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Filippo Cordova. Il giurista, il patriota del Risorgimento, lo statista nell’Italia unita

Francesco Paolo Giordano
Acireale-Roma, Maimone, 194 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2013

Filippo Cordova rappresenta una delle personalità più avanzate di quell’élite liberale
meridionale a cavallo tra due epoche, che occuperà anche all’interno dello Stato unitario
una posizione di primo piano. Consigliere d’intendenza sotto i Borbone, avvocato demanialista,
ministro delle Finanze nel Parlamento rivoluzionario siciliano del ’48, esule in
Piemonte, consigliere di Cavour e infine ministro dell’Agricoltura e della Giustizia nel
Regno d’Italia. Sono queste per sommi capi le tappe che scandiscono la biografia politica
di Cordova, e che ne fanno a buon diritto uno dei protagonisti misconosciuti del Risorgimento
e del processo di edificazione della nuova compagine statale.
Il volume colma una lacuna; mancava infatti una ricerca monografica che componesse
organicamente la figura dell’uomo politico siciliano. Frutto del lavoro di uno
storico non di professione – l’a. è un magistrato – l’opera penetra acutamente negli snodi
giuridico-amministrativi della carriera di Cordova, mentre il racconto biografico prevale
su un’impostazione più propriamente storiografica.
Il lavoro si compone di tre sezioni, ordinate secondo un’articolazione biografico-cronologica,
più un’interessante appendice documentaria. La prima parte, dedicata all’adesione
di Cordova ai moti del ’48, mette in rilievo l’importanza del personaggio nella
Rivoluzione siciliana: da ministro abolisce l’odiato dazio sul macinato e, in linea con
una visione politica antifeudale, nazionalizza e progetta di mettere in vendita i beni della
Corona e degli aboliti ordini religiosi. A questo proposito, nell’appendice l’a. ricostruisce
dettagliatamente, tramite documenti notarili inediti, la controversa questione riguardante
il feudo di Cozzo Lupo, di cui il padre era enfiteuta, usata dai nemici politici per screditare
la portata innovatrice dei provvedimenti del ministro.
La parte centrale copre il decennio di preparazione dell’Unità nazionale: l’avvicinamento
ai moderati piemontesi, con in testa prima D’Azeglio e poi Cavour, e le travagliate
vicende che portarono all’annessione della Sicilia, compresa la delicata missione affidata a
Cordova, divenuto di fatto emissario di Cavour dopo l’espulsione di La Farina decretata
da Crispi. L’ultima sezione vede Cordova, in qualità di esperto giurista, affrontare i problemi
relativi all’unificazione amministrativa e legislativa. Particolarmente approfondite
le vicende relative alla presidenza della Commissione d’inchiesta sul corso forzoso, e alla
costruzione dei canali Cavour, episodi in cui capitalismo finanziario e affarismo si intrecciano
pericolosamente. Ne emerge la figura di un amministratore dotato di ineccepibili
capacità tecniche e professionali.
Un aspetto cui l’a. solo accenna, e che meriterebbe una più ampia trattazione, è
invece il rapporto con la massoneria di cui Cordova fu Gran Maestro per poco più di un
anno. La vittoria riportata su Garibaldi esprimeva infatti da parte dell’ordine una volontà
filogovernativa che da lì a breve sarebbe venuta meno.

Fabrizio La Manna