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Ilaria Dagnini Brey – Salvate Venere! La storia sconosciuta dei soldati alleati che salvarono le opere d’arte italiane nella Seconda Guerra mondiale – 2010

Ilaria Dagnini Brey
Milano, Mondadori, 319 pp., Euro 21,00?(ed. or. New York, 2009)

Anno di pubblicazione: 2010

Traduzione di The Venus Fixers, già pubblicato a New York nel 2009 per?Farrar, Straus and Giroux, il libro illustra l’operato e la vicenda umana di un manipolo di ufficiali inglesi e americani incaricati di tutelare il patrimonio artistico nel corso della?campagna d’Italia, tra il luglio 1943 e il dicembre 1945. Ventisette ufficiali (ottanta in tutta Europa) dall’italiano fluente, elevata preparazione culturale ma basso grado nelle gerarchie militari, per lo più architetti, direttori di museo e professori universitari di archeologia o storia dell’arte, alla loro prima esperienza sul campo, in condizioni estreme e talvolta di rischio personale. Fattori che susciteranno incomprensioni, rivalità e iniziali problemi di coordinamento tra esperti americani e omologhi inglesi, forti questi ultimi di un primo analogo esperimento nel teatro di guerra della Tripolitania. Gli scenari narrati ricalcano l’itinerario seguito dagli americani nel risalire la penisola: i Monuments Men si insediano per conto del governo alleato nelle città d’arte appena oltrepassate dalla prima linea, da Palermo a Napoli a Montecassino, poi a Firenze e a Pisa, infine nel Nord Italia sulle tracce del bottino di opere trafugate dai nazisti. Co-protagonisti, accanto agli «aggiustavenere», i legittimi titolari della tutela in patria, i soprintendenti esautorati dalla caduta del fascismo, alle prese con un umiliante commissariamento da parte di colleghi stranieri competenti ma non sempre specialisti della materia. Un percorso di progressivo avvicinamento, superando pregiudizi culturali e reciproche diffidenze, ricompatterà un fronte comune contro i vandalismi delle truppe, gli interventi disinvolti e sommari degli ingegneri?dell’esercito, la rapacità degli occupanti tedeschi in fuga. La ricostruzione attinge prevalentemente alle memorie autobiografiche dei protagonisti e a testimonianze rilasciate da collaboratori e discendenti, ma non trascura le fonti primarie (i fondi degli ufficiali e dei soprintendenti, nonché la documentazione esistente presso i National Archives americani e inglesi), il tutto intrecciato con le corrispondenze di guerra e una serie di citazioni letterarie che tratteggiano un interessante sguardo anglosassone sul Bel Paese devastato. La formula appartiene ad un fortunato filone di storia narrata (sullo stesso tema si veda il recente R.M. Edsel, The Monuments Men. Allied heroes, Nazi thieves, and the greatest treasure hunt in history, New York, Center Street, 2009), complessivamente corretta sul piano storico-documentale ma godibile per un pubblico generalista cui sono dedicate le digressioni didattiche di storia dell’arte e qualche retroscena mondano o annotazione psicologica di troppo – ingredienti comunque efficaci nel vivificare gli eventi. L’unico punto criticabile è l’ottica interamente plasmata sul discorso ufficiale dei vincitori, senza problematizzare a sufficienza ruolo e responsabilità degli Alleati nell’attuare le strategie della guerra totale, tema ormai imposto all’attenzione degli storici da una cospicua mole di contributi sui bombardamenti ai civili.

Michela Morgante