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Un prodromo emblematico: l’italianizzazione forzata del Sudtirolo, 1922-1943

Andrea Di Michele

Andrea Di Michele

Nel mio intervento conto di richiamare rapidamente le misure adottate dal regime fascista nei confronti della minoranza sudtirolese. E’ generalmente noto che la volontà snazionalizzatrice del fascismo passò attraverso una serie di interventi violenti ed odiosi: dall’italianizzazione dei toponimi alla cancellazione delle scuole in lingua tedesca, dall’italianizzazione dei cognomi al licenziamento degli impiegati pubblici sudtirolesi, ecc.
Ma più che su queste misure, è mia intenzione soffermarmi sul fallimento del progetto snazionalizzatore del fascismo. Non solo il regime riuscì a scalfire solo in parte il carattere prettamente tedesco della regione, ma dimostrò anche un’eclatante incapacità di dar vita ad una nuova e valida classe dirigente di lingua italiana, in grado di farsi efficace strumento sulla via del “recupero” all’italianità della popolazione locale. Una sorta di imperialismo interno straccione, dunque, non tanto per la scarsità delle risorse finanziarie investite, ma piuttosto per lo scadente livello qualitativo degli uomini impiegati.