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Cosattini. Una famiglia antifascista di Udine

Sandro Gerbi
Hoepli, 319 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il libro, frutto di una ricerca approfondita, fluido nella scrittura e arricchito da un
album fotografico, racconta la storia dei Cosattini e, seguendo i loro percorsi, incrocia le
vicende di altre famiglie, tutte di origine ebraica: Carrara, Volterra, Enriques e Jacchia.
La prima parte del volume è dedicata a Giovanni, il pater familias, sposato con Renza
Cuoghi (cattolica) e padre di Luigi, Emilia, Giovanna, Alberto ed Emma, su cui l’a. si
sofferma nella seconda metà del libro. Giovanni (avvocato, socialista, laico) è un uomo
concreto, animato da convinzioni forti. Il suo socialismo è figlio dell’attenzione per le
categorie sociali più disagiate, non per l’ideologia. Non rifugge dalle dispute, anche per
carattere, ma pure nelle fasi più difficili della storia della sinistra, che quasi lo costringono
a schierarsi (il Fronte Popolare o la «legge truffa»), guarda all’unità. Parlamentare e sindaco
di Udine (prima e dopo il fascismo), membro della Consulta e della Costituente, fin
dalla nascita de «Il Lavoratore friulano» (1904) si dedica anche al giornalismo militante.
Ostile alla guerra di Libia e all’ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale, è attento
al Risorgimento e al valore della patria, diversamente declinata dai nazionalisti. Sferzanti
gli interventi contro l’arroganza del potere, gli sprechi e la corruzione, il trasformismo e
la commistione tra lo squadrismo fascista e le autorità liberali. Sostiene l’equità e la separazione
tra interessi privati e pubblici. Vicino a Matteotti (che cerca dopo il rapimento),
sotto il regime si ritrae dall’agone politico ma non muta le sue convinzioni; si occupa
della professione e della famiglia. Si muove tra Udine, Venezia e Trieste, è controllato
ma non ha cedimenti. Durante la guerra, la politica torna protagonista: Giovanni è una
delle personalità di spicco del comitato interpartitico, ma l’annessione del Friuli al Terzo
Reich è un duro colpo per l’antifascismo. Tra il 1943 e il 1944, la sua vita e quella della
famiglia sono tragicamente rivoluzionate: Emma muore di tifo, Luigi (allievo di Santoro-
Passarelli, libero docente di diritto civile e dal 1942 militante del PdA, stesso partito di
Alberto) è arrestato. Deportato a Buchenwald, non tornerà.
Sono fondamentali, per coglierne il carattere e i valori, le lettere ai familiari (1943-
1945, pp. 255-263). La vita di Giovanni (e di Renza) risente delle tragedie dei figli ma, da
sindaco e senatore del Psdi nella I Legislatura, egli continua a impegnarsi senza mostrare
spirito vendicativo, in armonia con la famiglia sebbene sia segnato dalla fatica. Se alle
figlie (intrise di una cultura antifascista coerente con la sensibilità dei mariti) l’a. dedica
minore attenzione, pur ripercorrendo le fasi centrali della loro esistenza ed evidenziando
gli specifici tratti caratteriali, ad Alberto dà ampio spazio. Anche per lui (laureato in giurisprudenza,
in clandestinità dopo l’8 settembre) parlano le lettere ai genitori e i documenti
(pp. 265-278). Un’esistenza «molto regolare, che ha avuto un culmine “eroico” tra il ’43
e il ’45» (p. 211), quando fu braccio destro di Parri a Milano e suo segretario particolare
durante il I governo post Liberazione.

Andrea Ricciardi