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Villari: caro ministro, ecco perché la tua riforma è sbagliata

di Paolo Conti

PRONUNCIAMENTI
L’autore di uno dei più famosi manuali sta scrivendo un documento contro i nuovi programmi scolastici. Che, dice, penalizzano la storia

(dal Corriere della sera, 13 febbraio 2001)

«Mi hanno telefonato molti colleghi, tutti impensieriti come me. Credo, anzi spero, che nei prossimi giorni arriveremo a un pronunciamento comune degli storici nei confronti di questi nuovi programmi scolastici». Lo storico Rosario Villari non esita a definirsi «molto preoccupato» per ciò che ha letto sui giornali a proposito del futuro insegnamento della storia nelle scuole italiane: studio completo dalla preistoria ai giorni nostri dai 10 ai 15 anni di età, cioè nell’ultimo periodo della fascia dell’obbligo, e poi tre anni di approfondimento da seguire per moduli e grandi temi, prescindendo dal tradizionale aggancio alla cronologia.
Quella del professor Villari è una valutazione che mette da parte qualsiasi simpatia politica. Infatti il professore, da sempre considerato vicino alla sinistra, chiarisce: «Qui non si tratta di governo di centrosinistra o no, ma di rispetto della storia e del suo metodo di insegnamento». Dice Villari: «Non conosco ancora il testo integrale del progetto e mi limito a ciò che ho saputo grazie ai giornali. Ma mi sembra che ci sia un errore di fondo. L’insegnamento della storia viene previsto a un’età in cui i ragazzi non hanno ancora una maturità sufficiente per affrontare e assimilare una visione generale. A dieci anni si studia basandosi su elementi affettivi, sentimentali, magari anche di carattere razionale ma sempre a un livello elementare. Un interesse vero per la materia si raggiunge più tardi. Sono termini che, a mio avviso, vanno rispettati».
Lo storico si pone poi un interrogativo: «Se l’intento è assicurare l’insegnamento della storia contemporanea nella fascia dell’obbligo, riconosco che la proccupazione è più che legittima, ma che va risolta in altra maniera». Interesse personale, visto che il suo manuale di storia edito da Laterza ha venduto in trent’anni un milione e mezzo di copie? Macché: «Da anni ho deciso di non rinnovarlo, non potrei né vorrei limitarmi ad aggiustamenti meccanici, occorrerebbe rivederlo e ripensarlo, non ne ho il tempo, quindi parlo disinteressatamente perché il mio testo in pratica non è più adottato». Torniamo al dunque e anche ai famosi approfondimenti previsti nel triennio finale della ciclo superiore: «Non riesco a capire come si possa immaginare uno studio monografico e slegato dalla visione generale del processo storico. Il dato cronologico era e resta essenziale per la comprensione e la contestualizzazione di qualsiasi avvenimento. I giovani hanno bisogno di una sorta di “griglia generale” entro la quale inse rire le varie nozioni proprio per giungere a una percezione complessiva dello sviluppo, delle differenze, delle molteplicità».
Villari dunque si appresta a intervenire al fianco dei colleghi storici con un documento unitario, anche se da ottobre ha lasciato («per motivi personali e senza fini polemici») la carica istituzionale che ricopriva, cioè la presidenza della Giunta centrale per gli studi storici, l’organismo che collega l’attività di gran parte degli Istituti storici nazionali e delle Deputazioni di storia patria. Cosa farete? Contate di chiedere un incontro al ministro Tullio De Mauro? «Io non voglio polemizzare con nessuno ed esporrò le mie motivazioni al ministro nel modo più tranquillo. Ma mi chiedo perché l’Italia debba cancellare una delle poche cose che funzionano nella nostra scuola. Ricordo solo che analoghe riforme negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia sono fallite e che proprio la Francia è tornata sui propri passi. Adesso in Italia si affronta la storia nell’ ultimo quinquennio e con una adeguata capacità di apprendimento. Se abbiamo qualcosa di positivo, teniamocelo!».
Infine, un’ultima preoccupazione, legata ai recenti e costanti richiami del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, all’idea di Patria e di Nazione: «Uno studio della storia con simili sistemi mi sembra in aperto contrasto, anzi in contraddizione, con quelle sollecitazioni del Capo dello Stato, iniziative che personalmente approvo moltissimo. Uno studio della storia coincide con l’esigenza di conoscere approfonditamente l’identità della propria civiltà, della nazione e della comunità civile alle quali si appartiene».