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Enzo Giacchero pioniere dell’europeismo

Donato D’Urso
Roma, BastogiLibri, 140 pp., € 13,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il libro di Donato D’Urso, saggista e autore di studi sul Risorgimento e sulla storia politica e amministrativa, si inserisce nel filone di ricerca sulle personalità dell’europeismo e del federalismo europeo e ci presenta Enzo Giacchero alla luce delle sue esperienze politiche e parlamentari, delle sue attività di imprenditore, di dirigente di enti e imprese, oltre che di militante nei movimenti per l’unità europea.
Il libro si apre ricordando gli studi al liceo d’Azeglio e al Politecnico di Torino, le vicende durante la seconda guerra mondiale, che tanto influirono sul suo europeismo, la partecipazione alla Resistenza. Nel dopoguerra, Giacchero venne eletto all’Assemblea Costituente e, il 18 aprile 1948, alla Camera dei deputati nelle liste della Dc, dimostrando fin dall’inizio grande attenzione alla dimensione europea, che si manifestò anche con l’adesione al Movimento federalista europeo. Rispondendo all’invito di Richard Coudenhove-Kalergi, promosse la nascita in Italia del Comitato parlamentare per l’Unione europea, di cui assunse la presidenza, partecipando a Gstaad, nel luglio 1947, alla riunione costitutiva dell’Unione parlamentare europea. Nel maggio 1948, prese parte ai lavori del Congresso d’Europa dell’Aja, entrando in seguito negli organi direttivi del Movimento europeo internazionale e della sua sezione italiana.
Giacchero sostenne il Piano Marshall e il Patto Atlantico, anche al fine di avviare il processo di unificazione europea nel quadro di una più ampia comunità occidentale, in contrasto con le posizioni del Pci e del Psi. Divenne quindi membro dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e, nel 1952, dell’Alta Autorità della Ceca. Egli rimase a Lussemburgo fino al 1959, ricoprendo, in quella fase, anche gli incarichi di presidente dell’Unione europea dei federalisti e del Centro internazionale di formazione europea. Come afferma l’a., «i tanti anni trascorsi da Giacchero lontano dall’Italia lo esclusero inevitabilmente dal giro delle poltrone che contano» (p. 87). Egli, inoltre, dopo la sua esperienza alla Ceca, non condividendo alcune scelte della Dc, in particolare l’alleanza di centro-sinistra, preferì dedicarsi alla professione di ingegnere e, senza rivestire cariche politiche, assumere gli incarichi di segretario generale del Comitato «Italia ’61» e, dal 1963 al 1968, di vicepresidente dell’Alitalia e di direttore generale della Società per l’autostrada Torino-Piacenza.
Negli anni ’70 Giacchero partecipa dapprima alla Costituente di Destra, organizzazione collaterale al Msi-Dn e di cui assunse la presidenza, e dalla fine del 1976 a Democrazia nazionale, nata da una scissione dal Msi, auspicando anche in Italia la presenza di una destra democratica, ma la débâcle subita dal partito alle elezioni del 1979 (in cui egli fu anche candidato al Senato) lo indusse a ritirarsi dalla vita politica.
Sta forse proprio nella scelta di aderire a formazioni di destra, oltre che nell’«essere rimasto fuori dai “giochi” italiani di partito e di governo», secondo l’a., la ragione per cui la sua figura è stata «in gran parte ignorata o giudicata assolutamente minore» (pp. 87-88), nonostante l’importante ruolo svolto da Giacchero a livello politico e parlamentare, nelle istituzioni europee e nei movimenti europeisti.

Paolo Caraffini