funzionamento del sistema, e le sue eventuali peculiarità, nelle situazioni locali attraverso l’analisi delle macchine elettorali e delle reti notabilari.
Giovanni Sabbatucci, Trasformismo e sistema politico
Fulvio Cammarano, Il trasformismo storico (1882-1887)
Renato Camurri, Il Veneto
Fulvio Conti, La Toscana
Luigi Musella, La Campania