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Gennaro Maria Barbuto – Machiavelli e i totalitarismi – 2005

Gennaro Maria Barbuto
Napoli, Guida, pp. 164, euro 10,30

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume di Barbuto, apparso nella collana ?Prima pagina? (nuova serie) diretta da Giuseppe Galasso, raccoglie due saggi: Il Principe e le masse: nichilismo e mitologie rivoluzionarie e Machiavelli nel dibattito sui totalitarismi fra gli anni Quaranta e Cinquanta. Nel primo di essi l’autore analizza la fortuna (e ?sfortuna’) di Machiavelli in un periodo di grande fermento del pensiero politico, e in generale delle scienze umane, i decenni fra fine Ottocento e anni Trenta, focalizzando in particolare le lettura di Machiavelli nell’arcipelago delle ideologie totalitarie (di destra e di sinistra). Vengono presi in esame scritti di: Rensi, Pareto, Mussolini; Ercole, Gentile; Prezzolini; Schmitt, Hitler; Eliot, Toffanin, Sturzo; Croce, Gobetti, Mosca; Gramsci; Maksimovskij, Kamenev, Trockij; Simone Weil, Merleau-Ponty. Il secondo saggio è dedicato alla riflessione sul totalitarismo a ridosso della seconda guerra mondiale, fra gli anni Quaranta e Cinquanta, dal punto di vista della valenza assegnata al pensiero di Machiavelli (gli autori analizzati sono: Heidegger, Meinecke, Ritter; Strauss, Cassirer; Fränkel, Neumann; Horkheimer; Arendt, Berlin; Aron; Maritain; Del Noce).
Passando in rassegna un’ampia letteratura, primaria e secondaria (questa davvero sterminata), il volume ricostruisce in maniera estremamente articolata e meditata le interpretazioni di Machiavelli fra fine Ottocento e anni Cinquanta, con particolare attenzione all’?età delle catastrofi?. Si tratta di un segmento importante nella lunga e tormentata storia della recezione di Machiavelli, pietra d’angolo ma anche di scandalo del pensiero politico europeo. I discorsi del totalitarismo e sul totalitarismo portano alla luce varie faccette della sua costruzione teorica, così come le posizioni rispetto a Machiavelli rivelano motivi profondi della riflessione politica in quel periodo, mettendo fra l’altro in chiara evidenza la stessa natura composita delle ideologie totalitarie. Del primo saggio si può segnalare la disamina dell’approccio gramsciano a Machiavelli, dove l’accento è posto, sulla scia dello Spartakus di Furio Jesi, sulla questione del mito.
Il volume può quindi essere di interesse non solo per gli specialisti di storia delle dottrine politiche, ma anche per gli storici attirati dai temi del totalitarismo, e anche della stabilità e del crollo dei regimi (e più in generale per un pubblico colto). Al tempo stesso forse avrebbe potuto essere talora utile una contestualizzazione più esplicita della fase presa in esame nel lungo periodo della recezione machiavelliana (ad esempio riguardo all’emergere a più riprese del nesso Machiavelli-Hobbes). Chiude il volume un’accurata bibliografia.

Costanza d’Elia