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Giampiero Carocci – Storia degli ebrei in Italia. Dall’emancipazione a oggi – 2005

Giampiero Carocci
Roma, Newton & Compton, pp. 170, euro 6,00

Anno di pubblicazione: 2005

Una sintesi cristallina, poco meno di duecento pagine per due secoli di storia degli ebrei in Italia. Per un arco di tempo assai maggiore, ma con un numero superiore di pagine, l’impresa, in passato, era riuscita soltanto al non mai abbastanza lodato Attilio Milano, con la sua Storia degli ebrei in Italia. Carocci è un bravo storico, ha alle spalle imprese altrettanto difficili, lavori di sintesi che avevano per oggetto sempre l’età liberale. In questo lavoro lo scatto decisivo è dato da un valore aggiunto: la sua posizione ?esterna’ al mondo ebraico, che mancava a Attilio Milano. Carocci non ha obblighi istituzionali da difendere, né debiti con quella che si suole definire ?storiografia identitaria?. Di qui l’equilibrio nei giudizi, la pacatezza nell’argomentazione anche quando si devono affrontare temi incandescenti, come il rapporto fra ebrei e fascismo. Sulla vexata quaestio dell’antisemitismo di Mussolini, Carocci ha pagine che gli fanno onore, poiché si caratterizzano per equilibrio e senso della misura, in un terreno dove spesso le deformazioni sono venute non tanto dalla storiografia identitaria, quanto dalla storiografia ideologica.
Il libro è vivamente da consigliarsi come testo di inquadramento generale, per certi versi sostituisce il Milano. È stato scritto in fretta, per una collana divulgativa, qua e là si avverte la velocità di scrittura, l’assemblaggio di documenti diversi risente di questa velocità espositiva, ma il risultato è senza dubbio positivo.
Ci sarebbe solo da obiettare che, nell’economia di una sintesi così veloce, più della metà del libro sia dedicata alle persecuzioni razziali, su cui esistono già innumerevoli opere di sintesi; per la parte che precede, soprattutto per l’età dell’emancipazione, è un vero peccato che l’autore abbia dovuto autolimitarsi, la linea espositiva risulta nel complesso sacrificata. L’appendice documentaria è infatti incentrata sul 1938 e dintorni. Il Manifesto degli scienziati razzisti credo sia riprodotto ormai in almeno una trentina di volumi in commercio. Le leggi Rattazzi o Siccardi, lo stesso Statuto, le pagine di Ruffini sulla libertà religiosa si fatica a trovarle in un libro da consigliare a uno studente; l’inserzione di qualche testimonianza ottocentesca sarebbe stata utile, tanto più in considerazione delle cose assai preziose che Carocci scrive sul percorso d’integrazione degli ebrei d’Italia e sulla loro partecipazione al Risorgimento. Non si capisce perché così alto sia stato il consenso dato al fascismo se non si illuminano le zone d’ombra del periodo precedente, i limiti delle istituzioni liberali, che rendono ?parallelo’ il declino di ebrei e italiani in modo simmetrico, ma contrario a quel processo di ?nazionalizzazione parallela? evocato da Arnaldo Momigliano, ripreso da Antonio Gramsci, e da Carocci, giustamente, apprezzato e valorizzato, in controtendenza rispetto a quanto sostiene la storiografia ebraica dell’ultima generazione poco tenera rispetto a quella tesi e soprattutto rispetto alle osservazioni dal carcere di Antonio Gramsci, che, fino a prova contraria, rimane uno dei pochissimi intellettuali non ebrei che nel Novecento abbiano osservato con attenzione il curioso fenomeno del ?disebreizzarsi degli ebrei?.

Alberto Cavaglion