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Giuseppe Berta – L’Italia delle fabbriche. Genealogie ed esperienze dell’industrialismo del Novecento – 2001

Giuseppe Berta
Bologna, il Mulino, pp. 318, euro 18,59

Anno di pubblicazione: 2001

Con questo volume Giuseppe Berta sigilla in modo felice una lunga ed importante stagione di studi dedicata alla storia dell’industria italiana del ventesimo secolo. Una storia dell’industria intesa nel senso più ampio e maturo del temine: storia dell’organizzazione e dell’impresa, storia del lavoro e delle relazioni industriali, storia economica che non disdegna approfondimenti quantitativi, storia della società urbana e, infine, storia della cultura industriale.
In quest’ultimo saggio l’autore si propone di ricostruire ?una sorta di atlante delle esperienze e delle culture che, nell’arco del Novecento, hanno disegnato i contorni di una società industriale italiana e hanno diretto il suo sviluppo? (p. 7). L’enfasi, quindi, è posta sull’avvio, la maturazione e il declino di un disegno industrialista, a un tempo condiviso e contrastato, ma a più riprese capace di coagulare imprenditori, associazioni industriali e organizzazioni dei lavoratori intorno ?al progetto di un’Italia moderna innervata dalla razionalità del lavoro industriale? (ibidem); un progetto, tuttavia, che rimane incompiuto, in quanto non riesce a fare dell’industria una ?ragione d’essere collettiva?.
La storia dell’Italia delle fabbriche che progressivamente attraversano e pervadono la vita civile viene quindi trattata sotto il profilo della evoluzione di una cultura industriale nostrana, che trova nel volume una triplice scansione: il primo capitolo, Archetipi dell’industrialismo, è dedicato alla lunga fase (la prima metà del Novecento) di incubazione della produzione di fabbrica, che si completa idealmente ?nel punto in cui il fordismo smette di rappresentare un obiettivo per divenire realtà?. Il secondo capitolo, Una breve stagione di maturità, si sofferma sul rapido configurarsi (1950-1970) di una società industriale animata dall’ideale del progresso produttivo, dalle ottimistiche aspettative sulle virtù del sistema manifatturiero e dalla illusione tecnocratica, eppure non in grado di cogliere il potenziale di conflittualità ormai latente. Il terzo capitolo, infine, Scenari di un declino, esamina il progressivo sfaldarsi negli ultimi decenni di tale progetto, per l’incapacità del nostro industrialismo di rinnovarsi, di produrre consenso e di esprimere pienamente una cultura positiva di trasformazione; tale declino è conseguenza soprattutto della crisi delle istituzioni e dei modelli legati alla grande industria e alle sue dimensioni di massa, una crisi che porta a considerare ?l’industria manifatturiera e il lavoro che vi si esercita come fattori residuali, condannati all’irrilevanza? (p. 266).
Traspare dalla descrizione della metamorfosi di fine secolo una nota di nostalgia dell’autore per la stagione della grande impresa e per le speranze, o le illusioni, che la cultura da essa prodotta seppe creare. E, forse, risulta eccessivamente pessimista il suo giudizio sull’alternativa al fordismo e alla produzione di massa rappresentata dai distretti, un’alternativa ?restata in larga misura virtuale, allo stato d’embrione, non sufficiente a compensare il declino dell’industrialismo? (p. 258).

Pierangelo M. Toninelli