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Angelo Varni e Guido Melis (a cura di) – L’impiegato allo specchio – 2002

Angelo Varni e Guido Melis (a cura di)
Torino, Rosenberg & Sellier, pp. 352, euro 29,00.

Anno di pubblicazione: 2002

Si tratta del decimo titolo di una collana che prende le mosse dagli importanti incontri annuali promossi dai curatori presso il Centro di ricerca per la storia del lavoro in Italia in età contemporanea di Imola. Vi sono raccolti una serie di sguardi suggestivamente incrociati sulla vita, le abitudini, gli ambienti di lavoro, l’immaginario, i lessici, i concetti e l’orizzonte culturale del mondo burocratico largamente inteso, dai primi dell’Ottocento a oggi, con riferimento prevalente ma non esclusivo alla realtà italiana. Gli oggetti della ricerca, in verità, sono disparati e talora sfuggenti, forse riconducibili con qualche semplificazione a un discorso intorno all’impiegato e al funzionario pubblico ? visto ?dal di fuori? e ?dal di dentro? (così Melis nell’Introduzione) ?, condotto spesso senza una griglia interpretativa unitaria, ma aperto ad approcci assai diversi, talvolta spregiudicati, comunque stimolanti.
A prevalere è dunque necessariamente lo scorcio, l’assaggio di ricerche e riflessioni ancora da approfondire e che qui possiamo solo sommariamente riassumere. Varni e M.A. Frabotta, in una sorta di contraltare, illustrano l’immagine della pubblica amministrazione come traspare rispettivamente dalle inchieste giornalistiche e dai cinegiornali promossi negli anni Cinquanta e Sessanta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri; intorno alla autorappresentazione dell’impiegato pubblico si soffermano E. Gustapane, L. Montevecchi e D. Marucco, rispettivamente parlando delle memorie dei funzionari, dei loro archivi privati e dei necrologi; la rappresentazione al pubblico della pubblica amministrazione e le sue tecniche seduttive sono oggetto delle relazioni di V. Azimi sull’esempio francese, di C. Bolognesi sui siti internet dell’amministrazione italiana, e della raccolta fotografica curata da G. Bertagnoni. Altre questioni sono toccate dai saggi di M. Giannetto e G. Tosatti e sulla difficile strada della razionalizzazione degli strumenti di lavoro e degli spazi architettonici della pubblica amministrazione.
Con approcci diversi il tema dell’evoluzione del linguaggio e degli stili espositivi in rapporto alla cultura professionale e all’habitus del corpo burocratico sono affrontati da G. Focardi, in relazione ai discorsi programmatici d’insediamento del presidente del Consiglio di Stato, e da M. Luminati con riferimento alla magistratura del secondo dopoguerra; F. Lucarini espone l’evoluzione semantica dell’ente locale Comune nella giuspubblicistica nei primi decenni del Novecento.
Consolidato da tempo ma ancora in grado di proporre nuovi stimoli è il filone di studio sull’immagine burocratica nel cinema (affrontato da R. Menarini), e nella letteratura (L. Vandelli, P. Beneduce, R.M. Kiesow, ma anche l’Introduzione di Melis), da cui emerge innanzitutto la persistenza e la fecondità del tema letterario della burocrazia come fonte di ispirazione e, accanto alle più tradizionali immagini di meschinità del funzionario, anche qualche esempio di intrinseca grandezza della burocrazia, come per esempio nel romanzo di Saramago Todos os nomes (evocato da Vandelli), su quella grande memoria collettiva che è l’ufficio anagrafe, che nulla sembrerebbe avere da invidiare alla biblioteca di Babele raccontata da Borges.

Marco Soresina