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Sui 500 nuovi posti al Ministero per i Beni Culturali

L’emanazione del bando per 500 posti di funzionario per il Ministero per i beni culturali rappresenta certamente una significativa e positiva novità rispetto ai decenni passati. In molti istituti culturali la mancanza di turn over e il taglio delle risorse aveva ridotto il personale e il servizio all’utenza. Il continuo ricorso a un personale non stabilizzato non ha dato certezze al personale più giovane che è “transitato” presso Biblioteche e Archivi, ha vanificato le competenze assunte sul campo, ha lasciato inevase le risposte che da tempo quegli istituti attendevano. Dunque un concorso pubblico che apre le porte ad assunzioni a tempo indeterminato è senz’altro da accogliere con soddisfazione.

A questo aspetto positivo però fanno da contrasto due questioni che non possono essere sottovalutate. Volendo assumere come intenzione del governo e del ministero competente la necessaria ciclicità dei concorsi pubblici di questa natura anche in futuro, in modo tale da colmare organici dissanguati negli ultimi decenni, la quota spettante agli istituti archivistici (95) appare congrua. Assolutamente critica è la soglia fissata per le Biblioteche, che riceveranno solamente 25 unità in organico. Pur comprendendo l’impossibilità di porre riparo in una sola volta alle carenze organiche formatesi in decenni, i numeri appaiono veramente esigui soprattutto se confrontati con figure professionali, come i funzionari per la comunicazioni, che raggiungono le 30 unità. La dotazione per le Biblioteche pubbliche, dunque, è decisamente deludente, presentandosi come riparo insufficiente rispetto ai numerosi pensionamenti degli ultimi anni e a quelli dei prossimi anni.

Infine, altro aspetto su cui i conti non tornano, sono le discipline poste alla base delle prove fissate per gli aspiranti funzionari archivisti e bibliotecari. Per ciò che riguarda gli archivisti in particolare, a fronte delle prove di diritto pubblico e di diritto amministrativo, appare decisamente sconcertante l’assenza di prove di storia sia nella prova preliminare che nelle prove scritte. Tali conoscenze dovrebbero fornire, almeno nelle loro primarie articolazioni (medievale, moderna, contemporanea, delle istituzioni), l’architrave temporale per un archivista. Ci si illude così che le sole competenze tecniche siano sufficienti a far compiere scelte congrue in termini di inventariazione e di catalogazione, di conservazione e di scarto di documenti, scelte che hanno un profilo culturale e che necessitano di basi solide anche (se non soprattutto) dal punto di vista storico.