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America nell’«Occidente». Storia della dottrina Monroe (1823-1963)

Marco Mariano
Roma, Carocci, 230 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’a. non riflette tanto sulla storia della dottrina Monroe nella sua accezione esclusiva
di politica estera, quanto sulla costruzione della narrazione attraverso cui le élite e l’opinione
pubblica hanno definito un senso condiviso sul posto dell’America nel mondo.
Si potrebbe dire un common sense, con riferimento al pamphlet del 1776 di T. Paine nel
quale l’a. rintraccia una delle radici nord-atlantiche della dottrina. In questa prospettiva,
superando la diatriba storiografica tra scuola realista e revisionista, avvalendosi della svolta
metodologica del cultural turn, Mariano affronta l’ideologia della politica estera americana,
ovvero l’insieme di valori, convinzioni, simboli e pratiche discorsive che non solo
hanno legittimato il perseguimento dell’interesse nazionale, ma sono stati parte integrante
della sua definizione. Se l’ideologia così intesa non costituisce un campo distinto dalla
sfera oggettiva del potere, bensì è ad essa integrato, allora è possibile ricostruire la valenza
ideologica della dottrina Monroe sul lungo periodo: spiegare come si sia adattata a contesti
diversi da quelli che l’avevano originata e gettare nuova luce su come le élite politiche
hanno determinato soggettivamente il ruolo internazionale degli Stati Uniti, costruendo
attorno a questo consenso e contribuendo così a definire i lineamenti di una comunità nazionale
che si è immaginata come eccezionale, investita di una peculiare missione storica e
situata in una altrettanto peculiare posizione rispetto al resto del mondo.
Allo stesso tempo, particolarmente interessante è l’impiego da parte dell’a. degli
studi storici che hanno mostrato lo spessore politico-culturale delle mappe geografiche.
In questo senso, spiega Mariano, la dottrina Monroe, definendo la sicurezza degli Stati
Uniti sulla base di considerazioni legate allo spazio, non è comprensibile se non in relazione
alle mappe mentali dei suoi autori e dei successivi interpreti, e il suo impatto non
è misurabile se non in riferimento alle meta-geografie, ovvero alle nozioni prevalenti sul
posto dell’America nell’emisfero occidentale. I principi del 1823 codificarono una tradizione
che associava ai continenti (Nord America, Sud America, Europa) caratteristiche
culturali e politiche: sulla base di questo «determinismo geografico» veniva nel tempo
definito l’interesse nazionale, misurando la distanza o la vicinanza tra America ed Europa,
rappresentando le Americhe come «Emisfero della libertà», costruendo l’Occidente come
spazio transatlantico dotato di specificità e dinamiche proprie, per quanto legato a un
quadro globale che però solo in seguito è diventato più integrato e cogente. Si spiega così
la scelta del 1963 (crisi dei missili di Cuba) come data oltre la quale la dottrina ha perso
centralità nell’ideologia della politica estera americana.
Sono questi alcuni degli elementi più significativi introdotti dall’a. nella ricostruzione
della storia della dottrina Monroe: dall’espansione territoriale ottocentesca alle politiche
imperiali a cavallo del secolo, dall’internazionalismo di Franklin Delano Roosevelt
alla guerra fredda.

Matteo Battistini