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Carla Capponi – Con cuore di donna – 2000

Carla Capponi
il Saggiatore, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

“Una memoria ha molte altre memorie – scrive l’autrice nella Prefazione – attaccate al tronco di un albero come rami scomposti ma pure armoniosi”. La metafora rende bene il carattere complesso di questo libro autobiografico, in cui sono molteplici i temi come molteplici potranno esserne gli usi storici. Queste memorie, che giungono fino alla liberazione di Roma, sono innanzitutto utili per una storia dell’infanzia, descritta senza sentimentalismo in pagine di grande pregnanza: i giochi con la sorella nel giardino di casa, tra cui le esequie ai gattini sepolti sotto un vetro per osservarne la decomposizione; i primi ricordi del cinema; l’educazione severa del padre, ingegnere minerario, che condusse la bambina undicenne a visitare una miniera per indurla a riflettere sulla condizione esistenziale dell’uomo sulla terra – esperienza traumatica che cambiò il carattere di Carla. Una storia dell’infanzia che comprenda le vicende di bambini come i tre che morirono sotto i mitra nazisti nel 1943-44, narrate a conclusione del libro.
In secondo luogo, il libro è prezioso per una storia delle donne, sia quelle anonime che riempirono le carceri di Regina Coeli e di via Tasso, sia quelle che spontaneamente protestarono contro l’ordinanza che aveva ridotto di cinquanta grammi la razione giornaliera di pane. E in particolare delle donne nella Resistenza e della loro condizione subalterna: l’autrice ricorda che fu costretta a rubare una Beretta 9 (sull’autobus, dal cinturone sui fianchi di un giovane milite) per poter entrare in modo attivo nei Gap, arma “costantemente negata dai compagni dei Gap perché, secondo loro, noi donne dovevamo limitarci a mascherare la loro presenza nei luoghi degli attacchi fingendo di essere le fidanzate” (pp. 125-6). Carla Capponi racconta con grande calma gesti, da lei compiuti, che la tradizione narrativa ha abitualmente considerato “maschili”: “Strappai l’anello alla bomba e seguii la traiettoria con gli occhi finché la vidi cadere con le altre due proprio al centro dell’ultimo camion […] l’esplosione si sentì fortissima” (p. 163); “il mio mitra si inceppò e mi accorsi che anche le armi degli altri cinque compagni tacevano” (p. 185).
Ma il libro è principalmente interessante per la storia delle commistioni tra quotidianità e lotta armata in ambiente urbano: si veda la vivacissima descrizione della notte passata a disegnare simboli come la falce e il martello in vernice rossa sui monumenti di Roma, ma anche i ripetuti accenni alla fame e ai semplici cibi per sanarla, come pasta e ceci o pane e uova. Tra le pagine più toccanti sono quelle che riguardano l’attentato di via Rasella, cui l’autrice partecipò, e il massacro alle Fosse Ardeatine: nonostante “un’angoscia più lacerante di quella dell’attesa”, Carla Capponi non ha esitazioni nell’evocare la reazione dei partigiani al comunicato che annunciava il massacro e all’eventualità di consegnarsi: “Noi non avevamo previsto rappresaglie né potevamo piegarci al ricatto” (p. 239). Anche questo accenno contribuisce a darci il senso di quei giorni estremi e di che cosa significò viverli.

Luisa Passerini