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Daniele Bardelli – L’Italia che viaggia. Il Touring Club, la nazione e la modernità – 2004

Daniele Bardelli
Roma, Bulzoni, pp. 449, euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il libro di Bardelli non è solo la ricostruzione dalle origini all’epoca fascista delle vicende di una delle più longeve associazioni non-profit italiane, ma è anche un’acuta riflessione sulla società civile milanese ottocentesca.
La costituzione del Touring Club Ciclistico Italiano (TCI) nel 1894 si colloca nell’ambito di una profonda trasformazione della concezione del tempo libero, che cessò di essere una prerogativa aristocratica e si costruì un proprio spazio nella cultura borghese. La conciliazione fra loisir e valori borghesi improntati al lavoro e al produttivismo avvenne sia inserendo il tempo libero ?fra i beni che la ricchezza poteva generare e che quindi gli individui e la società ricavavano dal lavoro e dal progresso tecnico-industriale? (p. 39), sia ricorrendo a giustificazioni funzionali o salutiste. Nella seconda metà dell’Ottocento, nelle regioni più sviluppate del paese, attorno all’idea che le pratiche sportive e il viaggio migliorassero l’efficienza del corpo e rafforzassero la morale si costruì una fitta rete di associazioni: il TCI fu una di queste.
Riprendendo un filone di ricerca consolidato, che conta tra gli altri l’articolo del 1997 di Bosworth nella «European History Quarterly», la vicenda del TCI viene riletta utilizzando la duplice lente del nazionalismo e del modernismo. Nel volume vengono analizzati tutti i canali attraverso i quali il TCI contribuì a creare un’identità nazionale: la valorizzazione del simbolismo risorgimentale e patriottico (molti itinerari riguardavano campi di battaglia e luoghi simbolo dell’unificazione) e del paesaggio; la divulgazione di conoscenze culturali e geografiche con la redazione di carte stradali, guide e riviste per far scoprire il paese agli italiani; la promozione dei mezzi di trasporto che l’innovazione tecnologica progressivamente metteva a disposizione, dapprima la bicicletta, poi l’auto, infine l’aereo. Il successo del Touring Club e delle sue numerose iniziative fu sancito dall’adesione di un numero di soci assolutamente inusuale per l’epoca: dai 150 soci fondatori del 1894 si passò ai 20.950 del 1900, ai 130.000 del 1913, tutti destinatari di una Guida all’atto dell’iscrizione.
Tuttavia, la parte più interessante del volume è quella dedicata alla nascita e al funzionamento di questa associazione (capitolo 2), perché ci offre spunti per capire il contributo da essa fornito alla formazione del capitale sociale e delle reti di fiducia (anche se nel volume non si fa riferimento a questo approccio). Infine, l’attenta ricostruzione della strategia scelta dal gruppo dirigente del TCI per garantire efficienza e unitarietà di intenti attraverso una gestione centralizzata che restringeva sia la democrazia interna sia la rappresentanza territoriale, ci aiuta a capire perché una parte della cultura borghese italiana non intuì immediatamente i rischi della svolta autoritaria rappresentata dalla conquista del potere da parte del Partito fascista: diffusa era, infatti, anche all’interno del TCI la convinzione che le procedure democratiche rappresentassero un inutile spreco di tempo e di energie.

Patrizia Battilani