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Daniele Sanna – Il Ministero delle Finanze. Dall’Agenzia delle tasse all’Agenzia delle entrate (1861-2001) – 2003

Daniele Sanna
Milano, Edizioni universitarie di Lettere Economia e Diritto, pp. 143, euro 12,0

Anno di pubblicazione: 2003

Il titolo del volume è promettente, perché allude alla parabola plurisecolare della amministrazione per ministeri in Italia, una parabola che ha come punto di inizio la riforma dell’amministrazione centrale dello Stato attuata da Cavour nel 1853, quando fu superata la tradizionale divisione fra aziende, incaricate della funzione amministrativa, e direzione politica del governo, per dar vita a una struttura burocratica piramidale con a capo un responsabile politico, il Ministero per l’appunto. Oggi dopo la riforma attuata con la legge 300 del 1999 si è ritornati ad una situazione per qualche aspetto analoga al sistema precavouriano, con la suddivisione dell’amministrazione finanziaria in quattro agenzie, che operano come enti pubblici autonomi, e i cui obiettivi sono regolati da apposite convenzioni annuali stipulate con il Ministero.
Manca nella storiografia sullo Stato italiano uno studio dedicato al Ministero delle Finanze, purtroppo questa opera è ben lontana dal colmare la minima lacuna in proposito. Scritto da un funzionario dell’Agenzia delle entrate il volume non corrisponde nei risultati alla passione per l’argomento che ha mosso l’autore. Praticamente nullo l’apporto di materiale inedito, misera la pur scarna bibliografia sull’argomento, nodi tematici, come il progetto di riforma fiscale Meda liquidati in poche righe, la riforma Vanoni appena accennata ? ma ricordato Vanoni per un ordine di servizio del 1950 in cui chiedeva ai dirigenti di far pervenire alla sua firma tutta la corrispondenza inviata ad altre amministrazioni ? un’attenzione accentuata per i problemi del personale, mai inquadrati per altro in un’ottica di una qualche complessità. Presenti alcuni refusi non da poco, come il famoso ministro Magliani storpiato in Migliani.
Non è mia abitudine fare la difesa della corporazione degli storici, ma in questo caso il volumetto, mi auguro non concepito per il circuito degli utenti universitari, nonostante la collocazione editoriale, è l’ennesima riprova che per scrivere un’opera di storia non bastano la lettura di alcuni libri, una sincera passione e qualche documento trovato in ufficio.

Alessandro Polsi