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Ariella Lang – Converting a nation. A modern inquisition and the unification of Italy, – 2008

Ariella Lang
New York, Palgrave Macmillan, 237 pp., $ 85,00

Anno di pubblicazione: 2008

Ariella Lang – ricercatrice della Columbia University specializzata in studi italianistici – si propone di mostrare come le pratiche, i discorsi, le simbologie elaborate dalle gerarchie cattoliche e legate alla conversione abbiano influenzato il processo di nation building italiano, e di far luce su aspetti inesplorati nei rapporti fra il Vaticano e il nuovo Stato unitario, e fra queste due istituzioni e le confessioni minoritarie presenti sul territorio della penisola. Alla base c’è la brillante intuizione che il tema della conversione sia punto di convergenza di alcune questioni cruciali, fra cui: lo strutturarsi di un’idea di nazione italiana; le strategie adottate dalla Chiesa cattolica per non perdere l’influenza sulla società e sulle coscienze e per creare l’immagine dell’Italia come nazione cattolica con la conseguente esclusione dalla compagine nazionale degli acattolici e in primo luogo degli ebrei; il problema ineludibile del rapporto fra politica e religione, fra religione ed etica, fra etica e cittadinanza; la difficoltà di indagare la relazione fra identità individuali e collettive, fra il singolo e la/le comunità di appartenenza.L’a. si serve principalmente di tre tipologie di fonti, che trovano precisa corrispondenza in una tripartizione del volume: carte processuali dell’Inquisizione (parte I, Trials, pp. 9-72), letteratura (parte II, Novels, pp. 73-135), stampa cattolica (parte III, The Catholic Press, pp. 137-176). La ricerca copre il periodo 1814-1864: una scelta che suscita perplessità, soprattutto per quanto riguarda la data ad quem, che Lang giustifica ricordando la pubblicazione del Sillabo, senza però spiegare in maniera convincente la natura periodizzante di questo evento in rapporto al tema in esame. Nell’apparato di note e nei ricchi riferimenti bibliografici spiccano l’assenza del volume di Marina Caffiero Battesimi forzati (Roma, Viella, 2004) e – per quanto riguarda la storia degli ebrei italiani – il ricorso ad una produzione storiografica ormai superata dall’evoluzione degli ultimi vent’anni; un vero e proprio errore va poi rilevato in una nota in cui l’a. spiega che a Livorno gli ebrei erano costretti a vivere in un ghetto (cap. II, p. 191, nota 4).Lang propone una lettura stimolante di testi prodotti in ambiente giuridico, letterario e giornalistico, che richiedono strumenti di analisi e di interpretazione molto diversi. Questo è allo stesso tempo il maggior pregio e il maggior limite del saggio. È un pregio perché si cerca di mettere in luce il rapporto non sempre lineare fra i discorsi e le pratiche, fra le rappresentazioni e i comportamenti (operazione difficile e molto preziosa). È un limite perché il progetto ambizioso risente della contestualizzazione non sempre soddisfacente delle fonti processuali e della scarsità delle fonti letterarie analizzate (solo il caso Manzoni e L’ebreo di Verona di Antonio Bresciani). Numerosi spunti offerti dal volume meriterebbero dunque di essere approfonditi e discussi.

Carlotta Ferrara degli Uberti