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Carlo Sada 1849-1924. Committenti, architetture e città nella Sicilia orientale

Massimiliano Savorra
Palermo, Torri del vento, 160 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2014

Avvolta da un lungo silenzio storiografico, la figura dell’architetto Carlo Sada (Milano
1849-Catania 1924) è rimasta marginale, se non estranea, alle trattazioni sull’architettura
italiana tra ’800 e ’900. A poco sono valse le grandi architetture che costellano
Catania e buona parte della Sicilia orientale o il fondo di oltre 1500 disegni, inventariato
e custodito presso le Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero di Catania. Il libro
di Savorra pone fine a questo silenzio e restituisce a Sada un posto nell’architettura, pur
tra domande ancora – e forse per sempre – in attesa di risposta: su di lui, ci avverte Savorra,
«non potremo mai sapere, paradossalmente, quanto sappiamo del cinquecentesco
mugnaio Menocchio, rivelatoci da Carlo Ginzburg» (p. 12).
Figlio di un falegname (e non, come è stato scritto, dell’omonimo architetto che
lavorò intensamente per la corte sabauda) Sada approda in Sicilia come assistente di Andrea
Scala, uno dei più autorevoli progettisti di teatri dell’epoca, dopo una formazione
prestigiosa tra l’Accademia di Brera a Milano e l’Accademia di San Luca a Roma. A portarlo
nell’isola, nella primavera del 1874, è il cantiere più complesso e controverso della
Catania ottocentesca, quello di un teatro vagheggiato sin dall’inizio del secolo, su cui si
sono cimentati, invano, architetti di vaglia.
Il teatro Massimo Vincenzo Bellini occupa un posto centrale nella vicenda professionale
dell’architetto e, dunque, anche nel libro: vero incipit di un’avventura in Sicilia che
non si concluderà più. Nel 1890 la rappresentazione della Norma apre le porte del teatro
alla città e suggella il successo dell’architetto.
Numerosi committenti pubblici e privati chiederanno a Sada di riconfigurare strade
e piazze, di progettare palazzi, villini, cappelle, chiese rendendo tangibile l’appartenenza
delle classi dirigenti dell’isola al nuovo Stato unitario. Del tutto estranea a memorie di
tradizioni e identità siciliane, l’opera di Sada ambisce a collocarsi – come i suoi committenti
– in un panorama nazionale.
Il volume di Savorra ricostruisce un affresco convincente e godibile dell’attività di
Sada in Sicilia, modificando spesso il punto di vista e il registro narrativo. A uno sguardo
concentrato sulle fonti archivistiche e documentarie, talvolta frammentarie, indispensabile
per definire necessari punti fermi nella biografia dell’architetto, si alterna una visione
più ampia, che allarga il proprio orizzonte, per ricomprendere l’opera di Sada in uno
scenario più vasto, nazionale e internazionale.
Le note a fine testo guidano lo studioso che voglia approfondire temi e questioni,
lasciando la lettura libera da gravami specialistici, centrando l’obiettivo che si prefigge la
collana «l’Acanto» (diretta da Maria Giuffrè e Maria Luisa Scalvini) di cui il volume fa
parte: una narrazione della storia dell’architettura aperta a un pubblico vasto, che ponga
al centro il territorio siciliano, come luogo di incontro, sperimentazione artistica, innesto
di culture diverse.

 Paola Barbera