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Guenter Lewy – Il massacro degli armeni. Un genocidio controverso – 2006

Guenter Lewy
Torino, Einaudi, XV- 394 pp., euro 25,00 (ed. or. Salt Lake City, 2005)

Anno di pubblicazione: 2006

Il titolo di questo volume di Lewy riassume quasi esattamente il contenuto del testo che, di fatto, dedica alla ricostruzione dei massacri armeni quasi lo stesso spazio che alle controversie storiografiche sorte in seguito sull’argomento. L’autore ritiene che, in proposito, «il punto centrale? non è l’entità delle sofferenze degli armeni, quanto la premeditazione; ossia [?] se il regime dei Giovani Turchi [?] abbia organizzato intenzionalmente i massacri» (p. XII). Occorre notare subito come quest’affermazione rappresenti già un serio punto debole della linea interpretativa di Lewy, in quanto viene fatta confusione fra intenzionalità e premeditazione. Ovviamente, infatti, la prima non implica la seconda, per cui respingere (come fanno anche molti altri) la tesi che il massacro degli armeni sia stato concepito anni o decenni prima della sua attuazione non porta necessariamente ad affermare che non sia esistito un piano centralizzato di sterminio a partire dal 1915 (come invece fa Lewy). Purtroppo questa è solo la prima di diverse pecche che caratterizzano il volume, danneggiandolo in maniera quasi irreparabile, anche nelle parti a prima vista maggiormente convincenti. Ad esempio, la critica delle fonti fatta da Lewy ? che rientra nei doveri di qualunque storico ? è talmente esasperata da apparire a tratti pretestuosa. Paradossalmente, le pagine meglio riuscite sono quelle in cui ne fa a meno e considera più serenamente le prove a disposizione ? suggerendo, in maniera tutto sommato convincente, che alla combinazione tra la disorganizzazione e l’inefficienza dell’apparato statale ottomano da un lato, e il verificarsi nel corso della guerra di una carestia di dimensioni non trascurabili dall’altro, siano da addebitare non pochi decessi non solo di armeni e altri cristiani, ma anche di musulmani turchi, curdi e arabi. Va detto però che, poiché una simile contestualizzazione getta di per sé stessa luce sulle manchevolezze (indubbiamente esistenti) della storiografia armena, sembrerebbe superfluo polemizzare con quest’ultima ? comprensibilmente concentrata sulla tragedia dei propri connazionali e inevitabilmente soggetta alle distorsioni implicate da un simile approccio ? cosa che invece Lewy fa quasi ad ogni piè sospinto. Lewy conclude che il massacro di centinaia di migliaia di armeni ottomani, verificatosi nel corso della prima guerra mondiale, non possa qualificarsi come genocidio; tuttavia, non solo molte prove (perlopiù circostanziali, va detto) in contrario vengono ignorate o sminuite, ma perfino alcune di quelle che egli presenta possono essere più credibilmente interpretate in senso contrario (emblematico è il dispaccio di Talaat citato a p. 141). La sua ricostruzione, pertanto, nonostante presenti alcuni punti d’interesse (peraltro in genere non particolarmente originali) non può considerarsi, nell’insieme, accettabile e credibile. Rimane solo da chiedersi perché Einaudi abbia preferito tradurre in italiano questo testo anziché uno fra i ben più validi studi sull’argomento (come quelli di Bloxham e Akçam) apparsi di recente.

Antonio Ferrara